47 giorni per un referto: l'odissea di una bambina vibonese malata di tumore

La piccola si era sottoposta a un importante esame al Bambin Gesù di Roma e attendeva il risultato entro quattro giorni dalla spedizione. Ma il plico era finito in un polveroso scantinato in mezzo alle giacenze

di Cristina Iannuzzi
8 novembre 2018
16:49

Il 13  settembre l’ospedale  pediatrico Bambin Gesù di Roma invia una raccomandata. Contiene un importante referto medico: il risultato della risonanza magnetica  eseguita  su una bambina di appena 10 anni affetta, dal 2016, da un tumore alla rinofaringe, scientificamente definito rabdomiosarcoma embrionale.

 


Ma quella lettera ci impiegherà 47 giorni ad arrivare. Spedita il 13 settembre, giungerà nelle mani dei genitori della piccola il 30 ottobre, nonostante i ripetuti solleciti della madre. In realtà il plico giallo contenente il referto era arrivato regolarmente nei quattro giorni stabiliti, ma non si sa per quale motivo, era finito nella giacenza dell’ufficio postale di Vibo Marina,  probabilmente accanto  ad altre lettere che non arriveranno mai ai legittimi destinatari.  Quando la madre della bambina va a chiedere spiegazioni le viene spiegato che non c’è molto da fare: nessuna traccia della lettera, nessun avviso di giacenza, e alla posta, senza il numero della raccomandata,  è impossibile trovarla: le spiegano gli addetti.

 

Un  disservizio che poteva costare ulteriori sofferenze alla bambina, già sottoposta a chemio e radioterapia. E così la madre decide  di denunciare  l’accaduto ai carabinieri  della stazione di Vibo Marina. Perché quella non era una lettera qualunque. «Dopo l’esame a Roma siamo rientrati in Calabria - chiarisce la madre - in attesa dei  risultati che ci dovevano confermare se dopo la chemioterapia il cancro fosse stato debellato. Qualche giorno di estenuante  attesa e riceverete tutto a casa, ci avevano riferito i medici».

 

Il tempo è interminabile, e così quattro giorni dopo la donna si reca all’ufficio postale di Vibo Marina, allertando gli addetti  che attendeva una raccomandata importantissima. «»È una questione di vita o di morte”, spiega . Anche la postina era stata avvisata. Ma niente. Passano i giorni, le settimane, passa un mese. I medici del Bambin Gesù confermano l’avvenuta  spedizione. Tant’è che  la raccomandata, che nessuno ha consegnato, ritorna al mittente. A  Roma per “mancata consegna”  e dalla Capitale  la nuova spedizione. Intanto nessuno sa se e a che stadio è regredito il tumore alla rinofaringe della piccola paziente.

 

Il 25 ottobre  dall’ospedale la raccomandata viene nuovamente spedita dal Bambin Gesù. «State attenti questa volta», la raccomandazione del medico capitolino. Nel timore di un nuovo smarrimento, la donna decide di recarsi alla vicina stazione dei carabinieri per  denunciare l’accaduto. Uno dei militari prende a cuore la storia e si reca all’ufficio postale. La direttrice, questa volta sollecitata  dall’Arma,  si impegna a vigilare sull’operato degli addetti. Quattro giorni dopo, alla porta della signora Domenica, bussa la postina che le  consegna la lettera datata 17 settembre.  

 

Il risultato della risonanza è negativo: la bambina sta bene. La donna può finalmente tirare un sospiro di sollievo e decide di rendere pubblica la sua odissea. Ma se non fosse stato così, di chi sarebbe stata la responsabilità? Chi si sarebbe preso carico di un fardello morale tanto ingombrante? Per fortuna sono domande che Domenica e la sua bambina non dovranno mai porsi. Ma è sconfortante che, come spesso accade a queste latitudini, perché tutto finisca bene, più che ai responsabili dei servizi ci si debba affidare alla buona sorte.

Giornalista
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