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OPPIDO MAMERTINA (Rc) - La Madonna portata a spalla dai “fedeli”. Il solito percorso per le vie del paese. Una tradizione che si ripete nel tempo. Ma c’è un rito nel rito. L’omaggio all’abitazione del boss condannato all’ergastolo e posto ai domiciliari per motivi di saluti. Dinanzi alla sua casa la statua sosta per quasi un minuto. Quasi nessuno lo rileva. E’ la solita “procedura”. Il solito “rispetto”. Il solito inchino. Il sindaco “non si accorge di nulla”.
Il carabiniere fedele allo Stato. Per fortuna c’è Andrea Marino, un maresciallo dei carabinieri onesto e lontano dai clan, a relazionare agli organi competenti sulla vergogna di questo lembo di Calabria. Il suo sussulto d’orgoglio non risveglia la comunità dal torpore, ma quantomeno consente al mondo di conoscere come vanno le cose nella locride, dove le processioni divengono l’esemplificazione della forza del potere mafioso sulla comunità. E’ nell’occhio del ciclone Oppido Mamertina, salita all’improvviso alla ribalta della cronaca nazionale per un inchino, quello della statua della Madonna delle Grazie ad un boss della ‘ndrangheta.
La Dda avvia l’indagine. I carabinieri di Oppido Mamertina hanno immediatamente segnalato l’accaduto alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che ha quindi deciso di avviare un’inchiesta su quanto accaduto nel corso della processione della Madonna delle Grezie. L’indagine punta ad accertare l'eventuale livello di contiguità dei portatori della statua della Madonna e se la sosta era stata programmata o se pure sia stata una decisione presa all'ultimo momento. L'iniziativa della Dda reggina si svilupperà sulla base di quelle che saranno le notizie che saranno fornite dai carabinieri. “L’ossequio alla processione ad un elemento di vertice della ‘ndrangheta – dice il procuratore Federico Cafiero De Raho - è un fatto grave che dimostra la compromissione e l’inquinamento territoriale. La Chiesa – aggiunge – dovrebbe adottare provvedimenti molto forti perché non si ripetano gesti che finiscono con l’inquinare il diritto alle manifestazioni religiose dei cittadini”.
Il sindaco di Oppido: “Saremo parte civile”. Questa mattina il sindaco di Oppido Mamertina, Domenico Giannetta, ha incontrato i giornalisti per chiarire la sua posizione e quella della sua giunta in relazione alle polemiche sull’inchino della Madonna di fronte all’abitazione di un boss della ‘ndrangheta. “Qualora dovessero emergere reati a carico di terze persone da cui si evince che il significato del gesto reiterato nel corso degli anni era rendere riverenza alla criminalità organizzata, noi ci costituiremo parte civile nel procedimento a loro carico”. Per l'amministrazione del piccolo centro reggino bisogna condividere il pensiero del Santo Padre che solo quindici giorni fa aveva scomunicato la 'ndrangheta. "Noi condanniamo - conclude il sindaco - ogni gesto e ogni forma di criminalità".
Mons. Galantino contro i professionisti dell’antimafia. Sulla vicenda è intervenuto con una serie di dichiarazioni rilasciate a diversi organi d’informazione mons. Nunzio Galantino, vescovo della diocesi di Cassano allo Jonio, ma soprattutto segretario generale della Cei. “Dobbiamo metterci insieme, la malavita non si vince puntando il dito su questo e su quell'altro se ci fa o meno comodo. Io non accetto quello che ormai fanno i professionisti dell'antimafia, dobbiamo metterci insieme perché separati purtroppo perdiamo tutti". Dopo aver bacchettato i professionisti dell’antimafia, mons. Galantino ha invitato tutti ad evitare il tiro al bersaglio contro il parroco di Oppido Mamertina. "Dobbiamo stare attenti in queste circostanze a non giocare al tiro al bersaglio nei confronti del sacerdote che io non conosco, non conosco la sua pastorale ma dico in termini generici: stiamo attenti a non fare il tiro al bersaglio". Il segretario generale della Cei ha poi aggiunto: “I nostri sacerdoti e i nostri vescovi non devono essere lasciati soli”.
Mons. Nunnari: “Fermare le processioni”. Di episodio doloroso, da esecrare, ma anche da leggere in un contesto preciso di una realtà che tarda a cambiare e, purtroppo, ci si trova qualche prete implicato parla monsignor Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza e presidente dei vescovi calabresi. “Dispiace – ha dichiarato all’Ansa il presule - che i preti non abbiamo avuto il coraggio non di andare via ma di scappare dalla processione. Quando i carabinieri hanno lasciato, i preti dovevano scappare dalla processione. Avrebbero dato un segnale e di questi segnali abbiamo bisogno. Siccome sotto la vara può capitare che ci sia il mafioso di turno che fa poi il capo, allora – propone mons. Nunnari - bisogna avere il coraggio di fermare le processioni. Se fossi vescovo di quella città per un po' di anni non ne farei e credo che sarebbe cosa gradita alla Madonna”. Nei prossimi giorni si riunirà la Conferenza episcopale calabrese con tutti i vescovi chiamati quindi a pronunciarsi su come rendere concreto e praticabile il messaggio del Santo Padre sulla scomunica. "C'è un discorso da fare -ha aggiunto mons. Nunnari - sul senso canonico della scomunica e anche sul senso morale ed esortativo che il Papa ci ha dato dandoci forza. Se parlassimo meno, vescovi e preti, e agissimo di più sarebbe cosa buona".
L'osservatore Romano . Durissimo il quotidiano di riferimento del Vaticano. 'La vicenda non è la prima del genere in zone dove il pervertimento del sentimento religioso si accompagna spesso all'azione della criminalità e a un'acquiscenza dettata da paura o interesse, purtroppo ancora diffusa tra la popolazione'.