VIDEO | Il progetto pilota nel penitenziario calabrese selezionato insieme a quelli di Bergamo e Trani dai vertici nazionali dell'Aiac. Intervista a Michele Cosenza, volto storico del calcio regionale che ha seguito i 16 allievi
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Un progetto dalla forte connotazione sociale. Un’idea di reinserimento innovativa per gli ospiti della casa circondariale di Paola. È stato questo il senso del corso per nuovi allenatori tenuto all’interno delle mura dell’istituto penitenziario tirrenico e organizzato da Michele Cosenza. Volto storico del calcio regionale, oggi è delegato all’assemblea nazionale dell’associazione allenatori (Aiac) per conto della sezione calabrese.
È stato ospite negli studi di Cosenza Channel per raccontare come si sono svolte le lezioni e dare testimonianza della grande umanità trovata tra i suoi particolari allievi. «16 in tutto e di nazionalità diversa - ha detto -. Hanno seguito con la dovuta attenzione, ponendo le classiche domande che gli aspiranti tecnici di solito fanno durante le giornate di approfondimento».
Il progetto pilota ha visto protagonista proprio il carcere di Paola, selezionato dai vertici dell’Aiac nazionale insieme a quelli di Bergamo e Trani per il programma dedicato ai detenuti. «L’iniziativa è stata voluta fortemente dal presidente Renzo Ulivieri - ha spiegato -. È terminata con gli esami di abilitazione, con cui chi ha frequentato il corso ha ottenuto il patentino di licenza D. Potrà così allenare dalla Terza Categoria fino all’Eccellenza».
Michele Cosenza è stato coadiuvato, per ogni singola lezione, da una serie di docenti. Tra questi Gigi De Rosa (tecnica e tattica calcistica), Francesco Ramunno (tecnica dei portieri), Domenico Lucchetta (metodologia di allenamento), il dottore Belvedere (medicina dello sport), Giuseppe Merli (corso di Bls), Marco Maiorano (regolamento e carte federale) e Serena Belmonte (psicologia).
«Ai corsisti della casa circondariale di Paola abbiamo consegnato la settimana scorsa il materiale sportivo - ha concluso -. Lo aspettavano con ansia, così come ora aspettano gli attestati. Mancano soltanto quelli a testimonianza di come tutti hanno diritto ad una nuova vita». In apertura di articolo l’intervista video completa.