Angela Verbaro è orgogliosa mentre racconta, nella città di Reggio che ha dovuto lasciare da bambina, la sua storia familiare. È profondamente motivata nel mettere al servizio della causa della federazione Antiracket la sua testimonianza. Angela è la figlia di Giuseppe Verbaro, panettiere che negli anni Novanta si ribellò all'ennesima richiesta estorsiva decidendo di non cedere più ai ricatti della 'ndrangheta e di denunciare. Questo all'epoca significò smettere di fare il pane a Reggio e, con la famiglia, cambiare città e generalità entrando in un programma di protezione. Fu il primo testimone di giustizia di Reggio Calabria.

«Sono tornata a Reggio Calabria per testimoniare che si può vincere la battaglia contro il racket e che la storia di mio padre non sarà più la storia di chi oggi decide di denunciare. Io rappresento in qualche modo il passato e tutto quello che mio papà ha dovuto subire e che noi tutti abbiamo dovuto affrontare andando via da Reggio Calabria, oggi, grazie all’impegno dei movimenti antiracket e del nuovo quadro normativo, non sarebbe più necessario».

Con il presidente onorario della federazione associazioni Antiracket e anti Usura italiane, Tano Grasso, Angela è tornata a Reggio, in occasione della passeggiata antiracket promossa dalla Fai, per incoraggiare i commercianti e perchè oggi denunciare si deve.

«Non abbiamo a lungo raccontato la nostra storia. Invece è giusto farlo. Mio padre è orgoglioso della sua scelta. Gli ho chiesto di recente: "Papà, ma alla fine di tutta questa storia, è valsa la pena?". Lui mi ha risposto: "Sì ne è valsa la pena perché io l’ho fatto per voi"», ha raccontato Angela, oggi avvocata 37nne, la più piccola di tre figli. Papà Giuseppe è fiero di averlo fatto per lei e per i suoi due fratelli più grandi.

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