Il vicepresidente del Consiglio regionale ospitò l'ex Br nel comune di cui era sindaco: «L'esperienza della lotta armata è stata giustamente archiviata ma cosa abbiamo fatto perché le radici di quella violenza fossero estirpate?»
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«Ieri, a Roma è morta Barbara Balzerani l’ex brigatista che fu a capo del commando romano implicato nel rapimento di Aldo Moro e responsabile di diversi omicidi tra cui quello dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti. Di fronte alla morte siamo tutti inermi e, forse, per chi ha la fortuna di avere fede è consolatorio pensare ad un giudizio divino. Di certo, il giudizio umano sulla vita della Balzerani non può che essere negativo e di condanna per le atrocità commesse in un periodo buio della storia italiana. Tuttavia, nell’occasione della sua scomparsa voglio condividere un ricordo e, in qualche modo, una riflessione». A scriverlo è il vicepresidente del Consiglio regionale Franco Iacucci.
«Quando ero sindaco di Aiello Calabro, nell’agosto del 2009 – ricorda – invitai a presentare nel mio piccolo comune Barbara Balzerani, allora in libertà vigilata dopo avere scontato 26 anni di carcere, uno dei suoi libri “Perché io, perché non tu”. All’epoca la sua presenza suscitò parecchie polemiche: il figlio del compianto sindaco di Firenze mi denunciò e l’attuale presidente della Regione Roberto Occhiuto, allora deputato dell’Udc, presentò un’interrogazione parlamentare al Ministero dell’Interno. Fui costretto, in qualche modo, a difendere la mia scelta di invitare la Balzerani e ancora oggi non me ne pento. Sicuramente una scelta difficile. Fu un pomeriggio interessante, in una piazza gremitissima. Ricordo con un affettuoso inciso che la presentazione del libro fu moderata dal compianto Pino Grandinetti, giornalista della Rai di origine aiellese. Partecipò all’iniziativa anche il professore Franco Crispino».
«Il racconto di quegli anni da una prospettiva “diversa” – prosegue Iacucci – è stato secondo me educativo, anche per i tanti giovani presenti. Uno strumento didattico se letto con un’adeguata conoscenza degli anni di piombo. Un esempio di come la voglia di cambiare la società e di lottare contro le ingiustizie non può e non deve mai sfociare nella violenza e nell’odio. La storia ci insegna anche questo e per fortuna quegli anni sono relegati nel passato ma non bisogna mai dimenticare».
«Ricordo – scrive ancora il consigliere dem – che mi colpì della Balzerani uno sguardo quasi di ghiaccio, la serietà e la gravità che metteva nelle sue parole. Disse che dopo 26 anni di carcere le ingiustizie contro cui aveva lottato non erano per niente venute meno, semmai il mondo era diventato più ingiusto e la lotta e una lotta pacifica non armata, era ancora necessaria. “Nessuno ha voluto riflettere sugli anni ’70 e sulla scelta errata della lotta armata. Non emergono altre responsabilità se non le nostre” disse ancora. Come avverte Erri De Luca nella prefazione al volume occorre comprendere cosa “sta dietro ai fatti e agli episodi, che giustifica scelte ma allo stesso tempo obbliga a porsi interrogativi sul senso di quel percorso che chiamiamo vita”».
«L’esperienza delle Brigate Rosse è stata superata e archiviata ma cosa abbiamo fatto perché le radici di quella violenza fossero estirpate? Cosa abbiamo fatto per eliminare le motivazioni di fondo che spinsero tanti giovani a spezzare vite umane e a buttare via anche la loro? Il malcontento sociale, le divisioni, le diseguaglianze sono ancora là – aggiunge –. La morte di Barbara Balzerani riapre tantissimi interrogativi e ci obbliga a riflettere su quegli anni e sul sogno mai abbandonato di un mondo più giusto. Perché possiamo consegnare ai nostri giovani gli strumenti per lottare, per urlare i loro diritti – ultimamente nonostante i manganelli – e per costruire non solo la pace sociale ma anche la giustizia».
«Vorrei concludere con altre riflessioni di Erri De Luca: “Eravamo nelle stesse strade, negli stessi urti contro i poteri costituiti, avevamo collere e compassioni uguali. Le forme furono diverse, le vite nostre e di molti di noi si suddivisero minuziosamente in destini simili a frantumi…Così si è chiuso il nostro secolo enorme, quale ubriaco ha scritto che fu breve? Il nostro 1900 è stato il più largo campo di azione della storia umana. Noi che invecchiamo in un’altra centuria la consideriamo un tempo supplementare, una prolunga del secolo nostro. Sfoglio le tue storie, riconosco la tua voce sottile che non ha permesso a nessuna reclusione di toglierle il diritto di parola”. Barbara, che la terra ti sia lieve».