Fu un medico calabrese a scoprire l’autoritratto di Michelangelo nel Giudizio universale

Il volto del geniale artista rinascimentale è riprodotto nei lineamenti del viso della pelle umana tenuta con la mano sinistra da San Bartolomeo
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di Rocco Greco
19 febbraio 2018
14:19

È stato il calabrese Francesco La Cava (Careri, 26 maggio 1876 - Roma, 25 maggio 1958) a formulare la teoria secondo la quale nel Giudizio universale della Cappella Sistina, nella pelle di San Bartolomeo Michelangelo abbia raffigurato se stesso.

 


Il medico e letterato calabrese ebbe la felice intuizione nel maggio del 1923, come scriverà ne "Il volto di Michelangelo scoperto nel Giudizio Finale", edito da Zanichelli nel 1925. E, come egli stesso riferisce, la sua fu un’intuizione a cui giunse attraverso un percorso psicologico maturato nelle ripetute visite ai capolavori custoditi in Vaticano che lo avrebbero infine reso spiritualmente capace di recepire, di cogliere quell’immagine suggestiva, che, agli occhi di un critico, spesso troppo preso dall’analisi, non era mai apparsa.

 

Uomo di scienza e appassionato d’arte, Francesco La Cava racconta il momento in cui la sua attenzione fu carpita dalla figura di San Bartolomeo e su quella macabra spoglia pendente dalla sua mano sinistra. Un brivido gli corse lungo la schiena, perché vide a un tratto il volto di Michelangelo, lì nelle pieghe di quelle sembianze deformi. D’allora, tale teoria è universalmente riconosciuta.

Giornalista
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