Le operatrici dell'associazione intitolata alla giovane uccisa due anni fa a Scalea dall'ex compagno spiegano come le donne vittime di violenza possono avvicinarsi alla loro realtà e quale genere di supporto possono offrire loro
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Sono passati due anni da quella mattina di domenica 2 ottobre 2022, quando la città di Scalea si svegliò con una notizia agghiacciante: nella notte Antonio Russo, 25 anni, professione guardia giurata, ha ucciso la ex compagna e madre di sua figlia, Ilaria sollazzo, con una raffica di colpi di arma da fuoco. Poi ha girato l’arma verso sé stesso, puntandosela al petto e ha sparato di nuovo. Una notizia che ha sconvolto la cittadina del Cosentino e la Calabria intera. Mentre il ricordo di Ilaria continua a vivere, nell'amore dei sui familiari e nell'impegno dell'associazione e dello sportello antiviolenza che un anno dopo la sua morte le sono stati dedicati.
«In realtà, questa associazione contro la violenza sulle donne esiste già da dodici anni, solo che portava il nome di Tina Lagostena Bassi, il primo avvocato che si occupò di un processo per stupro. Poi, purtroppo, è successo questo nella nostra cittadina e quindi abbiamo pensato fosse giusto ricordare Ilaria anche in questo modo». Spiega ai microfoni di LaC Rosita Caputo, una delle donne in prima linea per far funzionare lo sportello antiviolenza.
«La prima cosa che noi facciamo - ci dice poi Stefania Gullace - è accogliere ed ascoltare, semplicemente. Poi è una scelta della signora, della ragazza, chiunque essa sia, decidere come vuole procedere, cosa vuole fare. Dopodiché, in base al problema, in base a quello che lei ci racconta e ci dice, noi diamo dei consigli sul da farsi, però giustamente poi è solo una sua scelta se denunciare, non denunciare, oppure se seguire un percorso con noi. A volte è capitato anche che le abbiamo indirizzate verso delle case famiglia, allontanandole».
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«Tutto ciò che viene detto all'interno dello sportello, tutto ciò che viene confidato a noi, rimane tra di noi, non viene diffuso a terzi, perché siamo tenuti al segreto. Valutiamo poi il caso insieme al team, io sono l'avvocato, abbiamo anche una psicologa, le operatrici, qual è il piano più opportuno per quella donna per uscire dalle violenze», dice sempre ai microfoni di LaC Tv Fatima Kochtab dello sportello "Ilaria Sollazzo".
E ancora, Tiziana De Bonis: «Qual è il segnale che deve far scattare il campanello d'allarme? La prima avvisaglia, non bisogna mai aspettare la seconda. Purtroppo il problema è proprio quello, non ci si rende conto subito di essere vittima di violenza, anche psicologica ed economica, è difficile rendersi conto di questo ma, appena ci si rende conto, bisogna interpellare immediatamente le istituzioni».