Il Re è nudo. Per l’ennesima volta in due anni e mezzo. Vibo, Lamezia, Cosenza e, adesso, Catanzaro sono passate al centrodestra con il Pd che, evidentemente, paga dazio all’azione di governo di Oliverio alla Regione e a un’assoluta incapacità di selezionare candidati e liste che chiama in causa direttamente la segreteria regionale del partito. E, stavolta, i tentativi di coprire i reggenti saranno ancora più inutili rispetto al recente passato.

 

Perdere i 4 centri principali della Calabria in questo modo, e con queste proporzioni, è praticamente il modo migliore per consegnare le chiavi della Cittadella al centrodestra dei fratelli Occhiuto e di Jole Santelli che, infatti, hanno subito iniziato a cavalcare la tigre non appena le urne si sono chiuse a Catanzaro che ha regalato ad Abramo un successo anche più ampio rispetto a quello ipotizzato alla vigilia e che boccia sonoramente Enzo Ciconte, abbandonato dal partito in una lotta impari. Chiaro che la gestione della candidatura della coalizione di centrosinistra e dei rapporti con Nicola Fiorita gridano vendetta, quasi come quelli che caratterizzarono a Cosenza la discesa di Lucio Presta prima e la candidatura (perdente) di Carlo Guccione.

 

Scelte incomprensibili ai più e anche molto contraddittorie, considerato che il Pd ed Oliverio hanno bocciato Guccione e Ciconte dopo l’esplodere di “Rimborsopoli” facendoli fuori dalla prima giunta regionale, per poi candidarli a sindaco in centri nevralgici come Cosenza e Catanzaro.

 

La disfatta di Catanzaro, inoltre, preoccupa anche per la struttura della coalizione di centrodestra che sta affilando le baionette per tornare a governare la Regione. Gli uomini di Alternativa Popolare (ex Ncd) di Piero Aiello e Baldo Esposito sono stati determinanti per il successo di Abramo e con percentuali che oscillano intorno al 10% potrebbero essere determinanti anche per le elezioni regionali (come immediatamente sottolineato dal coordinatore regionale del partito Tonino Gentile), in caso di coalizione di centrodestra che vada a riprendere gli antichi confini, con l’eccezione dell’Udc.

 

Una strada che sembra sempre più probabile, anche guardando a quanto avvenuto sul piano nazionale dove il centrodestra ha surclassato gli avversari dove si è presentato unito con la coalizione allargata dalla Lega a Fratelli d’Italia, passando per gli azzurri del nuovamente resuscitato Silvio Berlusconi.

 

Le ritorsioni a palazzo Campanella, con le quasi certe espulsioni da Commissioni e Ufficio di presidenza di Esposito e Gentile, non serviranno di certo al Pd ad evitare ulteriori emorragie di consensi. Probabilmente sarebbero servite scelte chiare all’avvio della legislatura quando Oliverio avrebbe potuto dire con chiarezza se gli alfaniani avrebbero avuto o meno un posto nel governo regionale. L’ambiguità, anche in questo caso, non ha pagato.

 

C’è ancora un terzo dato che non incoraggia chi al momento governa la Regione. L’affluenza nel capoluogo sede del governo regionale, ma anche negli altri centri, è stata molto bassa. Solo il 30% dei catanzaresi è andato alle urne e ciò la dice lunga sul grado di disaffezione che in questo momento regna in Regione. A cosa attribuirlo se non alle mancate risposte che l’amministrazione regionale è riuscita a dare ai problemi quotidiani della gente?

 

Sembrano essersene accorti, seppur tardivamente, anche il segretario Magorno e il presidente Oliverio che non hanno cercato giustificazioni improbabili con i successi di Acri e Paola, ma hanno sottolineato la necessità di aprire una fase di riflessione interna al partito. E se Magorno ha parlato di “assunzione di responsabilità”, Oliverio è stato ancora più deciso: “Il Pd dove si presenta diviso perde. Occorre un cambio di impostazione e di linea”.

 

Si vedrà nei prossimi giorni cosa succederà nel partito a tutti i livelli. E se davvero il Pd calabrese riuscirà ad aprire una fase di dibattito interno o se anche stavolta si affiderà ai poteri tacitanti e taumaturgici del ministro dell’Interno Marco Minniti, principale autore della conversione di massa al renzismo che in Calabria ha coinciso proprio con l’inizio della fase di maggiore appannamento della leadership con la quale Renzi ha dovuto fin qui fare i conti. Senza una scossa, tuttavia, il destino di questo Pd è da considerarsi più che segnato, così come sarà difficile invertire la rotta nella seconda parte della legislatura regionale.

 

Riccardo Tripepi