Tutto il mondo ci invidia le statue dei due Guerrieri. Ma il cinquantesimo anniversario della loro scoperta rischia di essere ricordato come un vero e proprio flop
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Reggio è nel cuore del Mediterraneo, ma solo dal punto di vista geografico. Da quello politico, economico, sociale e culturale, purtroppo, è solo periferia d’Europa, del Paese, perfino della già periferica Calabria. La città ha la possibilità di rialzare la testa e prendersi il posto che storicamente non ha mai avuto, ma continua a perdere occasioni, a fallire gli appuntamenti decisivi. Il cinquantesimo anniversario della scoperta dei Bronzi di Riace è uno di questi.
I Guerrieri sono forse le uniche “cose” che il mondo davvero ci invidia. Inutile ripetere quel che tutti sanno, e cioè che le due statue, a New York come a Londra, ad Amsterdam come a Berlino, a Roma come a Milano, sarebbero davvero valorizzate in quanto opere d’arte irripetibili, attirerebbero centinaia di migliaia di visitatori ogni anno, conferirebbero lustro e soldi e bellezza, tanta bellezza. Noi reggini, noi i calabresi, del tutto giustamente, difendiamo i Bronzi e non recediamo dalla volontà di non farli muovere da qui, né ora né mai, nemmeno per quei più volte proposti tour internazionali a tempo, ché ci vuol poco a non restituire – e ad addurre motivazioni istituzionali formalmente ineccepibili – capolavori dell’arte di tale incommensurabile valore. Epperò dobbiamo dircelo, e ripetercelo ogni giorno, che no, i Bronzi non ce li meritiamo. Non li merita Reggio, non li merita la Calabria.
Per anni li abbiamo tenuti distesi sulla schiena in un anfratto, delimitato dal plexiglas, del Consiglio regionale, custoditi non da curatori esperti o da critici d’arte di fama internazionale, ma da attempati e annoiati dipendenti pubblici con le camicie quadrettate e a mezze maniche, concentrati a fare il cruciverba mentre qualche tedesco o giapponese, arrivato a Reggio per puro spirito d’avventura e di scoperta, chiedeva in inglese – quindi senza ottenere risposta – qualche informazione su quelle meraviglie supine e abbandonate. L’anno dei Bronzi, il cinquantesimo da quel fortunato ritrovamento nel mare di Riace, non era mica inatteso. Eppure, chi avrebbe il dovere di celebrare al meglio questa ricorrenza si sta comportando così, come se l’anniversario fosse piombato dall’alto all’improvviso, senza avvertire nessuno.
Siamo entrati nel quarto mese del 2022, ma ancora non si sa quali siano gli eventi in programma, quale tipo di campagna di marketing verrà avviata, quante partnership economiche potranno essere messe in piedi, che tipo di pacchetti turistici saranno proposti per attirare visitatori italiani e stranieri e dare così senso e concretezza all’anniversario. Il “Comitato di coordinamento interistituzionale” si è insediato solo una settimana fa, peraltro non a Riace, o nel Museo nazionale o in uno dei tanti palazzi storici di Reggio, ma nella burocratica Cittadella di Germaneto. Perché quando si pensa ai Bronzi viene subito in mente Catanzaro, no?
Scelte logistiche a parte, siamo fuori tempo massimo, e la reggina Giusy Princi, vicepresidente della Regione e coordinatrice di tutte le attività legate al 50°, dovrebbe prima ammetterlo e poi accelerare le operazioni per cercare di realizzare qualcosa di dignitoso nei mesi che rimangono. Le premesse non lasciano ben sperare. A partire da quelle economiche: la stessa Regione che ha speso circa un milione e mezzo di euro per finanziare il corto (durata: 5 minuti) di Gabriele Muccino – una pubblicità regresso zeppa di stereotipi, congiuntivi sballati e inesattezze assortite – ai Bronzi ha destinato solo tre milioni per un «programma nazionale e internazionale» che, nelle intenzioni, si svolgerà per tutto il 2022.
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