Ospite del format LaC Mario Verta, guida del reparto di Gastroenterologia all’Annunziata di Cosenza: «Ogni mestiere ha le sue complessità, il graffitismo per me è valvola di sfogo»
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Mario Verta, rinomato primario del reparto di Gastroenterologia dell’Annunziata di Cosenza e considerato tra i migliori specialisti italiani nel suo campo, non è solo un medico di straordinaria competenza. Da sempre, infatti, coltiva una passione parallela: la street art.
Come si possono conciliare due mondi così apparentemente lontani? «Qualsiasi mestiere – spiega Verta nella puntata odierna di Dentro la notizia (QUI LA PUNTATA) - ha le sue complessità e necessita di una valvola di sfogo. L’arte ha sempre rappresentato per me una via di fuga. Il tempo è molto risicato: ne approfitto nei giorni festivi, nei ritagli di tempo o quando si esce da un turno notturno e mi dà sempre grande soddisfazione».
Due mondi apparentemente lontani, avvicinati dall’effetto terapeutico: «L’arte-terapia è una forma conosciuta di terapia ed è importante per la gestione di problematiche fisiche e psicologiche. L’arte e i messaggi che essa può lanciare fanno entrare il visitatore e l’osservatore in un mondo, che poi può essere elaborato a proprio piacimento facendo lavorare la fantasia».
L’arte necessita di un talento puro, a differenza della medicina (che si deve apprendere), Verta ci spiega il suo punto di vista e racconta chi gli ha tramandato questa passione: «Credo che il talento possa essere quello stimolo che ti permette di eccellere in un determinato campo. Una disciplina come l’arte, però, necessita comunque di studio e applicazione: ognuno, con le proprie caratteristiche, può fare qualsiasi cosa. La mia arte non è frutto di improvvisazione: riprodurre è semplice, elaborare è un’altra cosa.
Devo sicuramente a mia madre l’origine di questa passione: abitare in una casa in cui si sente l’odore dei colori ad olio o dove si trovano tele e pannelli ovunque è stimolante, quasi romantico. L’aerografo che mi regalò tanti anni fa mia moglie mi fece tornare in mente gli anni dell’adolescenza, quando utilizzavamo le bombolette, in una veste più consapevole. Da lì è sono tornato al graffitismo».
Un’arte che pratica e ha praticato con altri artisti, ottenendo risultati di grande impatto, tanto quanto quelli raggiunti nella sua attività in ospedale: «La frequentazione di altri artisti cosentini ha dato vita all’associazione Sottosuolo, che produsse dal 2006 al 2011 una trentina di eventi importantissimi, tra cui tre edizioni della mostra Contaminazioni. Oggi non è semplice trovare queste forme di aggregazione perché c’è più individualismo: sui social ognuno può presentare liberamente le proprie opere, c’è meno la necessità di creare le cosiddette avanguardie».
Altre interessanti sinergie hanno dato vita al Museo delle Case Narranti, un bellissimo progetto pensato da Mario Verta e William Gatto: «Ci sono diversi posti in via di spopolamento ormai da anni, nei quali ci sono tantissime case abbandonate, e il nostro pensiero è stato quello di impreziosire le loro pareti con dei graffiti che hanno un percorso storico e storiografico. In questo modo abbiamo creato un canovaccio e di conseguenza una narrazione».
Una battuta, infine, sui sogni e i progetti futuri: «Il sogno è che questa forma d’arte possa espandersi e che le istituzioni siano più sensibili verso di essa. E poi magari creare dei graffiti di grandi dimensioni, che possano coinvolgere un’intera città».