La dieta mediterranea è stata al centro di un nuovo studio internazionale pubblicato sull’autorevole rivista Bmc medicine. In base ai dati raccolti, lo stile di alimentazione -che si basa soprattutto sul consumo di pane, pasta, cerali, verdura, frutta, e che non esclude pesce e carne -manterrebbe più giovane il cervello rispetto. Infatti, le persone che aderiscono alla cultura gastronomica tipicamente italiana e dei paesi del bacino del Mediterraneo da cui prende il nome, hanno fino al 23% di rischio in meno di sviluppare demenza in confronto a chi invece segue altri regimi alimentari.

Il legame con la Calabria

Il legame tra la dieta mediterranea e la Calabria è assai radicato. A Nicotera, infatti, tra anni ’50 e ’60, vennero effettuati studi sulla possibile correlazione tra abitudini alimentari e patologie cardiovascolari. In tale contesto, la cittadina costiera del Vibonese ospitò la base operativa dello studio. I dati furono sorprendenti: gli abitanti del sud Italia, delle zone rurali di Nicotera, per via dello stile di nutrizione vantavano un basso tasso di patologie cardiovascolari. Lo studio venne eseguito su 35 famiglie di Nicotera. Ad oggi la dieta mediterranea è il simbolo di uno stile di alimentazione sano tanto da essere stata dichiarata dall'Unesco patrimonio immateriale dell'Umanità.

Lo studio

Tornando allo studio, come si legge nella rivista scientifica, è stato portato avanti al fine di meglio indentificare le più efficaci strategie di prevenzione della demenza, considerata «una delle principali priorità di salute pubblica, a causa dell'enorme e crescente costo sociale di questa condizione». Il lavoro è stato diretto dal professor Oliver Shannon della Newcastle University. I numeri sono il vero punto di forza della ricerca: infatti gli esperti hanno analizzato i dati di 60.298 individui della Uk Biobank ovvero la Biobanca del Regno Unito. Si tratta di cittadini che avevano completato una valutazione dietetica. Il team ha utilizzato due misure per sondare l'aderenza alla dieta mediterranea.

Durante il follow-up medio di 9,1 anni ci sono stati 882 casi di demenza. I ricercatori hanno pure valutato il rischio genetico di demenza per ogni persona stimando il rischio poligenico (rischio di sviluppare malattie multifattoriali dovute a stile di vita e fattori ambientali), una misura di tutti i diversi geni correlati. I risultati sono stati chiari: «Una maggiore aderenza a un MedDiet è stata associata a un minor rischio di demenza, indipendentemente dal rischio genetico, sottolineando l'importanza della dieta negli interventi di prevenzione della demenza», evidenziano il team di studi. Continua a leggere su IlVibonese.it