Prevenzione oncologica, a Reggio Calabria le percentuali più basse

Le analisi per individuare i tumori hanno raggiunto percentuali disomogenee nelle cinque province. A Cosenza le donne pagano gli esami che l’Asp dovrebbe erogare gratuitamente
di Luana  Costa
7 settembre 2017
15:31

Sono sorvegliati speciali gli screening oncologici in Calabria, tanto da essere divenuti oggetto di una riunione operativa che è stata convocata a Palazzo Alemanni dal commissario ad acta per il piano di rientro dal deficit sanitario, Massimo Scura. I direttori generali delle aziende sanitarie provinciali sono infatti stati chiamati ad illustrare i risultati conseguiti da quando, il raggiungimento di più alte percentuali nella prevenzione dei tumori è stato posto come obiettivo primario dalla struttura commissariale. Le percentuali di adesioni riscosse dalle campagne di prevenzione oncologica di competenza delle Asp regionali hanno infatti un peso specifico negli indicatori dei livelli essenziali di assistenza e la Calabria fino allo scorso anno era rimasta ferma al palo a causa di un problema di acquisizione del software deputato alla gestione degli inviti.

L’azienda provinciale di Reggio Calabria

Sebbene continui a rimanere alta l’attenzione non si può dire certo dire che tutte le aziende provinciali abbiano ottenuto risultati incoraggianti. Un caso è rappresentato dall’Asp di Reggio Calabria che su un campione di donne da sottoporre a screening mammografico costituito da oltre 37mila unità ha eseguito solo 835 mammografie nel periodo compreso tra gennaio 2017 e lo scorso 31 agosto. Il sistema è articolato in una serie di lettere che le Asp sono incaricate di inviare alle donne comprese tra i 50 e i 69 anni per invitarle ad effettuare i controlli gratuiti finalizzati all’individuazione di possibili tumori. Ebbene in questo arco temporale l’Asp di Reggio Calabria è riuscita ad estendere gli inviti solo al 10% delle donne target sottoponendo a controllo solo il 2,2% di esso.


 

L’azienda provinciale di Cosenza

Non è riuscita a realizzare una prestazione migliore l’Asp di Cosenza che su un campione di donne di oltre 49mila unità da sottoporre a controllo ne ha convocato solo 8.275: il 16,6% del totale. Ma dal numero delle mammografie eseguite, 6.574 in totale, risulta che più della metà (3.500) vi si siano recate spontaneamente senza attendere l’invito e pagando una prestazione che l’azienda avrebbe dovuto erogare gratuitamente in regime di screening.

Il caso Vibo

Decisamente migliori i risultati ottenuti dalle Asp dell’area centrale: Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, con quest’ultima azienda che è riuscita ad estendere gli inviti al maggior numero di donne considerate a rischio. Il 66% di estensione con una percentuale di esami eseguiti del 19,9%.

Gli screening a Catanzaro

A Catanzaro, dove l’Asp ha dovuto sottoscrivere un protocollo d’intesa con l’ospedale Pugliese e con il policlinico universitario Mater Domini per essere aiutata nella gestione degli esami di prevenzione, si è riusciti a raggiungere il 41% della popolazione target. Nella città capoluogo la situazione è resa ancor più complicata dalla totale assenza all’Asp di medici radiologi da destinare alla prevenzione oncologica: il Pugliese e il Mater Domini effettuano esami in regime di screening ma, in particolare, le lunghe liste d’attesa che congestionano i reparti dell’ospedale non aiutano il conseguimento dello scopo. Il policlinico Mater Domini da marzo ha eseguito circa duemila mammografie. 

I risultati a Crotone

Nella città pitagorica su oltre 11mila donne da sottoporre a controllo ne sono state convocate 4.500 di cui circa la metà (2.241) screenate.

 

Luana Costa

Giornalista
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