CATANZARO - Dopo mesi di sofferenze, incertezze e disagi per un posto di lavoro che sta per svanire, i lavoratori della Fondazione Campanella tornano a far sentire la loro voce. Con un documento affrontano questo loro calvario e chiamano in causa quanti, a loro dire, avrebbero compiuto scelte difficili da accettare e che avrebbero portato il polo oncologico di Catanzaro verso la chiusura.

 

 

La rabbia. "Sono mesi che lavoriamo senza sosta, spesso costretti ai doppi turni per garantire un servizio a chi merita veramente, i nostri ammalati. Abbiamo perso la dignita' da tempo - scrivono in una nota - costretti a mendicare i soldi per il carburante per raggiungere il posto o per fare la spesa in una situazione di stress psicologico continuo, con lo spettro del licenziamento collettivo che incombe su di noi. Questa triste situazione e la pressione continua che giorno dopo giorno viviamo, non ci fa operare con serenita' e inevitabilmente potrebbe ripercuotersi sull'attivita' assistenziale. Siamo, insieme ai pazienti, l'anello debole di una catena da tempo aggrovigliata per volonta' e responsabilita' di chi ha governato e governa la sanita' calabrese".

 

Una telenovela infinita. Partendo dal 2011, i lavoratori del centro oncologico hanno affermato: "Assistiamo giornalmente ad una Regione senza una visione strategica che per un verso sostiene la formazione erogando borse di studio per i percorsi di specializzazione medica, dall'altro, non crea le condizioni per tenersi stretti i professionisti alla fine del percorso formativo, che sono costretti a lasciare la propria terra e rivenderanno il proprio prodotto in altre regioni d' Italia e d'Europa. Nel frattempo, mentre tutto scorre, noi poveri infermieri e oss ce ne andremo a casa tra meno di trenta giorni- prosegue la nota - assistendo da spettatori, dopo aver dato anima e corpo per la Fondazione, all'ultimo atto messo in scena dai due soci "affondatori", ovvero l'attuazione parziale dell'intesa dell'1 Ottobre 2013. Con decreto del 18/07/2014, il Dirigente Generale del Dipartimento Tutela Salute e Sanita' della Regione Calabria, ha disposto il trasferimento il passaggio dei reparti della Fondazione a vocazione non oncologica dalla Fondazione stessa all'Azienda Ospedaliera Universitaria Mater Domini dimenticandosi che tale accordo prevedeva la costituzione di una societa' con l'istituto dell'in house providing che consentisse l'utilizzo del personale operante in quelle unita' operative".

 

Capolinea. Nel ricostruire, dunque, responsabilita' e passaggi dubbi, secondo il punto di vista dei dipendenti, gli stessi hanno sostenuto che tutto questo e' avvenuto "a spese dei 180 prima e 76 dopo, lavoratori, che saranno licenziati dopo nove anni di onorato servizio e dei cittadini calabresi che continueranno a pagare il ticket tra i piu' alti d'Italia, per coprire una crescente spesa sanitaria e foraggiare le altre Regioni".