Il pm aveva chiesto per Angelo Merante e Antonio Scalzo 2 anni e 2 mesi ciascuno. Secondo l'accusa, ad incastrarli erano alcuni messaggi scambiati su WhatsApp e un’intercettazione ambientale nella sala d’aspetto della polizia
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Assolti perché il fatto non sussiste. Questa la decisione del Tribunale penale di Catanzaro, presieduto da Beatrice Fogari, nel processo che vedeva coinvolti Angelo Merante, difeso dall’avvocato Antonio Lomonaco, ed Antonio Scalzo, difeso dall’avvocato Valerio Murgano. Il pubblico ministero al termine della sua requisitoria aveva invocato per entrambi l’applicazione di una pena pari ad anni 2 e mesi 2 di reclusione.
Per loro l’accusa gravissima di incendio doloso, per avere in piena notte messo fuoco nell’abitazione di un uomo, dopo avere atteso che lo stesso si allontanasse per raggiungere la vicina abitazione della sorella. Secondo l’accusa, i due sarebbero stati animati da un sentimento di vendetta nei confronti della vittima e, pertanto, gli avrebbero distrutto l’abitazione appiccando il fuoco con alcune taniche di benzina. Ad incastrarli, alcuni messaggi scambiati su WhatsApp nei giorni precedenti e un’intercettazione ambientale effettuata nella sala d’aspetto degli uffici della polizia giudiziaria dove erano stati convocati per essere sentiti come persone informate sui fatti. Indizi gravi e sufficienti per il sostituto procuratore Anna Reale, che ha stretto il cerchio sui due uomini, fino a richiedere ed ottenerne l’arresto da parte del gip di Catanzaro. Entro 90 giorni si conosceranno le ragioni della pronuncia assolutoria.