VIDEO | Da 16 anni gli attivisti del Crtm, gestito dalla onlus Blue conservancy, si batte per la salvaguardia di questa specie a rischio di estinzione attraverso un percorso di cura e riabilitazione
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Dal 2006 un gruppo di volontari porta avanti l’importante missione del Centro recupero tartarughe marine di Brancaleone (Crtm) gestito dalla onlus Blue conservancy creata per la salvaguardia di questa specie a rischio di estinzione. Non potendo contare su alcun tipo di finanziamento, l’associazione supporta il centro di recupero dal 2009 tramite delle attività di raccolta fondi: campus estivi di volontariato, visite guidate, adozioni a distanza di tartarughe, progetti educativi.
Il Crtm opera nel territorio della città metropolitana di Reggio Calabria e in provincia di Messina ed è a tutti gli effetti un ospedale in cui gli esemplari in difficoltà, segnalati all’associazione, vengono poi trasferiti per ricevere le opportune cure da un personale di veterinari altamente competente, che segue le tartarughe in un percorso di riabilitazione con l’obiettivo di rilasciarle il prima possibile nel loro habitat naturale.
Numerose minacce mettono a dura prova l’esistenza delle tartarughe marine, dall’inquinamento al traffico nautico passando per la riduzione dei loro habitat di nidificazione. Il pericolo maggiore per questi animali arriva però dalla pesca commerciale.
«Ogni anno - spiega Filippo Armonio, responsabile del Crtm - solo nel Mediterraneo vengono catturate accidentalmente 150mila tartarughe dalla pesca, principalmente con lo scopo di catturare tonno e pesce spada; di queste sono 50mila quelle che muoiono durante la cattura e la restante parte viene lasciata al suo destino. Non avendo la tartaruga marina un valore commerciale, il pescatore non ha interesse a tirarle a bordo e di conseguenza taglia la lenza e le lascia alla deriva. Galleggiano poi per alcuni mesi e una piccolissima parte (circa 200 all’anno) ci viene segnalata e le recuperiamo».
Ami da pesca, lenze e reti costringono i medici del Crtm a dover intervenire con delicate operazioni per tentare di salvare la vita alle tartarughe in difficoltà. È il caso ad esempio della piccola Caretta caretta chiamata dai volontari Elodie, di 2 anni, recuperata lo scorso luglio a Condofuri, nel Reggino, intrappolata in una lenza da pesca e con una pinna anteriore in cancrena. Dopo l’amputazione dell’arto Elodie sta seguendo un percorso riabilitativo che la porterà un giorno a poter tornare in libertà.
«Noi, come cittadini e consumatori - continua Armonio - possiamo fare veramente tanto. A partire dalla riduzione del consumo di pesce spada e tonno, allargando quindi la dieta al pesce di stagione e poi un altro aspetto di fondamentale importanza è quello legato al consumo di plastica, le tartarughe scambiano questo materiale per meduse, per cibo e rimangono quindi vittime della plastica, dovremmo ridurre il suo consumo prediligendo quelle aziende che fanno confezioni in materiali come cartone o comunque materiale riciclabile».