Intervista al 25enne Giovanni Pio Oliverio, studente a Catanzaro: «Molte sono le storie di tanti ragazzi che da questa regione ce l’hanno fatta, ed io vorrei ispirarmi a loro»
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Giovanni Pio Oliverio, 25 anni, studente di medicina e chirurgia al quarto anno. Laurea in biotecnologie nel luglio 2019 con 110 e lode. Laurea in biotecnologie mediche veterinarie e farmaceutiche luglio 2021 di nuovo con il massimo dei voti. Vicepresidente del consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu), membro del comitato consultivo dell’Anvur. Già rappresentante all’Umg di Catanzaro. Ma Giovanni continua ad aiutare la famiglia nell’attività all’azienda Oliverio carni, nel Crotonese.
Un ragazzo molto attivo e attento. «Sono iscritto all’Umg dal 2016. In questi anni, tante cose sono cambiate, per altre invece bisogna ancora aspettare. È un ateneo che sta crescendo molto, sta diventando sempre più attrattivo nei riguardi dei tanti studenti fuori regione e si propone come centro di ricerca d’eccellenza nazionale e non solo».
Con Giovanni che ama l’associazionismo e l’impegno politico, si finisce sempre col parlare del futuro della Calabria. E dei tantissimi i ragazzi che lasciano la nostra terra: «Penso che la difficoltà ci sia sia nel partire che nel rimanere. Ai miei colleghi che decidono di partire, li aspetta un nuovo mondo con innumerevoli possibilità ma anche il dover lasciare i propri affetti e la propria terra. Chi decide di rimanere, dovrà fare i conti con un territorio che spesso è abbandonato a se stesso, ma se gli dai amore ti ricambia generoso! Molte sono le storie, di tanti ragazzi che dalla Calabria ce l’hanno fatta, ed io vorrei ispirarmi a loro per far andare avanti la mia regione».
Giovanni, l’azienda di famiglia, il piacere di stare a contatto con gli animali, la natura…. Per un ragazzo non è una cosa scontata.
«Non è scontata ma è un’esperienza bellissima che vorrei condividere con tutti. La purezza del territorio incontaminato, gli animali liberi nei pascoli e i colori della natura sono un antidoto naturale al caos cittadino e al suo grigiore. Nella mia azienda riscopro la passione di mio padre e prima di lui, quella di mio nonno e di tutti i nostri avi che dal 1898 hanno iniziato questa avventura che ha caratterizzato la loro vita e quella di un territorio dedito alla produzione della carne bovina».
Dico a Giovanni che stamattina leggevo su un giornale online un’accusa grave sui medici specializzandi: “Sfruttati, senza supervisione, costretti a turni massacranti. Il burnout dei medici specializzandi è un rischio anche per i pazienti”.
Giovanni risponde con chiarezza: «Si, purtroppo sì. Talvolta il nostro Paese racconta tragiche esperienze di un vero e proprio sfruttamento legalizzato a danno di tanti giovani medici. Non posso che non ricordare il triste avvenimento della dottoressa Sara Pedri che, a causa delle continue vessazioni sul luogo di lavoro, forse è stata costretta al gesto estremo. Le università devono essere il luogo della formazione culturale ed umana. Bisogna che ci siano tanti medici specializzati quanti sono i pazienti che richiedono assistenza. Basta con turni massacranti e umilianti che allontano la passione nel cuore chi ha studiato molto per diventare un valido medico al servizio della comunità».
“La politica è la più alta forma di carità”, come diceva Paolo VI. “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione” diceva Alcide De Gasperi. Ed oggi? Sembra di essere avvolti nella nebbia del nulla. Chissà se la passione per la politica che ha da sempre Giovanni è ancora intatta!
«È più viva che mai. Amo la politica e penso sia l’unico strumento di cambiamento possibile.
A chi pensa che i giovani siano lontani dalla fede, dalla politica, dall’impegno sociale, ci si dovrebbe chiedere quando e quanto le istituzioni abbiano ascoltato le nostre proposte e le nostre esigenze. Una politica innovativa è una politica che si avvicina ai giovani, agli ultimi e ai più umili. Se si continua a fare politica nei salotti, come si può sperare di fare breccia nel cuore di chi vive nelle periferie?».
Finito il caffè insieme, ci avviamo verso l’uscita. Non so come e perché, ma parliamo di fede, di Dio. Un tema che a un ventenne potrebbe sembrare superfluo, non fondamentale. Ma non a Giovanni: «Dio è l’amico che mi accompagna in questo percorso bello e tortuoso che chiamiamo vita. La fede in Dio mi ha dato modo di apprezzare ciò che ho, ciò che sono e soprattutto di aiutarmi quando tante cose non andavano. Ai miei amici gli dico di avvicinarsi alla fede, di vederla da un’ottica personale in cui possiamo sentirci amati, sostenuti e non giudicati. Ciò che auguro alla mia generazione è di avere tanta fede. Fede in Dio, fede in un futuro migliore e in una società che non lasci indietro gli ultimi».
Sì ok, dice benissimo Giovanni. Ma mi viene da sottolineare: dov’è Dio nelle tragedie, nelle guerre, nelle migliaia di disperati che affogano in mare nel tentativo di sfuggire all’odio e alla morte? «Quando accadono le tragedie, tanti si chiedono dov’è Dio? Ma io rispondo sempre dov’è l’uomo? Quanto più ci allontaniamo dalla luce quanto più vivremo nell’ombra dell’apparenza, delle logiche del profitto e del potere. Dio c’è sempre, ma spetta a noi chiedergli di accompagnarci in questo percorso».
Ogni altro commento sarebbe superfluo. Questo ragazzo è veramente straordinario. È una potenza di impegno, studio, lavoro, fede.