Una generazione disoccupata

Il 60,9% dei nostri giovani è disoccupato. Di questi più del doppio ha meno di 24 anni.
di Cristina Iannuzzi
20 marzo 2015
15:05

Il dato emerge  dall'ultimo rapporto Istat. Numeri allarmanti che hanno conquistato l'attenzione di politici, sindacalisti, tuttologi. Tutti alla ricerca della soluzione al problema. Tutti a dettare la ricetta per uscire da questa piaga.

 


La notizia, non poteva che rimbalzare sui telegiornali e sui quotidiani nazionali che hanno pubblicato articoloni con titoli d'effetto con tanto di foto del mucchio di giovani a spasso. Effettivamente il 60,9% di disoccupati è un dato preoccupante. Tradotto in cifre vuol dire che due giovani calabresi su tre  non ha un lavoro. Dietro questi numeri, ci sono giovani, con le loro storie e i loro sogni. E ci sono genitori che li hanno tirati su con tanti sacrifici. Sacrifici per dargli una giusta educazione e un' istruzione. Mai immaginando che una volta terminato il ciclo di studi ci sarebbe stato il vuoto. Ed eccoli, questi ragazzi, delusi e disillusi  da una Terra che non offre un bel niente. A meno che non ti accontenti di pochi spiccioli, o tutt'al più di fare un lavoro "umile", magari la stagione estiva. "Camerieri ne cercano tanti da queste parti - suggerisce l'amico di turno che poi continua - "ti fai 4 mesi al villaggio e poi ti becchi la disoccupazione" . Come dire, 'campa cavallo che l'erba cresce...' In Calabria la parola d'ordine è "accontentarsi", tanto ci pensa mamma  e papà. Che su quel figlio avevano riposto tante speranze. Perché di buona volontà, con tanta voglia di lavorare e qualche sogno da realizzare.

 

Proprio come i genitori di Giuseppe, primogenito di una casalinga e di un ferroviere. Ha 29 anni, da 11 lavora in un club sportivo.  Il suo stipendio non supera i  500 euro al mese. E' un contratto a progetto. Che viene rinnovato di anno in anno. Lavora otto ore al giorno, dal lunedì al sabato, esclusa la domenica. Non gode delle ferie (il contratto non le prevede). Se si ammala, gli decurtano le giornate dallo stipendio. Funziona così. E nonostante tutto in un paio d' occasioni ha pure rischiato di perdere il lavoro.  Oggi Giuseppe è un uomo adulto. E' cresciuto anche professionalmente. Sognava  di comprarsi una macchina, di fare un viaggio, di mettere su famiglia. Ma con quella paga non si va da nessuna parte. Sperava in un contratto a tempo indeterminato e in uno stipendio dignitoso. Ma niente, neppure  l'ultima volta il suo datore di lavoro, lo ha "gratificato".


"500 euro ti posso dare, non un centesimo in più  - gli ha detto risoluto -. Se ti piace resti, altrimenti te ne vai". E' lì che Giuseppe ha preso la sua decisione. E' entrato nella prima  agenzia di viaggi e ha prenotato un biglietto per l'Australia. "Lì - ha sentito dire -  si lavora tanto ma a fine mese ti danno una paga dignitosa".


Una decisione importante. Una scelta di vita presa senza consultare i genitori che alla notizia non hanno potuto fare altro che  alzare le spalle e dire: "va figlio mio!" con il cuore sotto una pietra. Come Giuseppe tanti altri giovani stanno preparando le valige per scappare dalla Calabria nella speranza di costruirsi un futuro migliore. La nuova emigrazione giovanile come non succedeva dal primo dopo guerra. L'unica differenza è che allora si viaggiava con valige di cartone stipati nelle stive di vecchie imbarcazioni che ti portavano nel sogno americano. Adesso  si viaggia in aereo, equipaggiati di telefonino, ma con le stesse paure dei nostri antenati.  Tutto mentre fiumi di parole continueranno a scorrere e riempire pagine di giornali. Tra analisi, discussioni e dibattiti più  o meno sterili su come combattere la piaga della disoccupazione giovanile.

Giornalista
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