Donato Bendicenti, classe 1907 di Rogliano, avvocato e militante comunista, Francesco Bucciano, impiegato e militante del Movimento Comunista Italiani classe 1894 di Castrovillari, Paolo Frascà, classe 1898 di Gerace Superiore, impiegato e componente del Comitato Nazionale di Liberazione, Giuseppe Lo Presti, romano classe 1919, dottore in legge, militante socialista nato da genitori palmesi (Antonino Lo Presti e Augusta Marchetti) emigrati nella Capitale, e Giovanni Vercillo, classe 1908, funzionario della Corte dei Conti e militante nel gruppo Fossi del Fronte militare clandestino di resistenza, di Catanzaro, dove oggi sarà commemorato alle 17 nella via che porta il suo nome, su iniziativa del Comune e in collaborazione con l’associazione Nazionale Partigiani d’Italia.

Cinque “caduti ardeatini” calabresi

Così sono definiti nei fascicolo in cui sono stati raccolti i documenti reperiti su ciascuno di loro presso l’archivio Vittime del Mausoleo dell’eccidio delle Fosse Ardeatine a Roma. I cinque caduti ardeatini calabresi, vittime dell'eccidio a opera del comando tedesco come rappresaglia a seguito dell'attentato di via Rasella a Roma, sferrato dai Gruppi di azione patriottica e unità partigiane nel giorno del 25° anniversario della fondazione dei Fasci di combattimento, il 23 marzo 1944. Morirono 33 soldati tedeschi del reggimento Bozen.

La strage per punire l'attentato

I nazisti, guidati dal colonnello Herbert Kappler, già noto per la deportazione di oltre milleduecento ebrei verso Auschwitz dal ghetto di Roma, il 16 ottobre del 1943, coadiuvato dal capitano Erich Ernst Bruno Priebke, come atto ritorsivo, il giorno dopo, fece uccidere 335 di civili e militari, detenuti politici, ebrei o semplici sospetti individuati di concerto con il questore fascista Pietro Caruso. Dopo averli trasportati in una cava di tufo situata tra le catacombe di Domitilla e di san Callisto sulla via Ardeatina, e li trucidarono. Era il 24 marzo 1944.

Una delle pagine più cruente della Resistenza romana e la più tragicamente emblematica della repressione nazista in Italia. 81anni fa il massacro in cui ogni militare tedesco fu vendicato con l'uccisione di dieci italiani. Il Capo di Stato, Sergio Mattarella, quest'anno al suo decimo anno di mandato, nel 2015 appena eletto rese onore alle vittime visitando il sacrario come primo da presidente della Repubblica.

Nel luogo in avvenne l'eccidio, dal 1949 sorge un sacrario in cui un’enorme pietra tombale sovrasta i 336 sacelli. Uno è dedicato a tutti i martiri d’Italia morti nelle stragi nazifasciste. Gli altri sono numerati in base all’ordine nel quale i corpi furono ritrovati.

Giuseppe Lo Presti

Essendo i suoi resti custoditi nel sacello numero 4, il corpo di Giuseppe Lo Presti fu tra i primi a essere ritrovato. Il più giovane dei caduti ardeatini calabresi. Soltanto 24 anni. Classe 1919, dottore in legge, cattolico militante socialista, era nato a Roma da genitori palmesi (Antonino Lo Presti e Augusta Marchetti) emigrati nella Capitale. Sottotenente di Artiglieria VIII Corpo d'Armata, capo zona militare, partigiano combattente Medaglia d'oro al Valor Militare, era stato arrestato il 13 Marzo 1944 in piazza Indipendenza a Roma dalle SS per la sua militanza politica. Fu detenuto nel terribile carcere di via Tasso, a disposizione dell'Aussen-Kommando sotto inchiesta della polizia.

«Con l'ardore della giovinezza e l'audacia dei forti, accorse all'appello della Patria. Ispettore di zona, presente sempre nelle imprese più rischiose si distingueva, per la calma fredda e il valore insuperabile. Animatore infondeva la fede nell'animo dei dubbiosi e li trascinava nelle azioni più ardite. Mentre con nobile senso di altruismo tentava di mettere in salvo un compagno minacciato di arresto, veniva egli stesso catturato e trascinato nel covo di via Tasso. Ripetutamente sottoposto alle più inumane sevizie trovava nella propria fede la forza per resistere e tacere fieramente, salvando cosi la vita dei suoi compagni di lotta. Il piombo nemico, alle fosse Ardeatine, troncò la eroica e breve esistenza. Roma, 24 marzo 1944». Questa la motivazione della Medaglia d'Oro al Valor Militare.

Paolo Frascà

Paolo Frascà (sacello 78) di anni ne aveva 45. Classe 1898, nato a Gerace superiore, impiegato e componente del Comitato Nazionale di Liberazione. Anche lui di religione cattolica e a disposizione dell'Aussen-Kommando sotto inchiesta di polizia. Non si hanno notizie dell'arresto e della detenzione nei documenti disponibili nell'archivio Vittime del Mausoleo della Fosse Ardeatine.

Giovanni Vercillo

Subito dopo il corpo di Paolo Frascà fu ritrovato quello di Giovanni Vercillo (sacello79), classe 1908, funzionario della Corte dei Conti e militante nel gruppo Fossi del Fronte militare clandestino di resistenza, di Catanzaro. Cattolico, capitano addetto allo Stato Maggiore a Monterotondo, fu arrestato il 18 Marzo 1944 in via Lucullo a Roma dalle SS, per sospetti collegamenti con le autorità miliari alleate. Fu detenuto nel terribile carcere di via Tasso, anche lui a disposizione dell'Aussen-Kommando sotto inchiesta di polizia.

Francesco Bucciano

Francesco Bucciano (sacello 159), classe 1894, nato a Castrovillari e residente a Roma. Impiegato Firmar, partigiano, cattolico e militante del Movimento Comunista Italiani, fu arrestato il 21 Marzo 1944 a Ovra e detenuto presso la Pensione d’Oltremare, prima sede della banda di Pietro Koch (Reparto Speciale di Polizia) e poi nel braccio italiano di Regina Coeli, a disposizione della Questura per motivi politici. Aveva 49 anni.

«Ufficiale di Fanteria, veterano di due guerre, in Libia e quella del 1915-1918, fu tre volte ferito. Durante il ventennio fascista rimase oppositore tenace e convinto.

Subì molestie e ricatti. Fu costretto ad abbandonare il lavoro e a vivere di stenti e di onorati espedienti pur di non chinare la testa alla tirannide», si legge sulla sua “scheda di Martire” nell'archivio Vittime del Mausoleo della Fosse Ardeatine.

Donato Bendicenti

Donato Bendicenti (sacello 185), classe 1907 di Rogliano, avvocato e militante comunista nel cosentino. Cattolico, appartenente alla Banda patrioti del Trionfale diretta dal colonnello Vetere, fu arrestato il 3 Marzo 1944 a Roma dalla Banda Caruso e poi detenuto a Regina Coeli, a disposizione della Questura per motivi politici. Partigiano, Medaglia d'argento al valor militare. Aveva 36 anni.

«Tenente partigiano combattente. Subito dopo l'armistizio con fedeltà a con dedizione, si prodigava nella lotta di liberazione distinguendosi come propagandista attivo ed ardimentoso. Caduto in mani nemiche, lungamente interrogato, nulla rivelava. Sacrificato alla rappresaglia tedesca, cadeva per gli ideali di Libertà di Patria che aveva sempre nobilmente serviti». È quanto si legge nella motivazione della Medaglia d'argento al valor militare.

La giustizia fallita e quella tardiva

Nel 1947 Kappler, arrestato dagli inglesi, fu processato e condannato all’ergastolo da un tribunale militare italiano. Dopo essere stato rinchiuso nel carcere di Gaeta, nel 1976 fu trasferito all’ospedale militare del Celio per motivi di salute dal quale riuscì ad evadere nel 1977. Priebke, estradato dall'Argentina soltanto nel 1995, fu processato per l’eccidio nel 1996 prima dal tribunale militare giudicò il reato estinto. Una sentenza che destò sdegno nei familiari e nell'opinione pubblica. Fu poi condannato all’ergastolo dalla Corte d’appello nel 1998, scontando poi la pena, per l'età avanzata, ai domiciliari. Morì a Roma nel 2013.