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Caro Erri De Luca,
benvenuto in Calabria dopo lo sbarco che ha voluto fare con una nave dei soccorsi nel Mediterraneo - assieme a quasi 700 migranti - nel giorno di Pasqua. Ha avuto modo, parlando brevemente con i giornalisti, di spiegare che tale emozionante viaggio tra questa umanità sofferente, e' la prosecuzione della sua benemerita denuncia che da anni fa risuonare dove può; ci ha informati che resoconterà per diverse Testate giornalistiche europee ciò che ha visto, dal recupero della vita sui barconi, fino all'agognata discesa sulla banchina del porto di Reggio Calabria; ci ha infine sintetizzato, con la metafora del tatuaggio indelebile sulla pelle, le prime emozioni che ha avvertito grazie all'invito di Medici Senza Frontiere che l'ha voluta a bordo, facendole conoscere da vicino quei drammi scavati nei corpi di cui lei tante volte ha scritto.
Ha parlato di Calabria come Terra capace di accoglienza, e questa definizione e' ben calzante con una realtà organizzativa che - e' vero - tranne pochissime sbavature ha dato prova negli ultimi anni di una macchina istituzionale bene oliata, anche grazie al cuore generoso di parecchi volontari, vero nostro vanto nella prima accoglienza.
I migranti sbarcano e i nostri Comuni, come possono, se ne fanno carico in un contesto nel quale i governi tagliano le spese - però - e le leggi italiane certamente non aiutano a far uscire il migrante dalle sue fragilità : li si parcheggia in attesa del "documento" o, peggio, li si espone ai rigurgiti xnofobi. Sono tutte cose che sa, caro Erri, ed e' per questo che - approfittando del suo passaggio dalla nostra regione - vorremmo informarla meglio su quello che avviene dopo quella risposta umanitaria post sbarchi che lei ha definito eccellente.
Poco distante da Reggio Calabria vi e', nella zona del primo porto italiano per traffico di container, Gioia Tauro, la tendopoli di San Ferdinando che di recente l'organizzazione Medici per i Diritti Umani ha definito "il ghetto più grande d'Italia".
Da circa sei anni, dentro un campo che il ministero degli Interni ha promosso e non gestisce, sono stipati oltre 2000 migranti che si trattengono tra giacigli disumani ben oltre il periodo della stagione di raccolta degli agrumi.
Caro Erri, siamo stati con lei - certo idealmente - nella sua battaglia per la difesa del diritto di espressione che lei ha esercitato a favore dei manifestanti No Tav della Val Susa; l'abbiamo sostenuta quando ha subito un processo da "Stato feudale" solo per aver rivendicato il diritto/dovere dei popoli di opporsi alle decisioni imposte da uno "Stato tiranno" : in coerenza a tutto ciò che di giusto e democratico ha fatto in Piemonte, le chiediamo di volgere lo sguardo fino a questo lembo di Calabria.
Autorevoli figure impegnate nelle politiche calabresi dell'accoglienza, hanno dichiarato che esiste da 4 mesi la possibilità di chiudere la tendopoli di San Ferdinando. In un sito vicino all'attuale ghetto e' stata individuata l'area per una futura tendopoli che - questa volta - le autorità promettono di voler gestire, di renderla un luogo umano, e farla diventare una risposta umanitaria straordinaria ma almeno dignitosa.
Noi calabresi accoglienti, così lei ci ha definiti, purtroppo facciamo i conti tutti i giorni con molte promesse - in tutti i campi - che puntualmente vengono smentite dagli stessi che le fanno. Delusione e frustrazione: ecco perchè, le chiediamo di vigilare assieme a noi affinché non passino più altri anni prima di chiudere definitivamente il ghetto più grande di Italia.
Ci aiuti a tenere accesi i riflettori su quello che fin qui e' una vergogna di Stato, che certamente ha favorito l'anarchia in quel campo, l'abuso e il sopruso, ai danni di fratelli africani che per sopravvivere e coltivare qualche speranza si sono omologati ai nostri modelli comportamentali, in tutto e per tutto: hanno subito le nostre sprangate , non in senso figurato, e si sono arrangiati alcune volte reagendo in una lotta tra poveri, anzi tra disperati, diventando caporali e sfruttatori.
Una tendopoli allo sbando e' stata in questi anni più volte assassina, più volte teatro di forme vessatorie e pericoli incipienti per gli stessi ospiti.
Caro Erri, noi calabresi accoglienti lottiamo tutti i giorni contro chi - approfittando del disegno anarchico che racchiude quel luogo disumano - soffia sull'esasperazione: mai come in questo anno abbiamo assistito al proliferare di reati commessi anche dai migranti, e tutto ciò viene strumentalizzato da una popolazione che ha un cuore generoso, ma vuole avere uno Stato che regola senza voltarsi dall'altro lato.
Dunque per tutte queste ragioni che attengono ad una battaglia di progresso, la invito, caro Erri, a entrare nel determinismo di associazioni umanitarie che fra loro non dialogano - o peggio si fanno gli sgambetti - e istituzioni che firmano protocolli che poi non sanno rispettare. Vorremmo parole definitive sulla nuova tendopoli, sui tempi della sua attivazione e sulla futura gestione: le chiediamo di volgere lo sguardo fino a "questa terraferma" di un dramma di provincia che non e' meno dramma di altri, di chi viaggia, proprio perché e' la prosecuzione senza speranza di quegli sbarchi a cui lei ha assistito, offrendoci la gioia di pensare che non siamo soli nella comune idea di un mondo multietnico e inclusivo.
Stia con noi calabresi anche domani, chiedendo allo Stato - come ha fatto in Val Susa - di saper coniugare finalmente umanità e legalità, ordine organizzativo e valori democratici. Venga a visitare la tendopoli di San Ferdinando, un campo di morte quotidiana che c'e' e non dovrebbe esserci, definito nel gennaio del 2016 "lager" dal governatore della Calabria e da allora - misteriosamente - ancora non abbattuto. Venga ad aiutarci a interrompere lo stucchevole balletto tra gruppi non governativi organizzati che italicamente si fanno la guerra a colpi di marce, comunicati, breefing in prefettura, che producono assai poco.
Agostino Pantano