Il primo cittadino del comune in cui insiste il più grande insediamento della Calabria ospite del nostro format A tu per tu in programma per oggi alle 18: «Occorre agire per superare questa condizione»
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«La condizione in cui vivono i migranti nella tendopoli è indecorosa e umanamente inaccettabile. Nessuno lo discute. Altrettanto indiscutibile è però il nostro impegno per alleviare, fornendo acqua potabile e corrente elettrica e provvedendo alla raccolta dei rifiuti, quelle stesse condizioni difficili e che in tutti questi anni non sono state affrontate in modo risolutivo. Purtroppo questo non basta a ristabilire un ambiente salubre, complice anche lo sversamento illecito di rifiuti nella zona circostante, evidentemente ritenuta un non luogo». Il sindaco di San Ferdinando, Luca Gaetano, ospite negli studi del Reggino.it della puntata di A tu per tu, si misura con le condizioni disumane e degradanti in cui vivono centinaia di migranti braccianti della piana di Gioia Tauro, e con la connessa emergenza igienico - sanitaria, nel più grande insediamento informale della Calabria che è la tendopoli.
«Occorre - sottolinea il sindaco Luca Gaetano - agire per superare questa condizione. In tale direzione registro in questo momento storico una convergenza di intenti inedita e forte che vede accanto alla nostra amministrazione la Prefettura, la Regione e il Governo, oltre che la Diocesi, il Terzo Settore e le associazioni. Una sinergia intensa e necessaria per un intervento di welfare così consistente. Abbiamo in campo delle progettualità con le quali auspichiamo di potere dare finalmente la svolta da anni attesa».
La visiona chiara e coraggiosa
Il sindaco Gaetano illustra la sua visione tanto chiara quanto coraggiosa e ambiziosa su come le «progettualità messe in campo potrebbero concretamente tracciare un segno di discontinuità rispetto alle esperienze pregresse, a quei meri investimenti senza visione e lungimiranza che nulla hanno seminato oltre il loro passaggio.
Tra le direttrici fondamentali che il sindaco Gaetano indica come ineludibili, affinché gli interventi siano effettivamente evolutivi, sono «la prossimità con la comunità del luogo, il lavoro culturale e la condivisione delle responsabilità e degli interventi eseguiti con le risorse pubbliche a scopo prettamente inclusivo e senza necessità di differenziare. I braccianti oggi sono migranti economici regolari, anche se dal punto di vista lavorativo con qualche zona d'ombra già attenzionata e al vaglio di chi di competenza.
È tempo che per i braccianti della Piana di Gioia Tauro il paradigma cambi. Non sussidi per chi viene sfruttato o aiuti e fondi del governo a cooperative fini a loro stesse, ma interventi di rigenerazione sociale. Il recupero di quartieri e la loro messa in opera, la creazione di luoghi vivibili capaci di generare valori ed economie e anche di far emergere le marginalità da affidare a chi abbia la competenza di prenderle in carico. Non ghetti ma luoghi aperti e in osmosi con la comunità. Luoghi in cui fare agricoltura e in cui vivere di questo. Luoghi di cui essere consapevoli della necessaria corresponsabilità rispetto al mantenimento dell'ordine, del decoro, della legalità. Rispetto delle regole comuni del vivere civile».