Originario di Amantea e laureatosi all’università Mediterranea di Reggio, il professionista, ormai residente in Francia, spiega l'importanza di questa esperienza collettiva che segna la storia della conservazione del patrimonio culturale
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Livio De Luca è l’architetto calabrese nato ad Amantea, in provincia di Cosenza e laureatosi all’università Mediterranea di Reggio Calabria, che ha diretto il cantiere digitale per il restauro della cattedrale di Notre-Dame a Parigi.
Dopo il rovinoso incendio del 2019, l'imponente gioiello d'architettura gotica francese, tra qualche giorno tornerà ai suoi fedeli in tutto il suo splendore. Ciò come da impegni assunti a suo tempo dal presidente Emmanuel Macron che lo scorso venerdì ha visitato la cattedrale prima della riapertura. Sabato 7 dicembre è in programma la cerimonia ufficiale alla presenza di Reali e Capi di Stato. L’8 dicembre la prima solenne messa e la riapertura al pubblico.
«L'8 dicembre è una data importantissima per la storia della cattedrale Notre-Dame di Parigi. E tuttavia la cattedrale di saperi e conoscenze che noi stiamo riunendo grazie a questa straordinaria esperienza collettiva continua e continuerà fino al 2027 e oltre ad essere "costruita". Partendo dagli studi scientifici eseguiti su questa cattedrale stiamo, infatti, creando una base di conoscenza utile a tanti progetti di restauro e alle scienze del patrimonio in senso più ampio».
Sperimentata l'affascinante contaminazione tra digitalizzazione, architettura e storia in occasione del restauro di uno dei gioielli gotici più antichi e preziosi del mondo.
Digitalizzazione, architettura e storia
«Il ruolo del digitale è strategico, una sorta di intermediario e di interfaccia tra i saperi che così parlano meglio, come mai fatto prima. L'oggetto materiale nella sua dimensione digitale può sintetizzare le conoscenze che lo riguardano, spaziando tra i diversi settori disciplinari: dalla scienza dei materiali ai comportamenti statici e acustici fino anche alle conoscenze che riguardano l’analisi delle emozioni nella società.
L’esperienza - spiega l'architetto Livio De Luca - è stata e continua a essere davvero interessante. Costituire una memoria che cristallizzi tutti questi sguardi rivolti verso Notre-Dame per il suo restauro offre una base di conoscenza ancora tutta da esplorare. Un nuovo territorio di risorse scientifiche che apriremo alla comunità progressivamente. Risorse per l'educazione e per la cultura, che confluiranno in un futuro museo, il Musée de l’œuvre Notre-Dame de Paris che sarà aperto nel 2028 proprio accanto alla cattedrale, presso l'hotel Dieu, che potrà integrare proprio la sintesi di questi lavori in dispositivi museografici».
La risorsa della digitalizzazione nel restauro del patrimonio culturale
Un'intuizione importante, quella della digitalizzazione impiegata nella conservazione del patrimonio, posta a servizio della ricostruzione della monumentale e splendida cattedrale parigina.
«È frutto di lavori condotti per anni con tanti colleghi in vari paesi, il conferimento al digitale di un ruolo nella conservazione del patrimonio. Le informazioni, infatti, possono essere estremamente utili non solo in caso di disastro.
L’esperienza di Notre-Dame - spiega ancora l'architetto Livio De Luca - ha portato in evidenza un’esigenza molto più ampia ovvero quella di non pensare al dato come mera rappresentazione dello stato fisico di un oggetto ma di pensare al ruolo del dato nel confronto con le altre conoscenze. Sono queste a dare senso e ad arricchire i dati stessi. Abbiamo, infatti capito quanto fosse fondamentale guardare alla cattedrale di Notre-Dame non tanto sul piano della digitalizzazione degli aspetti fisici quanto su quello della digitalizzazione di tutta la sfera di esperienze umane che intorno si erano sviluppate».
Restauro à l'identique e la storia "umana" del cantiere
«L’obiettivo di ricostruire come fedelmente era, ossia à l'identique, è stato raggiunto ed è stato reso possibile proprio grazie alle digitalizzazioni eseguite prima dell'incendio, come anche alle fotografie scattate prima del rogo. L'aspetto che più mi attrae del lavoro svolto egregiamente dagli architetti che stanno eseguendo il restauro, Philippe Villeneuve, Pascal Prunet e Rémi Fromont, è che la nozione di identico non riguarda soltanto l’aspetto materiale, visivo e strutturale, riguarda anche la riproduzione dei gesti nel cantiere, riguarda la storia del cantiere, il modo in cui tutta l’expertise è stata implicata in quest’opera collettiva. Questa secondo me è una bellissima dimostrazione di conservazione di un patrimonio, di proiezione di questo patrimonio nel futuro», sottolinea l'architetto calabrese, Livio De Luca.
La digitalizzazione e i saperi
Il cantiere digitale che diretto da Livio De Luca ha avuto il delicato compito di creare un legame tra le informazioni prodotte nel cantiere fisico e le informazioni e i dati prodotti dal cantiere scientifico e multidisciplinare. Un'esperienza entusiasmante che assurge a primato e di cui anche la Calabria è stata protagonista, grazie alla competenza e alla dedizione dell'architetto calabrese laureatosi alla Mediterranea di Reggio.
«Credo anche che l’articolazione fra il cantiere fisico e quello scientifico, che ha fornito la conoscenza che poi gli architetti hanno usato liberamente, abbia giocato un ruolo molto interessante, seppure complessa. Per prima volta nella nostra comunità scientifica un campo largo di discipline riconosce il ruolo centrale e trasversale del digitale per la conservazione e il restauro del patrimonio».
Tutto iniziò a Staiti...
Un'esperienza tornata utile per questo cantiere di rilievo internazionale e che tuttavia affonda radici in anni addietro quando la dimensione digitale era agli albori e un giovane Livio De Luca sperimentava.
«Avevo acquistato proprio a Reggio - racconta Livio De Luca - una delle prime fotocamere digitali a bassissima risoluzione. Con un amico andai a fare delle foto alla chiesa di Santa Maria de' Tridetti a Staiti, nel reggino. Naturalmente c'erano problemi di batteria. Dunque dovevo limitare il numero degli scatti. Quelle fotografie sono state preziosissime perché poi ci abbiamo lavorato tantissimo e siamo stati in grado di allineare due stati temporali diversi. Una prima esperienza che adesso passa anche per la Francia, come un cerchio che si chiude.
Ho sempre avuto e sempre avrò con il paesaggio calabrese un rapporto naturale e spontaneo che non percepisco altrove. Ogni volta che vedo lo Stretto dall'aereo quando torno in Calabria, dove ho le mie radici, i miei familiari e tanti amici, è sempre una grande emozione. Un'emozione unica che è quella del ritorno a casa», afferma sorridendo l'architetto Livio De Luca che non si preclude alcuna possibilità, compresa quella di tornare un giorno a vivere in Calabria.