«Un risparmio risibile di due stipendi a fronte di uno svilimento dei processi educativo-didattici, laddove si mettano insieme popolazioni scolastiche che superino di gran lunga i 900 allievi». Li spiega così gli effetti del dimensionamento scolastico la dott.ssa Maria Brutto, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo G. Bianco di Sersale, coinvolto nel piano regionale, che a partire dal prossimo anno accorperà anche l’istituto comprensivo Corrado Alvaro di Petronà.

Il futuro nuovo istituto scolastico avrà una popolazione studentesca di circa 800 alunni ma con plessi sparsi nel comprensorio dell’area interna, sviluppato tra i comuni di Sersale, Zagarise, Petronà, Cerva e Andali.

«Certo, non è il caso dei due istituti che coprono i cinque comuni dell’entroterra dove lo spopolamento inesorabile e progressivo falcidia le comunità interne, quanto piuttosto dei grandi istituti cittadini soccombenti alle manovre economiche dove il rapporto costo-benefici non è rassicurante: i costi culturali sono pesanti e i benefici economici irrisori» spiega la dirigente.

Per ora i plessi afferenti all’istituto G. Bianco sono cinque, frutto già di precedenti dimensionamenti e accorpamenti, di cui l’ultimo risalente al 2013. A partire dal prossimo anno scolastico saranno più che raddoppiati e spalmati su una più ampia area territoriale, quella presilana catanzarese, depauperata di servizi e adesso colpita dalla scure dei tagli alle scuole, ridotte in tre anni di duemila unità sul piano nazionale.

I due stipendi in meno a cui fa riferimento la dirigente scolastica sono, appunto, quello del dirigente perdente posto tra i due istituti da accorpare e del direttore dei servizi generali e amministrativi, figure entrambe che diventeranno superflue al momento della fusione «non indolore».

Ritiene utile la fusione di scuole?

«Per i piccoli istituti magari sì, ma per gli istituti già consistenti ci sono criticità. Non si tratta, infatti, per le scuole, di quanto accade nelle aziende da fondere il cui prodotto è il medesimo, ma di comunità educanti complesse a legami deboli dove si scardinano rapporti e relazioni di gruppi specializzati in dinamiche legate al territorio cui sottendono linee di indirizzo che rispondono alla specificità dell’istituto, protocolli organizzativi e metodologici differenti. Bisognerà quindi trovare un nuovo equilibrio relazionale, concordare un comune orientamento di metodologia didattica ordinaria e sperimentale e ciò richiede del tempo».

Le fusioni di grandi istituti, in particolare, generano «un sovraccarico organizzativo e burocratico» puntualizza la dirigente scolastica a «detrimento della cura, dell’educazione, della crescita e del benessere degli studenti».

Ma oltre agli aspetti organizzativi cosa comporta un dimensionamento in termini didattici?

«I processi di insegnamento-apprendimento necessitano di studio, cura, autovalutazione e analisi per il raggiungimento del risultato: la crescita armonica e integrata degli allievi. Nei mega istituti, ad esempio, si rischia che si sovrappongano gli scrutini, momento cruciale dell’azione didattica, da effettuare con criteri omogenei per assicurare a ciascuno le stesse opportunità e l’equità nel raggiungimento delle competenze, e di certo è una fatica riservare la stessa cura di quando si gestisce un istituto con un numero sostenibile di alunni».

Vi è poi il problema della sicurezza.
«Più aumentano i punti di erogazione, più aumenta il rischio che qualcosa possa sfuggire al controllo. Il problema – prosegue la dirigente scolastica – è che ci si sta sbilanciando eccessivamente verso un approccio manageriale che dimentica quanto sia atipica la realtà scolastica, il cui prodotto è immateriale ma fondamentale per la crescita culturale di un paese, facendo venire meno il tempo a disposizione per monitorare la qualità della didattica. È questo un aspetto a cui ho sempre dedicato molta attenzione, insieme alla innovazione. La scuola italiana si è sempre distinta nei livelli di competenza dei bambini di 9 anni nelle prove standardizzate internazionali in lingua e matematica. L’unità del sistema scolastico è cura dell’unicità».

Quindi la domanda senza risposta che ci si pone è «Il dimensionamento scolastico reso necessario dalla flessione della popolazione studentesca non avrebbe potuto rappresentare piuttosto una occasione per migliorare la qualità della didattica proprio in ragione di classi meno numerose? Il vantaggio economico è minimo rispetto alle conseguenze di un superamento della soglia di sostenibilità».
 

Quanto potrà essere inclusiva una scuola iperdimensionata, per gli studenti bisognosi di percorsi didattici personalizzati e individualizzati?

«Nelle scuole dimensionate servirà una paziente opera di reingegnerizzazione dei processi organizzativi, educativi, relazionali, tutti aspetti che alla fine si rischia distraggano dalla cura per la didattica, che dovrebbe mettere al centro lo studente e la sua crescita integrale».