L’evento

A Buffon il Premio Granillo: «Io un vincente? Non sono abbastanza cinico. Mi sento più un artista del pallone»

Il super portiere azzurro si è raccontato a 360 gradi e ha commentato le trasferte a Reggio Calabria: «Erano sempre entusiasmanti, c’era energia nell’aria e nello stadio». L’intervista e gli altri premiati

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di Claudio Labate
11 maggio 2024
20:35

II premi “Oreste Granillo” erano cinque in tutto, ma uno è stato speciale, consegnato ad un ospite speciale: Gianluigi Buffon. D’altra parte il portierone azzurro, il numero uno al mondo per diversi anni, che ha fatto le fortune di Juventus e Parma, oggi capo delegazione della Nazionale italiana di calcio, ha calamitato l’attenzione di tanti sportivi appassionati che questa mattina hanno affollato le sale del resort Altafiumara, location scelta per celebrare la sesta edizione del Premio Oreste Granillo.

Alla premiazione, organizzata dal giornalista Maurizio Insardà, affiancato dalla conduttrice Marica Giannini e dal decano dei giornalisti sportivi Italo Cucci, direttore editoriale di Italpress, hanno partecipato anche molti esponenti del mondo sportivo calabrese. 


Gli altri riconoscimenti sono andati, a Nino Mallamaci, patron dei giallo-blu della Polisportiva Futura; all'ex direttore sportivo Beppe Ursino, per 27 anni alla direzione sportiva del Crotone, ed a due medici, Pasquale Favasuli, per 30 anni medico della Reggina, ed ex calciatore amaranto durante la presidenza proprio di Oreste Granillo; e Pino Capua, presidente della Commissione Federale Antidoping della Figc.  

Il Premio sportivo internazionale Oreste Granillo SC Innovation, è stato realizzato dall’orafo Spadafora, anch’egli partner della prima ora della manifestazione, che ha sposato stando vicino agli organizzatori il progetto del Premio, che nel caso del portierone azzurro raffigura un pallone a sbalzo in argento, a cesello con tiratura a martello, con dedica allo stesso Buffon.

Da parte sua Buffon si è mostrato molto disponibile e affabile, con tifosi e non, a testimonianza di una personalità tutt’altro che da star, quale in realtà è. Il portierone azzurro si è sottoposto al fuoco di fila delle domande poste da Cucci, Insardà e Giannini, non rinunciando a scendere in alcuni dettagli che dimostrano il campione che è stato in campo, ma anche nella vita, che gli ha regalato anche l’emozione di vivere la maglia azzurra sotto un’altra veste. «Una grandissima opportunità, che ho deciso di vivere con grande entusiasmo. Non fosse altro per il tipo di ruolo che è stato ricoperto da gente come Gianluca Vialli e Gigi Riva che sono due inarrivabili della storia azzurra. Quindi cercare di prendere il loro testimone e provare a farli rimpiangere il meno possibile e mettere, dentro a questo lavoro, l'entusiasmo che ho sempre avuto per il mondo del calcio e anche l’esperienza, dopo ventinove anni a determinati livelli».

Una carriera, la sua, costellata da grandi successi, eppure Buffon non si dice soddisfatto al massimo: «Soddisfatto al massimo no – ha detto il Gigi nazionale -, non avrei potuto giocare così tanto e mantenere magari anche un livello abbastanza alto di prestazione. Quello ci riesci solo se sei continuamente insoddisfatto e io sono stato continuamente insoddisfatto della mia carriera perché cercavo sempre di chiedere di più a me stesso e poi ultimamente invece ho fatto una riflessione molto molto serena e sono arrivato a dire che alla fine io dentro non sono stato un vincente, perché io non ho avuto e non sentivo il cinismo del vincente. Io sono sempre stato uno che sono andato in campo più come un artista cioè per cercare di far divertire la gente, stupirla con delle parate un po' sensazionali».

Un artista di gesti tecnici come pochissimi e per questo, nel bene e nel male, Buffon si sente un esempio: «Io sono stato un esempio giusto, e un esempio sbagliato. Io sono uno che ha fatto tante cose, penso molto buone, alcune si son sapute, altre no, ne ho fatte tante altre sbagliate e devo dire che si son sapute tutte quelle. La verità è quella. Quindi sì, sono un esempio perché sia che faccio delle cose buone o delle cose sbagliate fungo ugualmente da esempio: cioè uno può dire, così si fa e così non si fa». 

D’altra parte quello del portiere, Buffon riconosce essere un ruolo al limite, soprattutto quando sottolinea che è «il ruolo più masochista che uno possa scegliere nel calcio. Però – ha aggiunto - è anche quello nel quale secondo me uno deve esprimere la maggior quantità di coraggio e anche di personalità e certe volte anche di autorevolezza. Cioè è un qualcosa, una caratteristica sicuramente molto particolare e probabilmente questo modo di fare fa sì che alcune volte le responsabilità e anche i sensi di colpa che tu ti prendi sono talmente grandi che rischi magari di entrare in un dedalo pericoloso ecco. Però è anche vero che se riesci dopo a superare anche quello, puoi andare nello spazio».  

Infine, gli è stato chiesto a chi vorrebbe dire “grazie”. «A tante persone, certo, ma soprattutto – ha affermato Buffon - ai miei genitori, alla mia famiglia, che definisco polisportiva perché erano tutti impegnati in vari sport, che hanno impresso nel mio Dna la matrice sportiva».

Il Premio e la Reggina

Gigi Buffon ha ricevuto il premio internazionale Oreste Granillo, su cui il numero uno azzurro ha speso parole di ammirazione «perché ho visto la sua bellissima parabola – ha detto alla platea - prima come giornalista, poi presidente per sedici anni, la prima promozione in Serie B, poi presidente onorario, sindaco e quindi pensavo che c'è bisogno veramente di queste personalità perché fanno la differenza. Io l'ho verificato in questi anni soprattutto, quando stavo invecchiando, che non è tanto la capacità o le competenze, quelle sono importanti, ma è proprio l'energia che uno ha nel cercare di conseguire determinati risultati e le visioni che ha. Secondo me energia e visione e voglia di condividere con gli altri è quello che fa la differenza. Se oggi stiamo ancora ricordando Oreste Granillo dopo tantissimi anni dalla sua scomparsa, significa che aveva proprio queste caratteristiche e sono veramente felice di aver ricevuto un premio in suo onore. Grazie».

Gigi apre quindi lo scrigno dei ricordi e confida che «le trasferte a Reggio Calabria ti lasciavano sempre qualcosa come entusiasmo, come percezione, come energie e vibrazioni che c'erano nell'aria, nello stadio e quindi era sempre ed è sempre stato un luogo nel quale si veniva a giocare molto volentieri». Certo oggi vederla nei dilettanti fa un po' impressione, e Buffon conferma che la fa a chi anche non tifa per i colori amaranto: «È estraniante come cosa, perché alla fine la Reggina almeno negli ultimi 20-25 anni è stata una parte importante del movimento calcistico e vederla incappare sovente, perché non è la prima volta, con queste situazioni, fa veramente dispiacere, perché io credo che Reggio sia una città e sia una terra che abbia bisogno proprio di bellissimi esempi come poteva essere Oreste Granillo, e di gente che abbia l'energia di contaminare gli altri e di far sognare anche un futuro diverso e quindi un futuro migliore agli altri e credo che nessuno strumento più dello sport e del calcio possa veramente condizionare la vita sociale di una città».

Dove va il calcio italiano

Rispondendo poi alle domande dei giornalisti rispetto allo stato di salute del calcio italiano, Buffon mostra di vedere il bicchiere mezzo pieno: «Il calcio italiano negli ultimi due anni se pur non abbiamo primeggiato o vinto nessun tipo di trofeo, ha dimostrato di poter essere molto competitivo. Queste sono le basi per poter tornare poi a vincere. Quest'anno, seppur in Conference e in Europa League, abbiamo di nuovo posizionato una squadra in finale e questo fa ben sperare che ci sia il suggello e la festa finale o per la Fiorentina o per quel che riguarda l'Atalanta perché se lo meriterebbero. Anzi colgo proprio l'occasione per fare i complimenti alle loro due società e le loro tifoserie e spero che possano festeggiare». 

Dalle competizioni europee per club all’Europeo è un attimo, soprattutto ricordando i fasti del passato, ma oggi dopo una flessione la nazionale si ripresenta da protagonista: «Siamo consapevoli di essere una squadra competitiva, abbiamo dei giocatori che tengono molto alla maglia azzurra, che hanno dimostrato avere una disponibilità e un amore non facilmente riscontrabile altrove o in altre occasioni, e poi abbiamo un super CT e credo che questi insomma siano gli ingredienti giusti per pensare di poter essere competitivi ai massimi livelli. Poi vincere o non vincere solo le cartomanti possono dirlo due mesi prima».

Ma Buffon non nasconde neanche il suo pensiero su quelle che potrebbero essere le decisioni del governo che potrebbero mettere a rischio l’autonomia dello sport, dopo le dichiarazioni di Abodi. «Il mio pensiero è molto semplice non perché non voglio dire quello che penso, ma credo che queste cose per importanza che ha il calcio nel tessuto sociale italiano andrebbero condivise, e poi sarebbe bello uscire tutti insieme con un'unica visione e decisione. Questo secondo me renderebbe il calcio molto più forte anche agli occhi di chi vede o di chi magari si interessa a questo sport».

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