Se ci fosse un’iconografia con la quale i posteri dovrebbero ritrarre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sarebbe quella di Atlante: il titano che regge il mondo sulle spalle. È lui, oggi, a dover trascinare il peso (titanico, appunto!) della responsabilità, dell’autorevolezza e della dignità dell’istituzione Italia, macchiata dalle intemperanze di uno scenario politico ormai sdoganato da qualsiasi rispetto formale. Politici aldilà della destra e della sinistra, in bilico tra oscuri e tentacolari società informatiche formato “sacro blog”, competono con cinici fomentatori di fiammate populiste e sovraniste virali, gestite da un sistema tanto bieco ed efficace da essere denominato, dagli osservatori e dagli addetti ai lavori, “La Bestia”. Argomentazioni e dibattiti lunari, pressappochismo e sistematica rimozione di qualsivoglia fondatezza scientifica, ondate di razzismo a mezzo social a soffocare qualsiasi altra priorità nell’agenda politica…

Vaghe stelle dell’Orsa

Il decoro è un ricordo lontano. La sobrietà, una vaga stella dell’Orsa. La competenza, addirittura schifata, guardata con sospetto, al pari di economisti, accademici, medici, scienziati, insomma: professionisti. La scena è dei complottisti. Ai più sensibili degli elettori e degli osservatori politici, ogni giorno presi a schiaffoni dalla pesantezza delle esternazioni e delle manifestazioni dei nostri rappresentanti in parlamento, la misura, la storia personale, la sensibilità civile, la caratura morale di Mattarella appaiono come la Zattera della Medusa di Théodore Géricault, nell’eroico tentativo di uscire dalla tempesta. Una immagine fragile, disperata, eroica, e di assoluta bellezza.

Populismo next level

Mai, nella storia antica ed in quella moderna, la classe dirigente aveva raggiunto tale sguaiatezza espressiva. Mai il sovranismo populista aveva raggiunto livelli di tale libertà di espressione. Dimenticate le cene eleganti ad Arcore, dimenticate il saluto romano di Gianni Alemanno, archiviate le sagre di Razzi: in confronto, siamo di fronte ad Eisenhower, De Gasperi, De Gaulle. Oggi, va in scena il populismo next level. Quello a botte di selfie a base di Nutella e di divise indossate a casaccio, a botte di “Questo lo dice lei” da parte della segretaria d’azienda all’economista, lo spettacolo d’arte varia di di congiuntivi mancati e di shit storm ferocemente virali sugli oppositori. Un deserto, dove sono saltati schemi e riferimenti. E dove l’osservatore in cerca di balsamo ristoratore trova un solo punto fermo: Mattarella.

Il padre della Patria

Nel deserto che lo circonda, ogni gesto del nostro presidente della Repubblica appare quasi sacrale. Il contrasto con la compagine politica che lui è chiamato a mantenere dentro i binari di Costituzione ed indipendenza da poteri altri, lo rende quasi mistico. Lo trasfigura. Quella retorica lenta, quella ritrosia che inizialmente spingevano gli osservatori più cinici alla stigmatizzazione, oggi contribuiscono a farne il nostro solo e vero padre della Patria: un padre di cui abbiamo disperato bisogno.

#vorreiprendereiltreno

È di ieri, la foto tanto semplice quanto fondante, di Mattarella canuto, forte e sorridente, inginocchiato accanto a Jacopo Melio, ventiseienne affetto da sindrome di Escoban, da sempre costretto a vivere su una sedia a rotelle, e protagonista della campagna (per fortuna anch’essa virale!) #vorreiprendereiltreno. Una vita da disabile, passata a lottare per se stesso e per gli altri, contro le barriere architettoniche. Melio, è stato nominato proprio dal Presidente Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Nei giorni scorsi, altri ragazzi erano stati ricevuti, abbracciati e premiati, nel suo costante premiare esemplarità e coraggio neo giovani. 29 alfieri, da lui stesso definiti "giovanissimi eroi coraggiosi e solidali”, resisi protagonisti di azioni meritorie, atti di integrazione, coraggio, bontà, lo avevano circondato per lungo tempo... Tra questi, anche due ragazzi calabresi, vero orgoglio della nostra regione.

La Calabria, due volte provata

In quel frangente, così come accanto a Jacopo, abbiamo rivisto nello sguardo di papà Sergio un sorriso, un barlume di speranza. Ci siamo sentiti sollevati per lui, che spesso ci preoccupa, così stanco e provato dalla condotta altrui. Sono immagini che ci restituiscono speranza e orgoglio. Dei balsami per la nostra coscienza civica, più provata in Calabria rispetto all’altrove. Solo l’esempio può salvarci, anche e soprattutto qui. Nella nostra terra, il bisogno di poterci ispirare a figure di tale levatura è massimo: siamo doppiamente feriti, dalle politiche nazionali prima, e regionali, locali poi. Il calabrese non sa più dove guardare. Dove trovare riparo. Una terra come la nostra, teatro di scempi istituzionali e amministrativi grotteschi, non trova conforto ne nell’osservazione diretta della gestione delle locali cose pubbliche, ne nella scena politica nazionale. La rimozione sistematica degli ultimi brandelli di rigore istituzionale ci ha duramente provato.

Presidente, venga a trovarci

Forse per questo, nel vedere il nostro Presidente difendere così strenuamente e sottilmente la centralità della costituzione, valori quali tolleranza, rispetto, integrazione ed europeismo, ci capita di commuoverci. Di provare affetto e rispetto sacro. In ginocchio accanto a Melio, Mattarella sembrava un Titano. Ed in effetti, lo è. Un uomo solo, nel deserto dei tartari di questa Repubblica. Presidente, una prece: venga a trovarci presto. Abbiamo davvero bisogno di Lei. Non saremo i più bravi della classe. Ma di certo, siamo i più bisognosi.