La giovane donna afghana che ha perso nella tragedia uno zio, una zia e tre cuginetti rilancia l’appello alle istituzioni: «La politica smetta di considerare i migranti come parassiti o le morti nel Mediterraneo non finiranno mai». Il sindaco Voce: «Crotone non dimentica e non dimenticherà»
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Farzaneh Maleki è una giovane donna afghana alla quale il naufragio di Cutro ha portato via uno zio, una zia e tre cuginetti. Oggi, a due anni dalla strage, ha letto un toccante intervento durante il convegno "Lungo le rotte a due anni dalla strage di Cutro: respingimenti, mancato soccorso, criminalizzazione, scomparse. Quali diritti? Quale verità? Quale giustizia?” nell'Istituto Pertini-Santoni di Crotone. Tra le pieghe di quella tragedia cerca ancora di trovare un senso, se non a quelle morti che forse potevano essere evitate, quantomeno Farzaneh vorrebbe che le ragioni della burocrazia fossero più umane per consentire ai familiari di gestire tanto dolore.
«Il naufragio della nave a Crotone il 26 febbraio 2023 - ha detto - è ancora uno degli incidenti più strazianti degli ultimi tempi, e il ricordo di questa tragedia addolora il cuore di ogni persona sensibile. A bordo della nave c’erano molte famiglie e purtroppo più di 100 persone hanno perso la vita. Sono passati due anni da questa tragedia e ancora non è stato fatto nulla per aiutare le famiglie delle vittime».
Per Farzaneh quello di Cutro «non è solo un incidente, ma riflette le politiche e l’indifferenza globale verso la condizione dei migranti. Queste persone, costrette a fuggire da guerre e crisi politiche, prendono nelle mani le loro vite e quelle delle loro famiglie, e si affidano al mare, perché in molti paesi la vita sulla terraferma è molto più pericolosa di un barcone della morte. Per nessun padre è facile decidere di migrare quando sa che questo cammino porta con sé migliaia di pericoli, con solo il 50% di possibilità di arrivare a destinazione, e il restante 50% che porta alla morte».
Si tratta, ha raccontato la donna davanti alla platea di Crotone che sono «le vittime di politiche che, invece di aiutarle, le spingono verso la morte. Noi, come famiglie che hanno perso i propri cari, facciamo una richiesta affinché questa questione venga affrontata seriamente e vengano adottate misure concrete per sostenere queste persone».
Tra le tragedie più grandi, continua Farzaneh, «c’è quella di Asad, un ragazzo siriano che ha perso il fratello tra le sue braccia. Questa tragedia è indescrivibile e le parole non possono esprimere la profondità del dolore. I momenti in cui Ahmed ha visto suo fratello morire tra le sue braccia sono il ricordo più doloroso e senza fine non solo per lui, ma per tutte le persone che sono state colpite da questo incidente. Asad rappresenta tutti coloro che hanno perso la vita in questo viaggio».
Per la famiglia della donna afghana, Cutro è una ferita ancora aperta: «Mia madre, Leila Timouri, ha perso in questo incidente suo fratello, la moglie di suo fratello e tre figli di suo fratello. Il dolore e la sofferenza che abbiamo vissuto in questi due anni sono indescrivibili. Questa tragedia non è solo nostra, ma anche di tutte le altre famiglie delle vittime, ed è ancora una ferita profonda che nulla può guarire. Sono profondamente addolorata e voglio sottolineare che questa nave non è stata la prima a naufragare e, sfortunatamente, se la situazione dei migranti non viene affrontata, non sarà nemmeno l'ultima. Questo è un problema globale che ogni giorno prende la vita di molte persone, ma non si fanno azioni concrete per prevenire tali tragedie. Noi, come una delle famiglie delle vittime, chiediamo ai responsabili e alla comunità internazionale di affrontare questa questione e di aiutare le famiglie che hanno perso i loro cari in questa tragedia».
«Il nostro obiettivo con questa richiesta di aiuto – conclude Farzaneh – è invitare le famiglie delle vittime a riunirsi con i loro cari nei loro paesi. Purtroppo, a causa dei giochi politici, non abbiamo il permesso di tornare nei nostri paesi, e i sopravvissuti a questa tragedia hanno un disperato bisogno di avere le loro famiglie accanto a loro. Il dolore e la sofferenza che derivano dalla perdita di una persona cara possono essere alleviati solo dalla presenza della famiglia e degli amici più stretti. Le famiglie delle vittime hanno bisogno di poter vedere la tomba dei propri figli, affinché possano, forse, trovare un po' di sollievo dal dolore e affrontare le difficoltà di questi giorni con maggiore forza. Speriamo che le nostre richieste vengano ascoltate e che tragedie come questa non si ripetano mai più. Questa è una tragedia umanitaria e dobbiamo evitare ogni gioco politico, trattando le persone come esseri umani».
A 2 anni dal naufragio di Cutro, la cerimonia nel Giardino di Alì
Una cerimonia di commemorazione si è tenuta poi nel "Giardino di Alì", il luogo realizzato dal Comune per ricordare la tragedia e intitolato alla vittima più piccola, sepolta nel cimitero cittadino e diventata figlio di tutti i crotonesi. Nel giardino, ubicato all'ingresso della città, sono stati piantati, in occasione del primo anniversario del naufragio, novantaquattro alberi per ricordare gli adulti vittime del naufragio, più 35 cespugli in memoria dei minori che persero la vita. Dopo un minuto di silenzio, che il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, ha disposto venisse osservato negli istituti scolastici della città, il coro Polifonico "Anna Frank", diretto dalla professoressa Luisa Floccari, ha intonato un canto. Alla cerimonia hanno preso parte autorità civili e militari, una delegazione di alunni e rappresentanti delle associazioni di volontariato, insieme ad un gruppo consistente di cittadini. «Oggi ricordiamo - ha detto il sindaco Voce - 94 vittime innocenti. E nel ricordarle voglio ancora una volta affermare che l'umanità non deve avere colore politico perché è un sentimento che appartiene alla nostra gente. Il popolo crotonese lo ha dimostrato in quei giorni terribili in cui istituzioni, forze dell'ordine, medici, volontari, assistenti sociali ed operatori dell'informazione sono stati uniti da questo fortissimo e fondamentale principio. Crotone non dimentica, Crotone non dimenticherà».
Il sentimento di umanità della popolazione crotonese è stato ripreso anche dal presidente della provincia di Crotone, Sergio Ferrari, secondo il quale "in quei giorni nessuno si è tirato indietro o si è girato dall'altra parte. La popolazione crotonese ha dato un grande esempio all'Italia e al mondo». Il prefetto di Crotone, Franca Ferraro, si è rivolta ai ragazzi presenti alla cerimonia, invitandoli «a frequentare il giardino di Alì e soprattutto a fare memoria di quanto è accaduto». A conclusione della cerimonia il prefetto ed il sindaco hanno deposto un fascio di fiori con i colori della città di Crotone ai piedi dell'installazione che ricorda il piccolo Alì e le altre vittime del naufragio.