La storia di Maria Chindamo, imprenditrice sequestrata e uccisa brutalmente nel 2016 a Limbadi, quella di Lollò Cartisano, fotografo di Bovalino anche lui rapito e ucciso nel 1993. E poi altre altre ancora di persone che hanno avuto il coraggio di denunciare la criminalità organizzata, dell’impegno di magistrati, di insegnanti, di giornalisti che non si tirano indietro nonostante le minacce. C’è tutto questo e molto di più nell’opera-dibattito sulla legalità dal titolo “Se dicessimo la verità”, ideata da Giulia Minoli, vicepresidente dell’associazione Crisi Come Opportunità, e scritta insieme alla sceneggiatrice e regista Emanuela Giordano. 

Dopo il percorso di formazione svolto tra cittadinanza attiva, legalità ed educazione di genere nelle classi di diverse scuole calabresi, il progetto “Ponti: cultura e teatro per la cittadinanza attiva e il cambiamento” – promosso da un management tutto al femminile, composto appunto dall’associazione CCO – Crisi Come Opportunità, con il sostegno di Intesa Sanpaolo e Fondazione con il Sud – approda anche sul palco del Palazzo della Cultura di Locri. 

«È un bellissimo momento per i ragazzi della Locride che hanno la possibilità di vedere questo spettacolo dopo aver fatto i laboratori in classe - spiega Deborah Cartisano, figlia del fotografo bovalinese Lollò e referente di Libera in Calabria -. Sono stati dei momenti molto intensi di bella e vivace discussione con i ragazzi su questi temi. Ecco che allora poter approfondire queste tematiche e farlo direttamente con i protagonisti di queste storie diventa uno strumento importantissimo non solo di memoria ma anche di cittadinanza attiva».

Sul palco locrese lo spettacolo, in scena da oltre 10 anni e partito quest’anno dal Piccolo Teatro di Milano, ha ridato voce alle vittime della ‘Ndrangheta attraverso la maestria degli attori Daria D’Aloia, Simone Tudda, Lucia Limonta Jonathan Lazzini, che hanno regalato agli spettatori momenti letteralmente da brividi e di profonda riflessione.

«È un’emozione molto forte - racconta Vincenzo Chindamo, fratello di Maria -. La voce zittita da una criminalità organizzata violenta, aggressiva, che ha voluto mettere a tacere tante persone, tante donne, mia sorella Maria, oggi qui in teatro parla. E lo fa rompendo il muro del silenzio, dando una risposta netta alla criminalità organizzata e cioè che non è in grado di mettere a tacere delle persone, non è in grado in alcun modo di mettere a tacere il bene».

A fine spettacolo, assieme a Deborah Cartisano e Vincenzo Chindamo hanno portato la loro testimonianza Francesco Rigitano, fondatore del Centro diurno per minori “Don Milani”; Carmen Bagalà, direttrice della Caritas di Locri-Gerace e Gerhard Bantel del gruppo cooperativo Goel che dal 2003 fonde la sua anima imprenditoriale con l’impegno nel contrasto alla criminalità organizzata e che è inoltre diventato curatore dei terreni di Maria Chindamo.

«Lo spettacolo si intitola Se dicessimo la verità, ecco questo è un territorio che ha tanto bisogno di relazionarsi con verità che purtroppo sono talvolta nascoste, scomode, difficili da comprendere - ha commentato Francesco Rigitano - È bello che gli studenti abbiano l’opportunità di aprire le loro menti ascoltando queste verità dalla voce di chi ha speso la propria vita proprio in questo territorio, senza abbassare la testa di fronte alle ingiustizie».