Torna nella sua Calabria per morire ma le negano la terapia del dolore

Denuncia dei familiari di una donna affetta da Sla, vittima di un incidente stradale e ricoverata all'Annunziata di Cosenza. Soltanto dopo l'intervento dei Nas alla paziente sono stati somministrati i farmaci antidolorifici

di Salvatore Bruno
18 giugno 2019
12:02

Affetta da una grave forma di Sla che l'ha resa paralitica da cinque anni, costringendola a spostarsi sulla sedia a rotelle e ad alimentarsi attraverso la Peg, una modalità di nutrizione artificiale, aveva il desiderio di terminare la propria esistenza nella sua terra d'origine. Così una signora di 72 anni emigrata in Piemonte, è rientrata a Nocera Terinese insieme al marito. Ha preso una casa, ha acquistato uno speciale mezzo di trasporto, ha ingaggiato il personale sanitario necessario a garantirle cure ed assistenza quotidiane. Ed ha iniziato a pellegrinare tra i santuari e gli altri suggestivi luoghi della Calabria.

Il dramma dell'incidente stradale

Purtroppo un grave incidente stradale, lo scorso 13 giugno, ha spezzato l'incantesimo e per la donna è iniziato un nuovo, terribile incubo. Condotta in elisoccorso all'ospedale dell'Annunziata di Cosenza, è stata sottoposta ad intervento chirurgico e poi trasferita nel reparto di ortopedia, dove però, denunciano i familiari, non sussistono le condizioni minime per garantirle una morte dignitosa. Lasciata sola, per quattro giorni non sarebbe stata lavata né le medicazioni cambiate. A supplire alle incombenze sarebbe stato il marito che l'ha anche nutrita e idratata, non avendo il personale del reparto, a quanto pare, dimestichezza con l'alimentazione attraverso il sondino gastrico. Inoltre la signora è stata lasciata in preda ad atroci sofferenze poiché i sanitari soltanto nella serata di ieri, lunedì 17 giugno, hanno iniziato a praticarle la terapia del dolore, dopo l'intervento dei Nas.


Quelle parole prive di umanità

La coordinatrice infermieristica poi, avrebbe chiesto ai familiari della donna di togliere dall'armadio i vestiti che la paziente stessa, prima dell'incidente, aveva scelto di indossare per la sepoltura, consapevole del poco tempo da vivere che le restava a causa della malattia, invitandoli a portarli in obitorio. «Parole dure e talmente prive di umanità che mia sorella ha accusato un malore ed è svenuta - denuncia una delle tre figlie dell'anziana - Abbiamo chiesto l'intervento dei carabinieri e della Direzione Sanitaria - afferma ancora - e vogliamo andare fino in fondo a questa storia. Ci siamo rivolti ad un avvocato per tutelare il diritto di mia madre a terminare in pace il suo percorso su questa terra. Naturalmente sarebbe un errore fare di tutta l'erba un fascio - conclude - A dispetto di chi ci ha trattato con superficialità e indisponenza, persone che per fortuna si contano sulle dita di una mano e che prima o poi dovranno rispondere alla propria coscienza, in ospedale operano tanti professionisti amorevoli, spesso costretti agli straordinari per la carenza di organico e che vogliamo ringraziare per il sostegno e l'affetto che ci hanno dimostrato. Pensiamo di fondare un'associazione in nome di mia madre, a tutela dei malati di Sla».

Giornalista
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