«L’ospedale di Reggio rischia di chiudere ad agosto per carenza di personale»

L’allarme lanciato dal consigliere regionale Giuseppe Pedà che ha inviato una missiva direttamente al commissario della Sanità Cotticelli chiedendo un intervento immediato per il Grande ospedale metropolitano

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di Redazione
11 giugno 2019
13:45

Al Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria mancano tecnici di laboratorio, anestetisti e infermieri. Una situazione che con l’arrivo delle ferie estive, rischia seriamente di far collassare i servizi essenziali dell’importante presidio.
La preoccupazione maggiore è rivolta al mese di agosto quando, addirittura, alcuni reparti potrebbero essere costretti a chiudere temporaneamente battenti proprio per mancanza di personale.
È questo il grido d’allarme lanciato tramite una lettera dal consigliere regionale Giuseppe Pedà, componente della terza Commissione Sanità, al generale Saverio Cotticelli, commissario per l’attuazione del Piano di rientro della Sanità calabrese e al dottor Antonio Belcastro, dirigente generale del dipartimento Tutela salute della Regione Calabria, a margine della visita istituzionale nella struttura (con particolare attenzione al reparto di Cardiochiururgia) effettuata venerdì 7 giugno nelle sue facoltà di sindacato ispettivo.

Cardiochirurgia d’eccellenza

L’esponente politico ha annunciato che nei prossimi giorni chiederà ufficialmente un incontro urgente allo stesso commissario per rappresentare di persona le problematiche riscontrate. Nella missiva inoltrata, Pedà evidenzia la funzionalità del “centro cuore” «Possiamo affermare -evidenzia il consigliere regionale- che oggi a Reggio Calabria presso il Gom Bianchi Melacrino Morelli, esiste un reparto di Cardiochirurgia pubblico con personale formato e competente che rappresenta un polo d’avanguardia per tutta la regione Calabria, e non solo. Gli ottimi risultati raggiunti dalla Cardiochirurgia reggina vengono risaltati persino dalla prestigiosa rivista internazionale “The Journal of Heart Valve Disease” che si occupa, nello specifico, delle malattie delle valvole cardiache. Testimonianza di quanto lo standard qualitativo raggiunto si sia elevato».


 

Allo stesso tempo, Pedà riferisce di alcuni criticità che rischierebbero di comprometterne irrimediabilmente gli standard qualitativi: «In questi due anni, infatti - si rimarca nel documento - non è stato potenziato abbastanza dal punto di vista delle risorse umane, sia medici che infermieri, così come buon senso avrebbe voluto. Innanzitutto, soffre di una carenza di anestesisti: solo sette in organico, che devono gestire rianimazione, sala operatoria e le emergenze dell’emodinamica. Attualmente, inoltre, ci sono tre mesi di lista d’attesa e il funzionamento dei servizi si basa solo sulla buona volontà di medici che definire stoici è riduttivo, con i primari che fanno anche la reperibilità, e che comunque vogliono dare sempre di più ritrovandosi con carichi di lavoro enormi. Ovvio che in queste condizioni tutto diventa più difficile, anche perché la sanità, al pari di tutte le altre aziende, ha bisogno quantomeno di risorse umane».

 

Pedà passa poi ad analizzare la situazione del reparto di Terapia intensiva. «Qui la dotazione tecnologica è quella di base. Dovrebbe essere accreditata per 10 posti letto ma ci sono solo due infermieri a turno: la proporzione dovrebbe essere di un infermiere ogni due posti letto. Di fatto - spiega nel documento- ci troviamo di fronte a un blocco unico tra Cardiochirurgia e Anestesia, con una stessa squadra che opera anche in emodinamica e UTIC (Unità Terapia Intensiva Cardiologica). Gli anestesisti che sono in forza la centro cuore si occupano dunque anche degli interventi della terapia intensiva o dell’emergenza-urgenza e tutto, anche qualitativamente, è affidato solo alle virtù dei singoli. Serve quindi una maggiore attenzione, soprattutto sotto il profilo di un nuovo reclutamento, legato ai bisogni dell’aumentato numero di persone che si affidano alle cure del centro».

 

E in effetti, l’implemento è stato notevole: il primo anno sono stati eseguiti 250 interventi; il secondo 320. «Se arrivano le risorse necessarie -sottolinea Pedà- si potrebbero fare 2/3 interventi fissi al giorno, il che significa oltre 400 l’anno. Occorre considerare che attualmente il centro cuore gestisce l’80% delle urgenze con i ricoveri d’elezioni che fisiologicamente cresceranno, prova ne è la lista d’attesa di tre mesi destinata ad aumentare proprio perché sta aumentando poco alla volta la parte elettiva. Da tempo -aggiunge- si chiede un aggiornamento sulla ventilazione, ma la scarsezza di risorse economiche e la precarietà dei direttori sanitari che cambiano di continuo fanno si che le richieste rimangano inevase. Ci sono delle apparecchiature per la dialisi che vanno implementate, visto che si fanno due/tre trattamenti a settimana; serve il tromboelastogramma per misurare la coagulazione del sangue: tutte cose che i centri di eccellenza hanno di default …».

 

Pedà conclude infine: «La politica - dichiara- insieme ai vertici dell’azienda sanitaria adesso deve fare delle scelte: continuare a far sì che i nostri concittadini vadano a curarsi al Nord sottraendo ancora più risorse alla Calabria o cercare di invertire definitivamente il trend bloccando all’origine l’esodo di pazienti calabresi a favore di strutture di altre regioni. Il ruolo di noi tutti –conclude - dev’essere quello di far si che la sanità si faccia in casa, e creare le condizioni per poterlo fare bene, con livelli di qualità elevati, iniziando con il mettere ordine alla disorganizzazione cronica che ci portiamo dietro da decenni».

 

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