Sabato 3 febbraio si è celebrata la commemorazione arbëreshe dei defunti. Si tratta di una delle festività più importanti della comunità Arbëreshe, che cade quindici giorni prima dell’inizio della grande Quaresima. L’officiatura dei defunti è similare per tutte le chiese della diocesi anche se, ovviamente, ci sono delle differenze tra le varie comunità che riguardano prevalentemente i giorni relativi alla durata. In alcune comunità dura sette giorni, mentre in altre si arriva ad otto o addirittura a nove giorni, durante i quali i fedeli pregano per i loro defunti anche grazie ai canti che si alternano tra l’officiante e la platea.

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La commemorazione dei defunti è parte integrante del carnevale e si crede che le anime vengano a trovare i propri cari in una sorta di congiunzione che dura in eterno, come la resurrezione ciclica del grano che piantato nel terreno ha la possibilità di germogliare di nuovo e dare nuovi frutti, che a loro volta genereranno nuova vita.

Si tratta di un rito ancestrale che tramanda da mille anni e che consente ai cari di sentire la vicinanza con le anime dei defunti, queste rimangono una settimana con i loro cari per guardare le loro abitudini ed aiutarli nella loro vita quotidiana, ma il sabato è il giorno più triste perché devono fare ritorno nel luogo del loro riposo ed attendere di nuovo un altro anno prima di poterli rivedere. Per questo motivo c’è un proverbio che recita: “Ardhshingjithë të shtunat, jo e shtuna e shales”.

Nelle sue diverse forme, esprime il desiderio che tutti i sabati siano accolti con gioia, eccezion fatta per quello dedicato al ritorno delle anime nell'oltretomba, con un desiderio implicito di prolungare la “presenza” di questi defunti che tornano a visitare i loro cari. Una celebrazione, questa che implica un’unione con il tempo passato.