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Sono circa 200mila i laureati che negli ultimi 15 anni hanno abbandonato il Sud per trasferirsi nelle regioni del Centro-Nord. Lo ha certificato l’implacabile Svimez sul finire dell’anno appena trascorso. Per un danno economico da 30 miliardi di euro.
Un’emorragia che certifica il fallimento delle classi dirigenti degli ultimi 20 anni e potrebbe chiudere ogni speranza di futuro per le Regioni del Mezzogiorno. Eppure, nonostante le partenze e il pessimismo dei freddi numeri, esiste un gruppo di reduci che, per scelta o per destino, è rimasto saldo al loro posto. Un abbraccio a chi è partito e uno sforzo in più per colmare la mancanza e il vuoto.
E’ la schiera di quei cittadini che ogni giorno lotta per affermare un diritto o per dare voce a chi non ha possibilità di emettere un fiato. L’esercito dei cittadini che compie fino in fondo il proprio dovere sul posto di lavoro, per strada, in fila alle poste o al momento di gettare via la spazzatura. Senza aspettarsi una ricompensa, ma soltanto perché ha imparato a fare così da bambini, osservando i propri genitori, i propri insegnanti (quelli giusti) e i propri amici (quelli veri).
Una famiglia muta e ostinata che prosegue il suo cammino controcorrente, riconoscendosi per strada e scambiandosi un saluto. Sorridendo amaro davanti alle ingiustizie e alle prepotenze di chi tutto ha per cognome, per grazia ricevuta o per affiliazione a quello o a quel gruppo di potere.
E che a chi domanda «perché non sei andato via?» risponde «Perché c’è ancora speranza». Anche se nessuno ci crede fino in fondo e anche se tutti sono consapevoli che questi politici e questa classe dirigente sono abituati ad ucciderla nella culla, la speranza.
E’ questa grande comunità di cuori impavidi e malconci che si merita un abbraccio e il più sincero augurio per un 2018 da percorrere con lo sguardo dritto in avanti. Non mollate. Non molliamo.
Riccardo Tripepi