Il comune di Acquaformosa, nel Cosentino, non nuovo a questo tipo di iniziative, offre accoglienza agli afghani che stanno scappando dal loro Paese tornato sotto il dominio dei talebani. «Non si può lasciare sola la popolazione afghana in balia dei telebani i quali hanno già dimostrato di quali orrendi nefandezze, crimini e violazione dei più elementari diritti umani sono capaci», ha sostenuto il sindaco Gennaro Capparelli, accogliendo l'appello lanciato dal delegato Anci per l'immigrazione Matteo Biffoni, a far fronte alla crisi umanitaria e ad aiutare il governo a mettere in salvo più vite umane possibili.

Il sindaco, è scritto in una nota, condivide e fa sua la richiesta di ampliare la rete Sai (Sistema di Accoglienza Integrata) già presente nei territori «per poter accogliere e inserire le famiglie che rientrano nel programma di protezione definito dal Governo del personale civile afghano collaboratore del contingente militare nazionale, la cosiddetta Operazione Aquila. Un intervento che già è stato messo in atto tra il 2014 e il 2019, ma che davanti alla ritirata dei contingenti occidentali assume dimensioni piuttosto maggiori, quanto meno per mettere subito in sicurezza le famiglie dei collaboratori del contingente militare a Kabul e presso il comando di Herat».

Capparelli, nell'auspicare l'immediato ampliamento dei posti SAI e quindi una gestione ordinaria e non straordinaria della questione afgana, si è detto dice disponibile ad «attivare posti specifici per i collaboratori afghani e le loro famiglie, come primo passo per garantire nel prossimo futuro accoglienza e integrazione a donne e uomini in queste ore in fuga dal loro Paese».