Un giorno di festa e di emozione per il comune di Roghudi, nell'Area Grecanica, che dopo decenni di attesa inaugura la sua nuova chiesa, a distanza di 50 anni dall'alluvione che decretò il trasferimento a valle del Comune aspromontano.

Roghudi ritrova il suo cuore spirituale. Dopo anni di attesa e un percorso travagliato fatto di progetti, finanziamenti e ostacoli burocratici, la comunità ha finalmente la sua nuova chiesa, dedicata a Maria Santissima Annunziata e a San Nicola di Bari. Un'opera che va oltre l'essenza di edificio sacro, e che diviene il simbolo della resilienza e dell'identità di una comunità che ha saputo lentamente rinascere dopo la tragedia dell'alluvione del 1971 che vide strappati centinaia di cittadini dalle loro case e dal proprio borgo millenario fra le colline aspromontane per sempre.

Un'inaugurazione attesa da decenni

L'inaugurazione della nuova chiesa è avvenuta in un clima di grande emozione e partecipazione. Alla cerimonia hanno preso parte l’arcivescovo Fortunato Morrone, che ha presieduto la consacrazione dell'edificio, il sindaco Pierpaolo Zavettieri, l'amministrazione comunale roghudese assieme ad una delegazione di sindaci ed amministratori dall'Area Grecanica e dalla Locride, oltre alle centinaia di fedeli accorsi per assistere a questo storico evento.
Il momento culminante è stato l'apertura ufficiale delle porte della chiesa, seguita dall'ingresso della comunità all'interno del nuovo luogo di culto. L'atmosfera era carica di commozione, con molti fedeli visibilmente emozionati nel varcare la soglia di uno spazio atteso da oltre cinquant'anni.

La tragedia dell'alluvione e la nascita di Roghudi Nuovo

Roghudi Vecchio, arroccato sulle pendici dell'Aspromonte, oggi lo conosciamo come "borgo fantasma". Fino a pochi decenni fa, però, era una cittadina brulicante di vita, di persone, sogni e speranze. Roghudi venne duramente colpito da una devastante alluvione nel 1971. L'evento costrinse all'evacuazione forzata degli abitanti, segnando la fine di un insediamento che aveva resistito per secoli. Molti inizialmente non vollero abbandonare le proprie case, ma un'altra alluvione, nel 1973, rese definitivo il trasferimento.
Fu solo nel 1988 che Roghudi Nuovo nacque ufficialmente, a decine di chilometri di distanza in un territorio enclave del comune di Melito Porto Salvo. Il nuovo abitato, per anni, fu poco più di un agglomerato di case. Mancavano luoghi di aggregazione, mancava un'identità urbana, mancava soprattutto una chiesa, centro della vita sociale e religiosa di questa comunità.

Una lunga attesa: dal progetto alla realizzazione

Già nell'urbanizzazione del nuovo centro era stata prevista un'area destinata alla chiesa, ma le priorità iniziali erano altre e i fondi scarseggiavano. La progettazione dell'edificio partì nel 2008, sotto l'amministrazione dell'allora sindaco Agostino Zavettieri. A posare la prima pietra fu l'allora parroco don Giovanni Zampaglione, che nel giorno dell'inaugurazione si guarda attorno con occhi lucidi vedendo realizzato il frutto di tanto lavoro. Ma l'iter fu lungo e tortuoso.

L'architetto Ferro, direttore dei lavori, ha ripercorso le difficoltà affrontate nel corso degli anni: un cantiere lungo 15 anni, ostacolato da continue modifiche normative e blocchi burocratici, ma portato a termine con determinazione e sacrificio.
Dopo il primo finanziamento, che permise di avviare il progetto, la costruzione partì nel 2012, ma si interruppe nel 2014, quando, a causa di problemi burocratici e di adeguamenti normativi, l'edificio rischiò perfino la demolizione. Fu solo grazie alla tenacia dell'amministrazione comunale e dei tecnici coinvolti che si riuscì a salvare la struttura e a reperire nuove risorse per completarla. Nel 2021 il progetto ha ripreso slancio e, passo dopo passo, si è arrivati all'inaugurazione di oggi, un evento atteso da oltre 50 anni.

Una chiesa al centro della comunità

La nuova chiesa si distingue per la sua pianta centrale, con l'altare quadrato posto al centro, in modo da garantire una partecipazione attiva alle funzioni religiose. Gli arredi sacri e le pavimentazioni sono stati realizzati in pietra locale, con uno stile sobrio, in sintonia con la semplicità della comunità rogudese. Anche i fedeli hanno dato il loro contributo nelle ultime settimane, partecipando con dedizione all'allestimento degli interni e alla sistemazione del sagrato. Al centro della chiesa, il tabernacolo è un dono dell'ex parroco don Fabrizio Namia, che ha voluto lasciare alla comunità un segno tangibile del suo legame con questa parrocchia.
Durante la cerimonia di consacrazione della Chiesa e con l'unzione dell'altare, ai piedi dello stesso è stata murata una reliquia di San Gaetano Catanoso, il santo grecanico originario di Chorio di San Lorenzo.
Consegnando all’arcivescovo Morrone le chiavi della chiesa, il sindaco Pierpaolo Zavettieri ha evidenziato l'importanza della costruzione della chiesa per Roghudi Nuovo, definendola il cuore pulsante di un percorso di riscatto e crescita collettiva. Ha raccontato l'impegno costante e le difficoltà affrontate per arrivare a questo giorno, sottolineando il senso di comunità che ha reso possibile il compimento di questa opera.

«Abbiamo lavorato con determinazione, superando ostacoli burocratici e sfide economiche, perché abbiamo sempre creduto in un'idea chiara – ha detto –: Roghudi è molto più di un agglomerato di case, è una comunità con una storia e un'identità forti». Ha poi parlato del ruolo centrale che la chiesa avrà nella vita dei cittadini: un luogo di aggregazione, di spiritualità e di cultura, un simbolo di continuità con le tradizioni e una promessa di futuro per le nuove generazioni. «Qui si celebreranno le nostre radici, qui si costruirà il futuro della nostra comunità con orgoglio e determinazione».
Zavettieri ha sottolineato l'importanza della chiesa come luogo di aggregazione per i cittadini, un punto di riferimento spirituale ma anche sociale: «Qui si celebreranno le nostre tradizioni, qui le nuove generazioni troveranno un simbolo di continuità con il passato, qui si costruirà il futuro di Roghudi».

Il vescovo Fortunato Morrone, infine, ha voluto sottolineare con grande enfasi il significato profondo di questa chiesa per la comunità. Nel suo discorso, ha ribadito che la fede non è solo legata ai luoghi, ma vive nelle persone, nella loro capacità di unirsi, di condividere e di costruire insieme il futuro.

«Questa chiesa non è semplicemente un edificio, è un segno visibile della presenza di Dio nella vita della comunità. Un luogo che deve essere vissuto con spirito di accoglienza, di solidarietà e di amore reciproco», ha detto con voce commossa. Morrone ha poi rivolto un pensiero ai tanti fedeli che hanno atteso per anni la realizzazione di questo progetto, ringraziandoli per la loro perseveranza e per la loro capacità di credere in un sogno, che oggi si è trasformato in realtà.
«Questa comunità ha attraversato momenti difficili, ha subito lo sradicamento e ha dovuto ricostruire la propria identità, ma ha saputo farlo con forza e determinazione. Questo luogo deve essere il cuore pulsante di Roghudi, dove ogni persona possa trovare conforto, ispirazione e una guida per il proprio cammino», ha concluso il vescovo, prima di benedire l'altare e invitare i fedeli a fare della chiesa un punto di riferimento costante nella loro vita quotidiana.

Verso il futuro

L'inaugurazione della chiesa non segna la fine dei lavori per la comunità. Già si guarda avanti con un nuovo progetto: la realizzazione di uno spazio oratorio retrostante, per cui sono stati già stanziati 400.000 euro nell'ambito di un progetto di rigenerazione urbana. La nuova struttura sarà un punto di riferimento per i giovani di Roghudi, uno spazio dedicato all'inclusione sociale, alla formazione e al contrasto alla dispersione scolastica.

Dopo oltre 50 anni dall'alluvione, Roghudi ritrova il suo cuore spirituale. La comunità ha resistito, ha lottato e ha costruito il proprio futuro, fino a questo giorno di festa. L'inaugurazione della nuova chiesa segna il compimento di un lungo percorso di rinascita, di sacrificio e di speranza. Oggi, Roghudi celebra un traguardo atteso per decenni con emozione e orgoglio.