In seguito ai disastri prodotti dal maltempo nell’ultimo periodo in Calabria, scende in campo Legambiente. Il presidente regionale, Francesco Falcone, auspica un incontro tecnico, sul quale concorda l’Ufficio di presidenza e la struttura del dott. Siviglia, in cui vengano coinvolti tutti i soggetti interessati per fare il punto sul dissesto idrogeologico nel nostro territorio.


«Tre anni fa, scrive il Presidente Falcone, in una lettera aperta - sempre nella stessa area della Sibaritide - il Crati esonda, distrugge gli scavi archeologici di Sibari (si disse a causa degli argini rotti dalle "nutrie"), si dimentica la nostra denuncia sul Coriglianeto di centinaia di case abusive nell’alveo fluviale e di un immobile in un'area dedita a vasca di laminazione, degli agrumeti impiantati negli alvei dei fiumi e le denunce di occupazione illegale nel demanio fluviale dell'allora sovrintendente archeologica. Si dimentica il disastro di Rossano a causa della deviazione di un corso d'acqua per realizzare immobili, fiumi tombati in pieno centro abitato per realizzare con fondi comunitari palazzi e marciapiedi».


Falcone sottolinea che «non ci si rende conto, non ci si vuole rendere conto, che il territorio regionale è fuori controllo, non è manutenuto, non vi è nessuna attività di prevenzione (argini e fiumi non ripuliti ma luogo di abbandono di rifiuti, di prelevamento illecito di inerti). Incendi che hanno devastato molta parte del territorio regionale e non vi sono più le attività di manutenzione del bosco, ma vi sono tanti tagli e tanti sono abusivi».


Alla luce di queste considerazioni, Falcone si chiede: «Rispetto a tutto ciò le istituzioni cosa fanno, come governano il territorio?» e dice di essersi «confrontato con la Regione Calabria e con il Dirigente Uoa. Forestazione e Montagna» e di aver appreso «con sorpresa, che tutto è noto, che tutto è stato monitorato e pianificato e che il problema sono le risorse».


«Il dottore Siviglia – prosegue - mi ha indicato la Delibera del Comitato Istituzionale n. 2 dell’11 aprile 2016 nella quale si riscontrano tutte le nostre analisi. Quindi la Regione conosce lo stato della difesa del suolo ed ha una programmazione».


Il presidente scende poi nel dettaglio: «Nel documento realizzato dall’Autorità di Bacino della Regione Calabria “Difesa del Suolo. Stima dei costi e stato di attuazione degli interventi di messa in sicurezza”, all’allegato 1 si legge: l’elevata antropizzazione localizzata proprio in prossimità di zone vincolate a rischio idraulico, l’insufficiente cura manutentiva dei corsi d’acqua, le attività estrattive in alveo spesso abusive, la cementificazione non controllata, concorrono a rendere il territorio particolarmente vulnerabile a tali eventi. La concomitanza di questi fattori, associata alle caratteristiche geomorfologiche del territorio regionale, nonché alla manifestazione di eventi pluviometrici sempre più intensi e frequenti a causa dei cambiamenti climatici su scala mondiale, compromettono il delicato equilibrio idrogeologico del suolo. Rispetto a questo da anni denunciamo abusi ed illeciti, chiediamo ad esempio di dare seguito alle ordinanze di demolizione in varie parti della Regione e di de localizzare i manufatti in aree a rischio, ma nulla succede. Nel documento si dice ancora: si rileva che tali fenomeni, nella gran parte dei casi, si ripetono nelle stesse zone e con caratteristiche sostanzialmente analoghe, interessando prevalentemente bacini idrografici di piccole e medie dimensioni. Allora se così è ci chiediamo poi perché non si programmano interventi e non si attivano gli Enti come i Consorzi di bonifica e Calabria Verde?» si domanda.


E ancora: «Alla frammentazione del territorio in più di 1000 bacini idrografici con superficie maggiore di 0,5 mq, alla sua elevata sismicità, al regime pluviometrico, fa riscontro una diversa distribuzione degli insediamenti umani verso le zone costiere e/o verso i bordi dei rilievi collinari fino all’occupazione di aree di incerta stabilità. A queste dinamiche geo-antropologiche – prosegue il documento - sono da correlare le esondazioni dei corsi d’acqua, gli elevati volumi solidi trasportati a valle per effetto della franosità dei bacini montani, il sovralluvionamento delle porzioni vallive e la loro crescente pensilità».


«Ma perchè esonda il Crati?» si chiede ancora. «Perchè è un fiume aggredito, devastato. Esiste anche uno strumento il cosiddetto Contratto di fiume, purtroppo anche quello solo sulla carta che non realizza e non raggiunge i suoi obiettivi di difesa e valorizzazione del territorio. Tutti questi eventi ed i conseguenti danni sottolineano l’urgenza di un approccio organico alle problematiche di difesa del suolo indirizzato ad un ripensamento complessivo delle strategie regionali che non possono prescindere dall’attuazione di una seria politica di prevenzione. Viviamo invece in una regione e in un Paese in cui si passa da emergenza ad emergenza, ripetendo sempre gli stessi errori con sperpero del denaro pubblico» conclude Falcone.