Le criticità degli istituti penitenziari oggi al centro del programma di approfondimento di LaC Tv. Il garante dei detenuti ha posto anche l'accento sulla mancanza di percorsi riabilitativi. Il segretario del Sappe Ciccone: «Serve un progetto mirato per la Calabria»
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Suicidi tra i detenuti e violenze ai danni degli agenti della Penitenziaria. Spie di un problema più vasto che riguarda le carceri sovraffollate e la carenza di personale, oggetto ormai di denunce continue da parte dei sindacati, che chiedono attenzione e soluzioni da trovare nell’immediato.
Il tema è stato oggetto della puntata odierna di Dentro la notizia (puoi rivederla qui), il programma di approfondimento di LaC News24 condotto da Pier Paolo Cambareri, che si è confrontato sui vari aspetti con Luca Muglia, garante regionale dei detenuti, e Francesco Ciccone, segretario regionale del Sappe.
Una situazione drammatica, condizioni di vita disumane e un sistema che rischia il collasso. Questo il quadro, in Calabria più fosco che altrove, da cui si è partiti.
Una delle criticità, più volte rilevate, riguarda la presenza di schermature in plexiglass alle finestre delle celle. Criticità “mappate” nelle diverse carceri calabresi con numeri più importanti a Cosenza, come sottolineato in studio da Muglia. «Si tratta di trattamenti disumani e degradanti, parliamo di spazi in cui non può circolare l’aria né entrare la luce: una situazione che equivale a murare i detenuti nelle celle», ha affermato il garante, ricordando come sia ricorso alla commissione per i diritti umani del Senato proprio per affrontare la vicenda.
E poi il problema del sovraffollamento: in alcuni casi in una cella si trovano stipati fino a 8 detenuti. A ciò si somma, evidenzia Muglia, la carenza di personale di polizia e di funzionari psicopedagocici e l’assenza di mediatori culturali.
Proprio sulle lacune di organico è intervenuto il rappresentante del Sappe Ciccone: «Non c’è ricambio generazionale – ha affermato –. Allo stato la Calabria ha bisogno di almeno 600 unità di Polizia penitenziaria».
E, ancora, l’aspetto che riguarda i detenuti con disagi psichici. Muglia ha rimarcato, in questi casi, il «diritto alla cura». E ha spiegato: «Molte segnalazioni su cui intervengo provengono proprio dalla Polizia penitenziaria. Questo per dire che c’è un’umanità che spesso non viene fuori».
«Ricevo continuamente notizie di tentativi di suicidio o atti di autolesionismo – ha aggiunto –. E in assenza di assistenti preposti all’interno degli istituti una delle indicazioni è quella di mandare i detenuti in Tso».
Un problema, questo, che non è solo di chi si trova rinchiuso in cella. «I diritti dei detenuti sono fondamentali non solo per loro stessi ma anche per l’intera comunità penitenziaria – ha evidenziato Muglia – perché le condizioni di vivibilità all’interno delle carceri sono condivise».
«Il personale è stressato, portato a fare lunghi turni con ricadute pesanti anche sul contesto di vita», gli ha fatto eco Ciccone. «La Calabria ha bisogno di rinforzi. Ci sono istituti – Rossano, Castrovillari, Cosenza ma anche il Reggino – in cui i casi di violenza sono in aumento».
Tutto ciò si aggiunge ai problemi endemici della Calabria. «Siamo una regione con problematiche particolari – ha detto ancora Muglia – come la criminalità organizzata. Queste emergenze si sommano a quelle storiche rischiando di fare da detonatori a situazioni di una gravità inaudita».
Necessari i percorsi di riabilitazione da avviare all’interno delle carceri. «Bisogna attivare un processo di cambiamento se vogliamo che queste persone tornino in società con un approccio diverso. Spesso rimangono in misura cautelare fino all’espiazione della pena senza alcun percorso educativo e questo poi ha delle ricadute importanti».
Infine, un appello condiviso: il caso Calabria diventi priorità nazionale. «Serve un progetto mirato in cui una parte importante dovrà farla anche la Sanità», ha dichiarato Ciccone. Un progetto in cui più attori – le varie professionalità coinvolte nella tematica – si siedano a uno stesso tavolo. E serve, ha aggiunto Muglia, «una presa di posizione della politica».
Perché le carceri e chi le vive non sono, e non devono essere più considerate, periferia ma parte viva della società.