La suggestiva processione del Sabato Santo con 8 statue in corteo ha origini antichissime e si lega alle usanze portate dalle famiglie spagnole che alla fine dei Seicento si stabilirono in Calabria
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Tra i riti di Pasqua in Calabria il Caracolo di Caulonia, che si celebra nel pomeriggio del sabato Santo, è sicuramente uno dei più singolari e suggestivi. Il termine locale "Caracolo" deriva infatti dallo spagnolo “caracol”, che significa “lumaca” e si riferisce al lento e tortuoso avanzare della processione attraverso le stradine del borgo. La processione fu chiamata così dalle famiglie spagnole originarie della Murcia e trapiantate a Caulonia (l’antica Castelvetere) alla fine del Seicento, che portarono qui le loro usanze di Pasqua.
Ecco perché il Caracolo di Caulonia rappresenta molto più che una processione religiosa: è un incontro tra culture che lega passato e presente attraverso la processione di 8 statue (varette) che rappresentano le diverse tappe della Passione di Cristo (Cristo all’orto, Cristo alla colonna, Ecce homo, Cristo carico della croce, Crocefisso, Morto, Vergine Addolorata e San Giovanni) afferenti le due arciconfraternite cittadine, del Rosario e dell’Immacolata, in passato animate da un’antica rivalità, i cui confratelli partecipano vestendo saio bianco e incappucciati, creando un’atmosfera di profonda devozione. Il percorso si snoda attraverso il paese, con un passaggio significativo in Piazza Mese, dove le statue seguono un movimento a zig zag, scandito dal suono delle raganelle. Dopo l’ingresso nella chiesa Matrice, il corteo si ricompone nella piazza, riattraversa una parte del paese e, arrivato in via Vincenzo Niutta (il Ministro dell’epoca Cavour che proclamò l’unità d’Italia), si divide riformando i due gruppi che all’inizio l’avevano composto, ognuno dei quali fa ritorno alla rispettiva confraternita.
Una tradizione antichissima che non si fermò neppure in tempo di guerra. Prima dello stop forzato per la pandemia da Covid, bisogna tornare al 1958 per risalire al primo e unico forfait, un decennio dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Era l’anno della riforma liturgica e alla guida della diocesi di Locri-Gerace c’era monsignor Pacifico Perantoni il quale, da sempre contrario a manifestazioni pagane, decise di annullare tutto dopo alcuni screzi tra le due arciconfraternite. Non solo dunque una manifestazione religiosa, ma anche un’espressione di identità culturale, testimoniando il legame storico tra Caulonia e la Spagna. La processione rappresenta un momento di coesione sociale, coinvolgendo l’intera comunità in un’esperienza condivisa di fede e tradizione.