«Anche questa volta i cittadini dicono No alle trivelle»: così annunciano una manifestazione per domani 14 ottobre Italia Nostra di Crotone, Casabona, Cirò, Soverato Guardavalle, Alto Tirreno Cosentino, Vibo Valentia, Lamezia assieme ad Arci Crotone, Gak, Paideia Crotone, TrashchallengeKr, Movimento per la difesa dei diritti dei cittadini.

«Il patrimonio archeologico paesaggistico naturale di Capo Colonna deve essere tutelato e salvaguardato. L’articolo 9 della Costituzione Italiana lo impone» prosegue l’appello che dà appuntamento a domani alle ore 10 per un sit-in a Capo Colonna per dire No alle trivelle a Capo Colonna.

Dopo le decennali polemiche sull’attività estrattiva di gas metano, per non parlare di quelle sulla mancata bonifica, non c’è da stupirsi se il da sempre complicato rapporto tra Eni e la città di Crotone, in questi giorni, rischia di incrinarsi ulteriormente per l’avvistamento, in pieno parco archeologico, di derrick, gru e ciminiere per pozzi.

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Si muovono le associazioni perché qualsiasi storico o archeologo, a qualsiasi latitudine, apprezza Kroton e la sua storia millenaria non solo per la Magna Grecia che già basterebbe per “nutrire” un territorio che invece langue all’ultimissimo posto di qualsiasi classifica di indicatori economici e sociali, ma per l'intera ricchissima cultura storico religiosa dei tempi successivi.

Una delle caratteristiche davvero uniche al mondo è che in questa martoriata terra sono nati o passati per segnare indelebilmente il mondo Pitagora, Milone, Faillo, Filolao ed Alcmeone (solo per citare i più noti) e finanche Annibale (che da qui ripartì per fare ritorno a Cartagine). Dopo, oltretutto, è cresciuto e si è consolidato prima il granaio del Mediterraneo in epoca medievale, poi i vicari di Carlo V che intuì quanto questi territori fossero strategici nel suo obiettivo di unire in una monarchia universale cristiana gran parte dell'Europa. Fuoriclasse delle visioni mondiali e degli studi scientifici che generano ancora approfondimenti nei campi della filosofia, della scienza, della matematica e della medicina, tutti accomunati da un legame fisico e metafisico con Crotone e le sue origini.

Paolo Orsi, ritenuto, in patria ed all’estero, il più attivo e fortunato esploratore archeologo che vanti l’Italia, dal 1907 assunse, dopo incarichi e studi in Sicilia, anche la direzione dell’appena costituita Regia Soprintendenza agli scavi e musei di Reggio Calabria con competenza sulle provincie di Reggio, Potenza, Cosenza e Catanzaro (che allora annetteva anche Crotone). Solo da quell’incarico Crotone ebbe occasione di essere “scavata” e studiata in maniera scientifica, proprio partendo dal santuario di Hera Lacinia, facendo emergere il muro peribolare, l’area del tempio e, più a nord, l’area del balneum romano oltre che un prezioso pavimento mosaicato con i delfini facente parte di un ampio edificio termale di epoca greco-romana. Oltretutto nella limitrofa Punta Scifo, a sud di Capo Colonna, Paolo Orsi trovò nel 1916 un tesoretto di aurei bizantini, di cui si conservano 80 esemplari degli originali ed avviò approfondimenti sulla scoperta subacquea dei marmi, proprio a Punta Scifo.

Eppure il sindaco rassicura: «Al fine di dare giusta e opportuna informazione alla comunità cittadina, ho sentito i referenti di Eni in relazione alle attività in corso a Capo Colonna e mi è stato comunicato che si tratta di controlli di routine sul Cluster Linda (Pozzo Linda 1 e Linda 4)», specifica il primo cittadino in un comunicato.

Ma già solo andando e venendo dal promontorio Lacinio, sono più evidenti le indicazioni stradali per gli insediamenti di Eni Agip che quelle per la Colonna superstite del santuario votato ad Hera, che è simbolo più di una Calabria che ancora stenta sugli investimenti turistici ed archeologici. Anche perché i crotonesi (e non) qui subiscono il torto di fruire di quello che ostinatamente viene denominato parco archeologico ed invece vede abitazioni e ville private più o meno chiuse, cancelli e buchi nemmeno rattoppati, il cemento del piazzale della chiesetta della Madonna di Capo Colonna, tra l’altro a restauro, che seppellisce un foro romano ed il famoso succitato “mosaico dei delfini” scoperto nel 1910 da Paolo Orsi, mai reso fruibile.

Vedere oggi dunque questi “nuovi” lavori riguardo ai quali anche il sindaco si è precipitato a specificare che sono «solo controlli relativi alla sicurezza delle apparecchiature, rientranti nelle normali attività di controllo da parte della società», sui social ha scatenato un qualunquismo di maniera che non tiene fuori «Polo museale della Calabria, Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le province di Crotone e Catanzaro e Polo museale della Calabria c/o il Museo archeologico di Capo Colonna» tirati in ballo dal primo cittadino come competenti.

Così come le navi da crociera che vengono e vanno, e che guardano solo dal mare il promontorio sacro sin dal 500 avanti Cristo, accontentandosi di pozzi e piattaforme che spuntano come isole, anche ai crotonesi non rimangono che polemiche da tastiera di fronte a questo ennesimo pozzo avvelenato da evidenti contraddizioni; ed anche la minacciata manifestazione rischia solo che si scagli (o incagli) sull’inerzia degli epigoni di Pitagora, Milone, Filolao, Faillo, Alcmeone.