Il Raganello, le stragi di Lamezia e Crotone. Il 2018 l’anno delle lacrime e delle tragedie

VIDEO | Il 20 agosto a Civita persero la vita 10 persone, ad ottobre una violenta alluvione travolse mamma Stefania e i suoi due bambini. Nella città pitagorica il dramma di Massimo Marrelli e dei suoi operai. Molti ricorderanno il 2018 come l'anno che ha inghiottito vittime innocenti di un amaro destino

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di Pietro Comito
29 dicembre 2018
11:04
Le vittime della tragedia del Raganello
Le vittime della tragedia del Raganello

Il 2018 è l’anno delle lacrime e delle tragedie. Calabria, Parco del Pollino, Civita, Gole del Raganello: corre il 20 agosto. La pioggia cade copiosa, incessante, a monte, nel territorio di San Lorenzo Bellizzi. Il torrente s’ingrossa, attraversa la profonda e suggestiva spaccatura che taglia il massiccio verso lo Jonio, assume una forza devastante e travolge i gruppi di escursionisti che in quel momento. È una strage: in dieci perdono la vita, altri trenta verranno messi in salvo grazie ad una eccezionale operazione di soccorso degli uomini del Soccorso alpino e dei vigili del fuoco. La strage nelle gole accede i riflettori della stampa nazionale e internazionale sulla Calabria. Seguiranno giorni di dolore e polemiche, sulla prevedibilità dell’evento, sull’assenza di misure di sicurezza in un luogo tanto affascinante quanto pericoloso. La Procura di Castrovillari indaga sette persone, tra amministratori, funzionari pubblici e guide.

Dal 20 agosto al 4 ottobre corrono 45 giorni. Stefania Signore è una giovanissima mamma. E’ sera, piove a dirotto. Appena uscita dal lavoro raggiunge i suoceri a Curinga per prendere i suoi due bambini, Cristian, di sette anni, e Nicolò di due, per riportarli a casa, a Gizzeria. Perde il controllo della sua Alfa Mito, lungo una provinciale, che finisce in balia dell’acqua che trasforma quell’arteria in un fiume. Presa dal panico, scende dall’auto, ma viene travolta assieme ai suoi bambini. I corpi di Stefania e di Cristian vengono ritrovati all’alba del mattino successivo, ad un chilometro e mezzo dall’auto. Quello del piccolo Nicolò una settimana dopo, sotto un metro di limo e terra, dopo giorni di incessanti ricerche che hanno visto protagonisti centinaia di volontari da tutta la Calabria.


Nella notte tra il 27 e 28 ottobre successivi si consuma un’altra strage. Avviene in località Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto. Nel cuore della notte Massimo Marrelli, patron di uno dei gruppi imprenditoriali più importanti della Calabria, lavora con sette operai agli scavi di una condotta fognaria nella sua proprietà. Piove, è notte, ma Marrelli insiste nel continuare i lavori. Uno scavo cede e Marrelli, assieme a tre operai (Mario Cristofaro, Santo Bruno, e Luigi Ennio Colacino) viene seppellito. Moriranno tutti per asfissia. Una strage che ne richiama un’altra, quella del precedente 5 aprile: lungomare di Crotone. Anche qui un cantiere: muoiono due operai schiacciati da un muro (Giuseppe Greco e Dragos Petru Kiriac, dopo un mese di agonia spira anche un terzo lavoratore, Mario De Meco. Lacrime e ancora lacrime in una terra che piange ancora vittime innocenti di un amaro destino. 

Giornalista
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