Non è la solitudine dei numeri primi quella che accomuna il presidente della Regione e il sindaco di Cosenza ma quella determinata dal mutamento del quadro politico. Zingaretti e Orlando notificano l’avviso di sfratto al Governatore, mentre nel campo avverso, quello del primo cittadino bruzio, seppur sono tutti garantisti, è altrettanto vero che nessuno è disposto a rischiare una vittoria certa in conseguenza di una condanna che potrebbe mettere fuori gioco il presidente a pochi mesi dalla sua elezione con tutte le conseguenze e gli effetti della legge Severino
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Tutti sapevamo che il dopo elezioni europee avrebbe portato mutamenti politici tali da cambiare le carte in tavola nella corsa alla presidenza della Regione in Calabria. I segnali di questi mutamenti ormai ci sono tutti. Sia nel tradizionale campo del centro sinistra che in quello del centro destra. Tali campi, attualmente occupati con le autocandidature di Mario Oliverio, presidente uscente e Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza, sono ormai sull’orlo dell’implosione interna. I segnali di questi mutamenti è immaginabile che metteranno fuori gioco dalla corsa per la Regione sia Mario Occhiuto che Mario Oliverio. Da tempo sosteniamo questa eventualità sulla base della lettura delle dinamiche politiche in corso. Tutto ciò sta producendo uno scenario quasi paradossale: i due Mario che dovevano rappresentare i duellanti nella prossima stagione elettorale si ritrovano entrambi, per ironia della sorte, accomunati dal medesimo destino.
Avviso di sfratto notificato ad Oliverio
Andrea Orlando, vice di Zingaretti, poche sere fa è sceso in Calabria per dare un avviso di sfratto all’attuale presidente della Regione, il quale, tuttavia, si ostina a non voler capire che a Roma la musica è cambiata, e che nello spartito della nuova dirigenza democrat, del nome di Oliverio non vi è traccia. Il vicesegretario nazionale, nella riunione che ha tenuto Lamezia Terme, ha messo quasi in sequenza gli errori del governatore, a partire dalla reazione verso Nicola Gratteri nell’indagine che lo vede coinvolto, per non parlare dell’esposto al csm presentato da Nicola Adamo, altro indagato nella medesima indagine del Procuratore della Repubblica del capoluogo.
«Siamo garantisti - ha esordito l’ex guardasigilli dei governi Renzi e Gentiloni - ma il Pd non è contro i pm». Ma è il passaggio politico di prospettiva che è il segnale vero e proprio dell’avviso di sfratto all’attuale governatore della Calabria. Andrea Orlando, infatti, con pacatezza, ma con la precisione di una lama affilatissima, sferra le sciabolate necessarie a delineare i contorni della questione. «Il tema del rinnovamento ce lo dobbiamo porre seriamente -ha affermato - c’è un ceto politico nel Sud che è visto come un ostacolo e che genera consenso verso il M5s», che tradotto dal politichese significa: basta con gli Adamo, gli Oliverio, la Bruno Bossio e tanti altri. Un tema che qui dalle colonne di Lacnews24.it abbiamo scritto e sottolineato più volte nel corso delle nostre modeste riflessioni sulla crisi del Pd in salsa calabra, conquistandoci sul campo l’inimicizia del Governatore e delle zarine rosse e bianche connesse alla sua esperienza di governo, i quali non ci hanno risparmiato le accuse di “venduti e di mercenari”. Una sensibilità per la libertà di stampa direttamente proporzionale a quella del sindaco di Cosenza Mario Occhiuto. Oggi prendiamo atto che lo stesso vice segretario nazionale di quel partito è addivenuto alle nostre stesse conclusioni, confermando, dunque, che le nostre analisi editoriali avevano qualche fondamento. Orlando ha poi stoppato la litania ripetuta allo stremo da Oliverio, quella che recita che il suo governo sia il miglior “governo della Calabria”. «Io ero in un governo che pensava di aver fatto benissimo e poi alle elezioni abbiamo fatto flop» - ha chiosato, invece, il vice segretario nazionale del Pd. Una doccia fredda su Oliverio, arrivato alla riunione di Lamezia fresco di una riunione con alcuni sindaci a Soverato che l’ufficio comunicazione della Regione aveva spacciato come un bagno di folla dei primi cittadini. Una retorica degna della datata e sterile propaganda dei regimi dell’est.
Nelle parole di Orlando, dunque, le premesse di una rapida liquidazione dell’esperienza Oliverio alla Regione c’erano tutte, tra l’altro, approvate da tutte le aree interne al Pd. Nel corso della discussione, infine, c’è stato il tempo per un vero e proprio cicchetto per il risultato delle europee relativamente alle preferenze. «Il buon senso spingeva a sostenere il capolista, punto. Un capolista deciso da Martina» -ha tuonato ancora il vice segretario nazionale - sottolineando l’errore di Oliverio, Adamo e company per non aver sostenuto Roberti ex capo della Dda e capolista della circoscrizione Meridionale alle europee. Roberti in Calabria si è piazzato in 7^ posizione. Oliverio non aveva fatto mistero che il suo mancato sostegno a Roberti voleva essere un segnale a Zingaretti, magari per indurlo a miti consigli proprio sulle scelte per la candidatura alla Regione. Una scelta che, almeno da quanto pare, si è trasformata in un boomerang. Il segretario nazionale con la raccomandata notificata dal suo vice, infatti, ha risposto picche. Oliverio per il partito di Roma ha sbagliato strategia e obiettivo. Musica per le orecchie di Franco Iacucci, presidente della Provincia, un tempo braccio destro dello stesso Oliverio, anche lui candidato alle europee e praticamente ignorato elettoralmente sia da Oliverio che da Adamo. Solo che Iacucci a mani nude è riuscito a raggiungere un risultato inimmaginabile, primo degli eletti con 22360 voti, un risultato che ormai appare un chiare segnale contro l’asse Adamo/Oliverio/Romeo. E che ha consentito a Franco Iacucci di conquistarsi un posto d’onore nel gioco alla successione di Oliverio. Ce ne sarebbe già abbastanza per consigliare a Oliverio una via d’uscita politicamente onorevole. Una sua ricandidatura targata Pd, a questo punto, comincia ad essere estremamente improbabile. E lo stesso risultato registrato da Iacucci rivela che anche le primarie interne per Oliverio sarebbero tutt’altro che scontate, anche al netto dei giochi di prestigio di marca Adamo, anzi, proprio le primarie potrebbero rappresentare una sorta di Vietnam se proprio non vogliamo scomodare la metafora napoleonica del disastro di Waterloo. Come reagiranno Oliverio e Adamo a questo punto? Difficile immaginare che potranno ritirarsi ai giardinetti. Oliverio aveva fatto intendere che è pronto alla guerra al grido di : “muoia Sansone con tutti i Filistei”. Magari impugnando la fiaccola del civismo, una fiaccola destinata evidentemente a incendiare il proprio granaio, quello che gli ha dato farina per più di 40 anni di carriera.
Occhiuto fa finta di non sentire e vedere
Sul fronte avverso cambia il teatro ma ritroviamo la stessa ostinazione dell’aspirante candidato del centrodestra a non voler mollare il campo. E tuttavia anche nello spartito del centrodestra il nome di Mario Occhiuto ormai è fuori dal pentagramma. Lega e FdI stanno lavorando apertamente a soluzioni diverse. Sondano e contattano personalità esterne e del mondo produttivo. Qualche nome è già ampiamente trapelato altri sono tenuti rigorosamente coperti. Tutti sono consapevoli che allo stato il centrodestra è vincente e che, la vittoria, non è legata ad una primadonna, anche se risponde al nome del primo cittadino bruzio. Nelle altre regioni, infatti, il cdx ha vinto con figure sconosciute ma innovative. E d’altronde, seppur nel cdx sono tutti garantisti, è altrettanto vero che nessuno è disposto a rischiare una vittoria certa, in conseguenza di una condanna che potrebbe mettere fuori gioco il presidente eletto a pochi mesi dalla sua elezione, con tutte le conseguenze e gli effetti derivanti dalla legge Severino.
Sacrificare un risultato quasi certo, sull’altare di un “modello Cosenza” da trasferire al Governo della Regione, tra l’altro, rievoca il poco fortunato “modello Reggio” traferito in cittadella e con il suo sfortunato e drammatico epilogo. Una ferita ancora aperta nel campo del centrodestra calabrese. La candidatura di Occhiuto è divisiva. I Gentile, Sergio Abramo e pezzi di FI reggina lavorano su altro. E da Wanda Ferro, all’ex senatore Piero Aiello, fino allo stesso primo cittadino del capoluogo di regione, Sergio Abramo, insieme ad altri della società civile, fanno sapere di essere pronti e a disposizione dei vertici dei partiti della coalizione. Può fare a meno il cdx calabrese di queste aree importanti e dal notevole peso elettorale? Difficile. A ciò si aggiunga che anche il quadro politico nazionale sta subendo una rapida trasformazione e un consistente cambio degli equilibri.
Toti è pronto a raccogliere la sfida di aggregare un’area liberale moderata del centrodestra da far rinascere nello spazio che si apre con l’ormai definitivo tramonto di Forza Italia e di Berlusconi. Secondo un sondaggio SWG il presidente della Liguria è terzo nell'indice di fiducia dopo Salvini e Meloni, prima di Tajani e Berlusconi. Sempre lo stesso sondaggio accredita un partito di Toti al 7% e con "ampi margini di crescita", se supportato da un'adeguata campagna di informazione e comunicazione presso l'elettorato. Il sondaggio rafforza le convinzioni del governatore della Liguria in vista di "Italia in crescita", l'assemblea voluta da Toti e convocata il 6 luglio a Roma al Teatro Brancaccio, il cui obiettivo è offrire un'alternativa per il rilancio dei progetti e delle politiche del centrodestra.
Questo è il quadro del centrodestra, ne consegue che le speranze di Mario Occhiuto di conquistare la nomination della candidatura a presidente della Regione diventano sempre più difficili. Sicuramente per questa analisi ci beccheremo la solita manciata d’insulti dai fake a pagamento sguinzagliati dal sindaco di Cosenza sui social, ma ce ne faremo una ragione. Noi cerchiamo di dare una lettura alle dinamiche politiche della nostra regione in questi giorni. Alle velleità nominalistiche o peggio all’ego di questo o quel politico non siamo interessati. L’estate che abbiamo di fronte sarà la stagione nella quale sia il cdx che il csx dovranno fare le scelte propedeutiche alla imminente campagna elettorale. Senza dimenticare che nuovi scenari politici sono sempre dietro l’angolo. Tutto dipenderà dalla piega che prenderà la discussione nei campi tradizionali della politica. Se il quadro dei partiti tradizionali dovesse subire frammentazioni e articolazioni diverse, infatti, potrebbero venir fuori alleanze e aggregazioni inimmaginabili ed inedite. Ma questa è un’altra storia.
Pasquale Motta