VIDEO | Il volume di Marco Letizi è stato al centro di un incontro organizzato alla Camera dei deputati: obiettivo allertare il consumatore sulle truffe operate da alcuni marchi a scapito di chi segue le norme dell'Ue
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Greenwashing, una parola entrata nel gergo comune ma che serve a smascherare tutte le bugie legate alla sostenibilità e che non riflettono in modo chiaro il profilo di sostenibilità di un’azienda, un prodotto o un servizio, truffando consumatori inconsapevoli, imprenditori, aziende ed istituzioni.
È stato presentato ieri alla Camera dei Deputati a Palazzo Montecitorio il nuovo libro di Marco Letizi che prende proprio il nome dalla definizione che smaschera il “politically uncorrect” sulla sostenibilità tanto sperata e avvallata dall’Ue. Obiettivo dello scritto allertare il consumatore e le aziende sulle truffe “green” che alcune imprese e noti marchi operano a discapito di chi segue le normative rilanciate dall'Europa.
In poche parole il greenwashing consiste nel dare l'impressione, l'apparenza in maniera fraudolenta e surrettizia, che si stia andando verso un’economia sostenibile e circolare quando invece si mantengono i vecchi sistemi di produzione, oppure legati ad altre tecnologie che sono differenti da quelle tradizionali ma ugualmente o diversamente impattanti. Dagli interventi si evince che in passato si riteneva il greenwashing alla stessa stregua della pubblicità ingannevole, come sottolineato dal moderatore, Valerio Rossi Albertini (docente universitario). In poche parole per i non addetti ai lavori il sunto si racchiude in un esempio: “Io (azienda) ti vendo un prodotto che non è biologico e te lo spaccio per biologico, te lo faccio pagare di più ma non ti do una qualità superiore”.
Il fatto che l'Agenda europea prevede per il 2030 che siano raggiunti degli obiettivi di sostenibilità ambientale ha reso necessaria la stesura di un libro come questo. Una visione lungimirante dell’autore Marco Letizi, che con questo scritto ha cercato di chiarire come il greenwashing faccia deflettere da quegli obiettivi, portando aziende, imprenditori, consumatori e istituzioni in vicoli ciechi, dai quali diventa poi difficile uscire. Questo perché orienta le tecnologie utilizzate, non verso quelle realmente sostenibili e compatibili con l'ambiente, ma verso altre tecnologie e metodi di produzione che sostenibili non sono.
Secondo l’autore «il danno di greenwashing sostanzialmente ha degli effetti estremamente pregiudizievoli, non solo nei confronti del mercato ma anche nei confronti degli investitori e dei consumatori. Il greenwashing innanzitutto elude il principio costituzionalmente garantito di libera concorrenza e quindi rileva quale elemento di ostacolo all'ordinato sviluppo del mercato. Il greenwashing sostanzialmente crea delle sacche di concorrenza sleale tra le imprese, creando un rischio fortissimo sia per il capitale reputazionale delle imprese, che per il loro capitale economico. Diventando, inoltre, un ostacolo al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibili come indicati nell'agenda 2030 delle Nazioni Unite». Questo a detta di Letizi vanificherebbe l'impegno della comunità internazionale nel mitigare i rischi del climate change.
Nel testo si spiega la cosiddetta direttiva Greenwashing, entrata in vigore solo lo scorso 26 marzo, che introduce una vera e propria blacklist di comportamenti vietati alle imprese, affinché queste evitino di incorrere nelle pratiche di greenwashing.
Altro elemento trattato nel libro e ulteriormente avallato dalla deputata Patty L’Abbate è stato l’argomento della “tassonomia europea” (sistema di classificazione stabilito dall’Ue che determina se un’attività economica può essere considerata “sostenibile” o “verde”): «Tra le altre cose ricordiamo la tassonomia europea. Quello che riguarda la parte ambientale verrà portato avanti, così come anche quella sociale. Parliamo di tre sostenibilità: sociale, ambientale ed economica. Ma questo non deve fermarsi ad un solo slogan. Non dobbiamo ripetere i nostri discorsi come slogan. Qui si parla di cose reali, il che significa cambiare anche i metodi di analisi e approccio. Se si vogliono degli indicatori dei tre diversi tipi non dobbiamo più parlare di metodi di calcolo, ma dobbiamo parlare di metodi nuovi che si occupino anche di valutazione del ciclo di vita, siano essi sociali, ambientali ed economici».
Il professor Francesco Perrini, docente di Economia alla Bocconi, ha altresì parlato della direttiva che si chiama Corporate Sustainability Diligence Directing per la value chain (catena del valore): «Questa evoluzione normativa si porta dietro delle implicazioni manageriali... Ci sono delle norme e dobbiamo applicarle. Ma cosa devono fare le aziende? Non devono approcciarsi come compliance, ma solo minimizzare i rischi. Le aziende devono provare, in questa logica, ad essere trasformative, ad avere un approccio strategico a prevenire. Devono quindi pianificare le attività in modo tale che questi investimenti diano un ritorno dal punto di vista competitivo ed economico-finanziario, altrimenti nel 2030 ci troveremo punto e a capo».
Altrettanto interessanti e tecnici gli interventi del direttore generale Ispra, Maria Siclari, e del commissario Ivass Riccardo Cesari. Ha fatto invece pervenire un video messaggio l’eurodeputata Mercedes Bresso che ha plaudito all’iniziativa ed ha sottolineato l’importanza di portare avanti questo argomento, tema sempre più caldo e che abbraccia il prossimo futuro.
Necessita dunque lavorare sul greenwashing, che non deve essere visto come un problema, ma come un’opportunità anche per il cittadino, per il consumatore nel riuscire a notare la differenza. Questo acquistando dei prodotti che sono realmente sostenibili, a basso impatto ambientale, che non rovinano l’esistenza dell’ecosistema e nemmeno la salute.
Come sostenuto dalla deputata L’Abbate: «Noi lo dobbiamo aiutare a fare questo perché il cittadino vuole andare in questa direzione. Deve avere le giuste informazioni. Greenwashing significa che stiamo dipingendo di verde un prodotto, un'azione, un’azienda che in realtà non lo è e quindi non è vero che fa bene all'ambiente o alla nostra salute. Ci stanno dicendo una cosa che è falsa e noi la dobbiamo contrastare».