A Catanzaro la seconda Conferenza nazionale sui beni confiscati. Presente anche la direttrice dell'Agenzia Maria Rosaria Laganà: «La lotta alla criminalità non si può limitare alla spoliazione del patrimonio se poi rimane inutilizzato»
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Un investimento di oltre 45 milioni per la restituzione dei beni confiscati alla collettività, per finalità sociali e istituzionali, attraverso azioni di recupero sistematiche e strutturate sul territorio, per garantire la gestione del bene. È una delle finalità del Piano di settore della Regione Calabria - approvato con deliberazione di Giunta - per la valorizzazione e la gestione dei beni confiscati: il piano è stato al centro dell'attenzione nella seconda Conferenza nazionale sui beni confiscati che si è tenuta a Catanzaro, alla presenza dal presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, del sottosegretario all'Interno, Wanda Ferro, del vicepresidente della Regione, con delega ai beni confiscati, Filippo Pietropaolo, la direttrice dell'Agenzia nazionale, Maria Rosaria Laganà e di rappresentanti anche di altre Regioni.
«Calabria capofila nella gestione dei beni confiscati»
«A me piacerebbe che la Calabria, grazie al contributo sinergico con il governo nazionale, l'Agenzia per confiscati, il sistema delle prefetture, le forze dell'ordine, potesse essere una regione capofila nella gestione e nell'utilizzo dei beni e delle aziende confiscati per dimostrare da qui che lo Stato è più forte e che solo lo Stato può garantire i diritti di tutti, a cominciare dai bambini» – ha dichiarato il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto.
«La Regione nel proprio piano - ha detto Occhiuto - ha previsto investimenti per circa 45 milioni per l'utilizzo e il recupero dei beni confiscati alle mafie attraverso il contributo dei Comuni. Abbiamo previsto anche delle procedure che rendono più semplice questo utilizzo perché spesso molte di queste attività sono state frenate da un eccesso di burocrazia: forme di semplificazione che stanno dando buoni risultati. Sono molto riconoscente nei confronti del governo nazionale perché non ha smesso di guardare alla Calabria con grande interesse nella scelta dei livelli apicali delle forze dell'ordine. Quando si crea un rapporto sinergico tra il ministero, il governo e le forze di polizia, si può dimostrare che in Calabria è lo Stato più forte della 'ndrangheta. Io sono quotidianamente impegnato in una attività di attrazione di investimenti da parte di imprese nazionali e multinazionali. Posso dire che c'è un profondo pregiudizio in ordine alla possibilità di investire in Calabria. Invece gli investimenti in Calabria oggi sono quelli più sicuri».
«In Calabria si può investire»
Occhiuto ha aggiunto pure che «la 'ndrangheta ha prodotto per la nostra regione un danno gravissimo, è stata uno spot terribile perché molti si sono convinti che in Calabria non sia possibile investire. A volte questo è diventato anche un alibi anche per chi ha governato la Calabria, che ha comunicato l'idea che nulla si potesse fare a causa della 'ndrangheta, dimenticando forse che chi governa ha un modo per lottare concretamente contro la 'ndrangheta, che non è quello di parlarne, ma è quello di operare costruendo condizioni di sviluppo. Noi paghiamo un danno reputazionale ma oggi c'è un controllo molto stringente da parte delle forze di polizia e della magistratura».
Nell'ambito che riguarda le aziende confiscate alla mafia «lo Stato ha fallito e continua a fallire, per questo dobbiamo lavorarci con più intensità. Non può accadere, in una regione dove lo Stato vuole essere più forte dei poteri criminali, che ci sia un'azienda, confiscata alla 'ndrangheta, che poi lo Stato fa fallire perché questo alimenta un danno antropologico» – ha aggiunto il governatore.
«Come Regione Calabria ci stiamo muovendo - ha aggiunto Occhiuto - con il vicepresidente Filippo Pietropaolo abbiamo fatto una delibera per dare assistenza tecnica agli amministratori giudiziari ma non basta perché quando si sequestra e si confisca una azienda le banche chiudono i rubinetti del credito e quell'azienda fallisce. Forse sarebbe molto meglio se si creasse una struttura capace di fare una 'due diligence' di questa azienda: noi stiamo immaginando, ed è importante che ci sia il contributo anche da parte del governo nazionale, di investire anche risorse pubbliche.
Abbiamo una finanziaria regionale e vorremmo costruire una società veicolo magari con una white list di imprese regionali, nazionali, che possono per esempio gestire centri turistici che altrimenti rischierebbero di diventare cattedrali. Dobbiamo continuare a lavorare in questa direzione, tentando di risolvere anche i problemi che le istituzioni finora non hanno saputo risolvere».
Per il presidente calabrese «il danno maggiore che la 'ndrangheta continua a fare in molte realtà è un danno antropologico. In alcune zone della Calabria si continua a pensare che lo Stato sia meno forte dei poteri criminali. In questi tre anni ho fatto delle esperienze straordinarie. Insieme al sottosegretario Wanda Ferro è stato molto bello quando è stato fatto implodere un manufatto costruito anche da 40 anni fa a Torre Melissa: si è dimostrato che lo Stato è più forte. Abbiamo fatto esperienze anche molto negative quando abbiamo inaugurato una caserma dei carabinieri in un paesino della provincia di Reggio, in un bene confiscato alla 'ndrangheta, con le finestre delle case vicine chiuse, e in quell'occasione i bambini che dovevano partecipare a questa iniziativa provenivano da altri comuni. È un danno antropologico questo, per questo è importante lanciare il messaggio che lo Stato è più forte, che quello che la 'ndrangheta ha costruito, lo Stato lo toglie via alla 'ndrangheta e lo mette a disposizione dei calabresi».
Pietropaolo: «Calabria al passo con le altre regioni»
«La conferenza nazionale - ha spiegato a sua volta Pietropaolo - è un incontro che ormai sta diventando un appuntamento costante per la Regione Calabria perchè riteniamo che sia importante annualmente confrontarsi con le esperienze delle altre regioni. La Regione Calabria si sta mettendo al passo con le altre regioni, soprattutto quelle del Sud, per l'utilizzo in maniera corretta di questi beni confiscati. E quindi fare un confronto ogni anno con l'esperienza delle altre regioni è utile».
Ferro: «Calabria apripista»
«La Calabria è una regione che ha fatto da apripista» nelle politiche di gestione e riutilizzo dei beni confiscati. Così il sottosegretario all'Interno, Wanda Ferro. «La Calabria - ha aggiunto Ferro - è stata antesignana anche rispetto al protocollo che è stato firmato nel 2023 dal presidente Occhiuto e dal ministro Piantedosi, rispetto al riutilizzo ma soprattutto a tutta quella grande partita che può' affiancare gli enti locali nella gestione, nella ristrutturazione e in altri casi ovviamente per quanto riguarda la demolizione dei beni. Una regione che sicuramente - ha proseguito il sottosegretario all'Interno - ha fatto da apripista. Tanto si sta facendo. Un grazie particolare all'assessore Pietropaolo per aver organizzato questa giornata, che parlerà in prima battuta dei beni confiscati, in seconda del disagio giovanile, ma soprattutto rappresenta uno Stato presente, uno Stato che sta legiferando, che sta varando norme importanti anche nel pacchetto sicurezza per quanto riguarda i beni confiscati, sia dal punto di vista delle aziende che verranno cancellate a monte, come le tante scatole vuote utilizzate soltanto per fatturazione, ma anche per la parte dei locali abusivi che dovranno essere dichiarati all'inizio, quindi al momento del sequestro, per comprendere se c'è una sanabilità e quindi una strada privilegiata rispetto ovviamente agli enti comunali, piuttosto che la demolizione. A questo - ha poi osservato Ferro - si aggiunge anche un nuovo tavolo che stiamo tenendo per quel che riguarda i beni confiscati all'interno delle aree Zes. Vagliare se si possono applicare le stesse procedure di semplificazione per mettere in condizione quel 5% di aziende salvabili di poter ripartire attraverso un mercato libero e soprattutto onesto».
Laganà: «Lavoriamo per il riutilizzo dei beni confiscati»
«La lotta alla criminalità non si può limitare alla spoliazione del patrimonio se poi il patrimonio rimane inutilizzato» – ha dichiarato Maria Rosaria Laganà,.
«L'Agenzia - ha spiegato - ha voluto rendere ancora più trasparente e condiviso il processo di destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, consentendo a tutti gli attori individuati dal Codice Antimafia di manifestare il proprio interesse alla destinazione. La completa digitalizzazione del processo amministrativo di destinazione migliora non solo la trasparenza, ma anche l'efficienza, la tracciabilità e l'accessibilità a beneficio di tutte le parti interessate, inclusi enti pubblici, organizzazioni non profit e cittadini.
Abbiamo poi avviato - ha proseguito il direttore dell'Agenzia nazionale per beni confiscati - delle interlocuzioni con vari soggetti che ci possono aiutare a superare alcune difficoltà, a esempio con l'Agenzia del demanio abbiamo firmato una convenzione per affrontate e risolvere le problematiche legate alla presenza di abusi all'interno degli immobili. Sono state avviate delle interlocuzioni ulteriori con il commissario della Zes con l'obiettivo di snellire e accelerare le procedure. Mentre a livello normativo, sono stati presentati diversi emendamenti al pacchetto sicurezza, che sono all'esame del Senato, per quanto riguarda la possibilità di richiedere la valutazione delle aziende già nella fase del sequestro, per capire se l'azienda e' capace di stare sul mercato o eventualmente decretarne al pià presto la fine per evitare che ci siano sprechi di risorse e favorendo l'insediamento di aziende che offrono lavoro legale».
Infine, Laganà ha osservato che «al Sud c'è il problema di un numero di beni a volte eccessivo, anche una concentrazione di tantissimi beni in piccoli contesti che non sempre agevola una progettualità valida per un loro riutilizzo. Abbiamo dei comuni in cui ci sono più beni confiscati che abitanti e sono anche beni che hanno una condizione strutturale precaria che richiedono investimenti maggiori. A Nord ci sono meno beni, più distribuiti e in condizioni migliori. In alcuni contesti regionali c'è na maggiore consapevolezza e voglia di cimentarsi con il riutilizzo dei beni. Ci sono altri contesti in cui le pressioni delle famiglie malavitose sono costanti e rendono abbastanza difficoltoso il dialogo con gli enti locali - ha concluso il direttore dell'Agenzia per i beni confiscati - su questo stiamo cercando di lavorare coinvolgendo le prefetture ed è un segnale importante perchè la lotta alla criminalità non si può limitare alla spoliazione del patrimonio se poi il patrimonio rimane inutilizzato».