Il buio nella saletta del cinema Santa Chiara, è nero pece. Non è il momento in cui scivolano via gli ultimi titoli di coda perché la porta è ben chiusa e chissà per quanto lo sarà. Siamo a Rende. Il suo centro storico si arrampica su una montagna e dona un affaccio liberatorio, che solo le altezze delle città vecchie, possono regalare. Ogni viottolo racconta una storia, una vita, un avvenimento che passa di bocca in bocca senza bisogno di alcun giornale.

La lentezza della quiete, è il ronzio del giorno che si consuma tra le pietre dei muri. Procedendo per una liscia di ciottoli, fino a una piazzetta e una chiesa, svoltando a sinistra, per una salita breve, un'interruzione mostra un’anomalia nel paesaggio. Il cinema Santa Chiara, fino a ieri il più antico della Calabria ancora attivo, è stato chiuso.

Nel fuoco dei commissari di Rende, subentrati dopo il crollo dell'amministrazione precedente, c’è finita anche la struttura che, dopo anni di piena attività (proiezioni, rassegne, iniziative), adesso è congelata. Dopo la chiusura senza alternative ragionevoli della sede Auser (quella per la terza età, che era un punto di riferimento sociale importante per Rende) e la minaccia di sgombero del centro Sparrow (dopo dieci anni di gestione e recupero di uno spazio prima lasciato ai topi), i commissari hanno puntato un’altra cosa che funzionava benissimo, il cinema Santa Chiara, una vera rarità.

Il guardiano di un faro che hanno spento

«Dicono che non sono legittimato a gestire» ci dice con amarezza Orazio Garofalo. Fu lui l’artefice della rinascita del Santa Chiara, lui che gratuitamente da anni si occupa della programmazione con una passione e una dedizione che solo un grande amore può alimentare, grazie a una delibera, datata 2015, con cui la giunta Manna dava mandato a lui di provvedere alla riattivazione e programmazione del prezioso cinema. «Il commissario Gioffrè mi ha chiesto la licenza, ma risale al 1926, è andata persa», aggiunge tristemente. «Mi sono precipitato al Comune, per parlare con un dirigente che s'era impegnato a risolvere la questione, ma al momento non riesco più a contattarlo».

L'essenza popolare del cinema

Orazio la carta in mano ce l'ha. È una delibera, la numero 90 del 5 maggio del 2016 con cui la precedente amministrazione gli dava mandato, considerato il suo curriculum, di occuparsi a titolo gratuito della valorizzazione e programmazione del cinema. «Considerato che siamo convinti che la natura più potente del cinema abbia un’essenza popolare e sociale - scrive Garofalo nel progetto che gli riaprì le porte del Santa Chiara - come del resto ci ha insegnato la sua storia, a partire dall’istituzione dei nickelodeon americani (furono la prima tipologia di spazio coperto dedicato esclusivamente alla proiezione di film per un pubblico pagante ndr) che, all’inizio del ‘900, furono alla base del processo di designazione del cinema come "lingua universale", useremo appunto questa convinzione come idea-guida di progetto. Tale "popolarità" del cinema, infatti, può essere uno strumento decisamente idoneo alla riqualificazione e al rilancio del centro storico di Rende». E così è stato. Su quello schermo, nel cuore di Rende paese, sono passati in tanti: dalle rassegne d'essai ai film sperimentali, dai registi più amati, ai documentari.

Un cinema da Medaglia d'oro

Garofalo, ha messo a disposizione del progetto anche una propria cineteca, strutturata in circa 10.500 titoli scelti, digitalizzata in un database capace di estrapolare rassegne su qualsivoglia argomento, sia storico che sociale, sia artistico che di costume.

Da anni conduce, poi, un’attività di ripistaggio audio in lingua italiana di film disponibili nel mercato estero e per questo è stato in grado di proiettare ben 350 titoli in lingua italiana, restaurati in HD e Full-HD, posseduti in copia unica da lui stesso. Insomma era il caso di un connubio perfetto: un amatore e una sala rara.

Il Santa Chiara, ricevette, nel 1975, la Medaglia d'oro ministeriale per i suoi 50 anni di attività ininterrotta e, nel 2015, a 90 anni dalla sua apertura, ha programmato "La corazzata Potemkjin", film coetaneo al cinema. Ma adesso il centenario, che pareva a un tiro di schioppo, sembra lontanissimo.

Calabria New York, andata e ritorno

Per capire cosa lega Orazio Garofalo alla storia del cinema Santa Chiara, dobbiamo fare un passo indietro. Erano gli anni Venti, con precisione il 1924, quando finisce il sogno americano di Pietro Garofalo, suo nonno. Per lui andata e ritorno dal Bronx. Rientrato in Calabria, nel 1926, si intestardisce su un piccolo magazzino a Rende. Ci vuole fare un cinema, così come ha visto fare in America. Investe in un pezzo di convento, il Santa Chiara, e in un proiettore Pio Pion. All'epoca avanguardia purissima.

Gli anni passano, i posti in sala sempre quelli, centotrenta sedute e uno schermo su cui passavano del dive con le onde nei capelli come Rita Hayworth, e gli uomini con i cappelli e le pistole da gangster. La gente si affollava, aspettava le pizze coi film che, a un certo punto, stentavano a varcare il confine con la Campania. Pietro, ha tre figli. Tra questi Italo. Sarà proprio suo figlio Orazio, a raccogliere il testimone, a diventare l'utimo crociato a guardia della sala.

L'oblio, la lettera di Tornatore e la riapertura

Quando il cinema chiuse i battenti, negli anni Settanta, dovette scontare un lungo limbo, che neppure l’accorata lettera di Giuseppe Tornatore (in foto), a cui Italo scrisse nel 1996 per cercare supporto, riuscì a interrompere. “La sala è la casa dei nostri sogni, anche dei poveri che una casa non ce l’hanno”, gli rispose il regista di “Nuovo cinema Paradiso” in una lettera che Orazio conserva gelosamente. Ad ogni modo fu quella una sorta di benedizione, raccolta, anni dopo, siamo nel 2015, dalla giunta Manna che cristallizzò la riapertura del cinema nella delibera che, di fatto, riapriva le porte a un piccolo grande sogno che adesso qualcuno ha interrotto.