Monta la rabbia

All’ex ospedale di Scilla porte chiuse per il vescovo Morrone, la visita istituzionale finisce in polemica

Cittadini indignati e inviperiti contro il commissario Di Furia per aver impedito al presule di accedere a un'ala della struttura che invece è normalmente aperta e ospita pazienti

di Elisa Barresi
27 settembre 2024
21:56

Una visita istituzionale finita male a Scilla. Doveva essere una visita istituzionale preventivamente autorizzata. E, invece, tra l’imbarazzo più totale e la rabbia, si è conclusa in maniera totalmente inaspettata la visita del vescovo Morrone all’ex ospedale di Scilla. Il misfatto sarebbe stato firmato proprio dall’Asp. In particolare il commissario Lucia di Furia, pur essendo al corrente della visita di sua eccellenza, avrebbe dato “ordine” di chiudere le porte di tutta un’area dell’ospedale. Quello che ha suscitato sgomento facendo sorgere più di un dubbio sulle motivazioni che hanno spinto a tale gesto, è che quell’area, quella porta oggi sbarrata al vescovo, al vicesindaco della città metropolitana Carmelo Versace e al comitato Pro Ospedale è giornalmente aperta e vede i pazienti circolare regolarmente per effettuare analisi e quant’altro.

E non ha nascosto l’indignazione Versace che, nel trovare la porta sbarrata ha chiesto conto e ragione di un’azione che tutti hanno visto come “sospetta”.


«Se c'è la visita di sua eccellenza il vescovo che è una visita di vicinanza alla popolazione e non per dare giudizi a nulla e ci si trova quella porta sbarrata allora questo è un segnale. Questo è l'unico presidio ospedaliero anche sotto l'aspetto turistico. Noi nel 2022 questa preoccupazione l'avevamo quando abbiamo detto fateci ascoltare rispetto alla possibilità della chiusura quindi non è campanilistica rispetto a Catanzaro, rispetto a Cosenza, ma è perché è l'unico. Ecco la dottoressa Di Furia o chi per lei ci ha fatto trovare quella porta chiusa che doveva servire quanto meno agli organi di stampa per far comprendere quello che è lo stato di quella struttura. Prendiamo atto che questa struttura oggi non è possibile visitarla. Ne prendiamo atto noi come istituzioni. Ne prende atto la stampa e probabilmente dopo questa qualcuno dovrà anche rispondere rispetto ai prelievi quotidiani che invece vengono fatti».

Una presa di posizione dura che ha trovato i cittadini inviperiti e insospettiti dalla chiusura. «Cosa devono nascondere? Non vogliono farci vedere che la struttura in realtà è perfetta e non ha motivo di essere chiusa o, peggio ancora, stanno ulteriormente smantellando di nascosto altri reparti? Qui si sono portati via reparti interi di notte».

Tra i sospetti e l’evidente imbarazzo di monsignor Morrone nel trovarsi di fronte a una porta sbarrata è stata avanzata nuovamente la richiesta di fare luce sul destino della struttura. Ed è toccato a Carolina Cardona da presidente del Comitato raccontare al vescovo la triste parabola di quella che negli anni è stata una gloriosa struttura che ha salvato tante vite.

«Purtroppo è stata è stata chiusa improvvisamente nel giro di tre giorni nel settembre del 2022. È una struttura questa che serve un vasto bacino d'utenza. Arrivano soprattutto dall'Aspromontano, territori difficili che con difficoltà raggiungono i posti di primo soccorso dove un'ambulanza ci mette oltre venti minuti per arrivare. Un punto cruciale ed era anche un punto che poteva servire da sfogo al pronto soccorso di Reggio Calabria sempre intasato. Questo accade principalmente a Reggio Calabria perché nelle altre Asp tutto viene ricostruito, viene riaperto ed è tutto molto funzionante. Per esempio a noi hanno detto che il nostro punto di primo intervento andava chiuso perché la Regione Calabria non prevede l'esistenza dei punti di primo intervento. Nella provincia di Catanzaro ci sono strutture sanitarie, case della salute con i punti di primo intervento aperti».

In assenza di una politica che si faccia carico del problema, soli e inascoltati da troppo tempo, i cittadini si sono affidati al vescovo che con la sua presenza e vicinanza ha lanciato già un segnale importante. «Non ho grandi discorsi da fare perché ripeterei cose che voi sapete meglio di me perché le soffrite. Immagino le difficoltà per esempio se qualcuno sta male di notte. C'è una politica, una visione per quanto riguarda la sanità che sta ristrutturando, pensando di fare un servizio bello, buono e attento ai cittadini. Non lo so se questi sono i frutti. Certo è se si chiudono presidi territoriali mi sembra che non si viene incontro a quelle che sono le esigenze immediate di noi tutti. Immagino soprattutto di chi ha qualche annetto in più».

«Da parte mia - ha aggiunto il vescovo - anche quindi certamente faremo un appello. Vediamo cosa possiamo fare, come possiamo muoverci per la sensibilizzazione, da parte di noi vescovi c'è stata anche in passato, vedremo di fare qualche passo in più. Intanto non arrendersi mai. Quando si lotta per ciò che è un diritto che significa un impegno umano perché tutti possono stare un tantino meglio allora questa lotta è benedetta. Non è una lotta contro, è una lotta per. Noi non dobbiamo andare allo scontro perché facciamo la rivoluzione così. Spero che le autorità che guardano a questo territorio possano fare di tutto per venire incontro non a l'esigenza di una o due persone ma di un intero territorio. Immagino che i politici hanno difficoltà a gestire i tagli economici. Forse dovremo tagliare di più sulle armi. Possono ripensare alcune scelte perché le scelte non passano dal territorio in senso generale. Cioè la Calabria non si divide in pezzettini territoriali ma passa attraverso le persone che abitano il territorio».

Giornalista
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