La Regione, i profeti dell'inciucio e il realismo della politica

di Pasquale Motta
9 gennaio 2015
15:45

La polemica sul presunto inciucio per l'elezione dell'ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale dilaga, almeno, su alcune testate. Onestamente è una lettura che non mi convince, anche perché, almeno a mio avviso,  quanto è avvenuto non mi pare  che abbia le caratteristiche dell'inciucio. Non si dispiacciano dunque, i soliti professionisti della delusione, gli scandalizzati a trucco, i dispensatori di moralismo d’accatto se, la mia analisi delle vicende politiche si posiziona all’opposto delle loro logorroiche congetture. E’ evidente a tutti che l'aula abbia riservato nel segreto dell'urna qualche segnale politico per molti inaspettato, d'altronde a palazzo Campanella non si riunisce una conventicola di “Carmelitane Scalze” per recitare il Santo Rosario, ma un consesso istituzionale e politico che, a volte, può riservare variabili e sorprese. Una lettura ed una analisi politica corretta, presuppone la conoscenza delle dinamiche che hanno determinato tali variabili e tale sorprese e incastrarle un po’ come le caselle di un puzzle. Proverò a farlo, con l’obiettivo di dare compiutezza al mio ragionamento.


PRIMA QUESTIONE. Coloro che oggi gridano all'inciucio o sostengono la fatidica frase: "io ve l'avevo detto". Rivelano una certa approssimazione nell’analisi, soprattutto se, sono gli stessi che in questi mesi, quasi sempre n maniera maniacale, hanno sostenuto  la “teoria dell'inciucio” propinandoci a fasi alterne anche la merce di scambio dell’inciucio stesso  per Pino Gentile: la Presidenza del consiglio, l’entrata in Giunta, il mantenimento della "sovranità" sull'ASP cosentina. Mi pare che nessuna di queste previsioni sia stata azzeccata. Certo,  poi ognuno ha le sue convinzioni in merito, e  ci mancherebbe altro, tuttavia, dopo una sequenza di bufale di questo tipo, vedere alcuni opinionisti  atteggiarsi a maghi della previsione politica, mi sembra alquanto grottesco. E’ noto che qualsiasi inciucio presupporrebbe uno scambio,  una cessione di sovranità politica nelle caselle del potere. Dall’assemblea regionale non mi pare che sia venuta fuori una situazione di questo tipo. La maggioranza  ha portato a casa il Presidente ed i componenti dell'ufficio senza cedere nulla a chicchessia. Tutto come previsto e come lo stesso Oliverio aveva più volte annunciato.



SECONDA QUESTIONE. La  minoranza, alla prova dei fatti, si è frantumata in tre tronconi. Confermando tutte le indiscrezioni sulle fibrillazioni e le lacerazioni di Forza Italia. Era prevedibile, dunque, che ciò, avrebbe inevitabilmente prodotto una nuova situazione politica, anche in relazione alla maggioranza e conseguentemente stimolando in corso d’opera qualche gioco tattico che ha ulteriormente rafforzato il quadro politico che sostiene Mario Oliverio.


TERZA QUESTIONE. Il nodo politico: Pino Gentile, dopo questo consiglio regionale ha portato a casa qualcosa? Certamente, ha soffiato la vicepresidenza all'altra minoranza, quella di Tallini e company, in cambio, ha favorito l'elezione del Presidente del consiglio alla prima votazione, fatto unico nella storia del regionalismo, consegnando così a Mario Oliverio e alla sua maggioranza un tale primato. Successivamente, come era ovvio, alcuni esponenti della maggioranza, hanno restituito il favore e, al momento della votazione dei vicepresidenti, hanno fatto prevalere Gentile su Tallini, in quello che ormai è diventato lo scontro senza fine tra NCD-Forza Italia. Per qualcuno tutto ciò è inciucio? A mio avviso no. E’ tattica, semplicemente tattica, niente di più niente di meno,  magari condita da una buona dose di opportunismo politico. Il gioco politico, soprattutto nell'aula, è il sale della democrazia e avviene costantemente in tutti i consessi democratici del mondo. Negli Usa è quasi regola. Cosa c'entra l'inciucio e il trasversalismo con tutto ciò? La maggioranza, da che mondo e mondo, tenta di indebolire la minoranza e viceversa: "è la politica bellezza" o come sostenne qualche anno fa il giornalista Roberto Gervaso, “La politica è l'arte d'impedire agli avversari di fare la loro”. 


QUARTA QUESTIONE. Quali fattori hanno determinato il quadro politico del consiglio regionale del 7 gennaio? A mio avviso,  è evidente che tali esiti abbiano una appendice nella discussione e nella dinamica interna al PD, altrimenti che PD sarebbe? Proprio sulla Presidenza del Consiglio, infatti, la discussione è stata serrata e senza esclusioni di colpi. A differenza di quanto si sia pensato e scritto in questi giorni però, ritengo che il nodo centrale della discussione non sia stato il braccio di ferro iniziale Ciconte/Scalzo, il quale,  è certamente stato uno dei passaggi della discussione, ma che tuttavia  si è rapidamente dissolto, allorquando, nel confronto interno è  passato il principio che quella carica sarebbe stata di area renziana.  A partire dal quel momento, il vero scontro  si è delineato  a Reggio Calabria, quando i renziani dello Stretto hanno ritenuto di mettere in campo Nicola Irto per lo scranno più alto del Consiglio,  il quale, aveva uno sponsor molto autorevole: Marco Minniti, un nome però mal digerito sia dall’area Oliveriana che, ad alcuni settori della stessa area renziana reggina. A questo punto, i poco minnitiani catanzaresi, calano sullo scacchiere Tonino Scalzo, che tutti ritenevano fuori gioco a causa  di un  rinvio a giudizio per fatti riconducibili all’epoca in cui era direttore scientifico dell’ARPACAL.  Magorno e Oliverio decidono allora di trasferire la pratica a Roma.  Quando i giochi ormai sembravano chiudersi a vantaggio di Irto, proprio da  Roma, a sorpresa, prevale l’indicazione Scalzo a discapito di Irto e Minniti. Una novità assoluta nelle dinamiche capitoline ma non troppo, considerato che, per la seconda volta, era già successo con la candidatura di Oliverio, da Roma non si risparmia qualche colpo al “potente” Minniti.


QUINTA QUESTIONE. Minniti avrebbe gradito molto un accordo ufficiale con NCD, che magari gli avrebbe consentito di condizionare l’azione del governo regionale al riparo degli arazzi del Senato con l’altro Gentile, Tonino, il quale a sua volta, cerca di riconquistare quel posto di sottosegretario perso con il caso “cinghiale, ma Oliverio,  ha sempre sbarrato la strada ad  ipotesi di accordi formali.  Accusato il colpo, i minnitiani hanno cercato allora  di far saltare la soluzione Scalzo fino all'ultimo minuto, dapprima, cercando di bruciare l’indicazione mediaticamente attraverso alcuni organi d'informazione vicinissimi al sottosegretario ai Servizi, i quali, hanno fornito per primi le indiscrezioni della riunione romana e rilanciando anche  la vicenda del rinvio a giudizio di  Scalzo. Un argomento sul quale però, sia Magorno che Il PD nazionale, hanno risposto pikke, confermando il principio del garantismo. L’ultimo disperato tentativo, infine, è stato quello di far saltare tutto tra la prima e seconda votazione, magari rifilando nel segreto dell’urna un paio di schede nulle. Solo che, spesso, nel segreto dell’urna, non tutte le ciambelle escono con il buco e può succedere che, "il brigante si trovi sulla propria strada un brigante e mezzo". E’ dentro questa cronologia di circostanze, dunque, che bisogna interpretare le vicende che si sono manifestate nel corso del consiglio regionale. Il vero inciucio, sarebbe stato un accordo ufficiale che avrebbe indebolito tutta la coalizione venuta fuori dalle elezioni del 23 novembre. Le convergenze venute fuori nel consiglio invece, al massimo potrebbero essere definite convergenze parallele, utili da un lato a Pino Gentile per rafforzarsi rispetto a Forza Italia e a Mario Oliverio per blindare il suo quadro politico dalle trappole interne. Politica, dunque, nient’altro che politica.


SESTA E ULTIMA QUESTIONE. Ad un osservatore attento, non dovrebbe sfuggire che gli equilibri renziani, nazionali e regionali, stiano mutando radicalmente. I bene informati sostengono che, presso la Corte del Premier, la stella Minniti brilla sempre meno, altri sostengono ancora,  che i veri  equilibri siano cambiati a Reggio, ipotesi non peregrina e che rende straordinariamente realistica, una battuta su Facebook di un dirigente del pd reggino il quale scrive: “sarà per questo che i renziani reggini li chiamano renzini?” Battute. Ipotesi. Certamente. Tuttavia, ai buoni osservatori non sarà certamente sfuggito che, nella seduta del consiglio regionale, Magorno ha presenziato per l’intera giornata e, dietro le quinte, si è notata la presenza dell’on. Fernando Aiello, di fatto plenipotenziario dell’on. Ernesto Carbone, membro della segreteria nazionale e vicinissimo al Premier. Ciò, a conferma che quello che è avvenuto, è stato monitorato e seguito con attenzione e con la massima copertura politica. Alla luce di tutto ciò, dunque, la stizza espressa da una  contraddittoria dichiarazione di Nicola Irto e resa alla stampa a fine consiglio regionale, fa sorridere, oltre ad essere priva di senso politico. Nella dichiarazione infatti, Nicola Irto, da un lato  afferma che avrebbe preferito un accordo formale con NCD (il vero inciucio) e, dall’altro lato, si  lagna di non essere stato messo al corrente dei nuovi equilibri politici.  Onestamente, una valutazione estremamente confusa e che, ha dato più l’impressione dell’astronauta appena sceso dall’astronave dopo aver fallito il decollo, che quella di un politico consapevole di aver perso una partita. Ipotesi? Congetture? Fantapolitica? Vedremo.  Certo è che, la musica anche sul piano politico sembra cambiata e non poco, almeno da quanto sembra emergere dal quadro venuto fuori dalla riunione inaugurale della decima legislatura regionale.  E già sullo sfondo incombono: la composizione della Giunta, il prossimo consiglio regionale e il commissariamento della Sanità, tutte questioni che, credo, a breve potranno riservare altre sorprese, ma questa è un’altra storia. Il tutto con buona pace di chi continua a sfogliare la margherita : inciucio si, inciucio no….


Pasquale Motta

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