Gli Usa al voto

Salvatore Stanizzi, il giovane studioso calabrese con la passione per gli Stati Uniti: «Il sogno americano? Non sono più i primi al mondo»

Profondo conoscitore del complesso sistema elettorale d'oltreoceano, sarà uno dei protagonisti della diretta di LaC Tv del 6 novembre dedicata proprio alla sfida Harris-Trump. E prevede: «Sarà un testa a testa, non è possibile aspettarci una vittoria netta»

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di Franco Laratta
3 novembre 2024
11:09

Le elezioni americane del prossimo 6 novembre sono destinate a fare storia. Più di ogni altra precedente tornata elettorale. «I motivi sono molteplici. Assistiamo ad uno scontro estremamente polarizzato dove, a decidere la sfida, saranno i voti degli indipendenti che, di solito, sono moderati. È giusto pensare che ci potrebbe essere una nuova Florida 2000 come fra Bush e Gore. I margini sono stretti in ogni stato in bilico e la vittoria potrebbe arrivare dopo giorni di conteggio delle schede». Chi parla è Salvatore Stanizzi, un ragazzo calabrese che è uno studioso e appassionato "americanista", profondo conoscitore del complesso sistema elettorale americano. Sarà uno dei protagonisti della diretta del 6 novembre che LaC dedicherà interamente alle elezioni americane. Dalle 6.30 in poi.

Salvatore, com’è venuta fuori questa tua passione?
«La passione viene fuori da quando, nel 2016, mi trovavo negli Stati Uniti per uno stage alle Nazioni Unite. Era marzo-aprile e, quindi, periodo di primarie. Nello specifico democratiche. Restai affascinato da come fermi normali per noi italiani (istruzione e sanità gratuita) fossero, in realtà, di notevole rilevanza per gli elettori democratici che sostenevano Bernie Sanders. A quel punto decisi di seguirle più da vicino. Da allora di strada ne ho fatta, fra viaggi negli Usa più profonda e studi in materia elettorale - complessa ma affascinante - sia a livello accademico che, per mia fortuna, con una esperienza in Ambasciata Americana. Questo altro non ha fatto che rafforzare la mia passione, trasformandola, quasi, in un vezzo che coltivo quotidianamente».


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Perché queste elezioni sono importanti anche per il nostro Paese?
«Lo sono, principalmente per la loro di economia. Dopo la pandemia l’economia si sta stabilizzando negli Usa ma il rischio recessione è dietro l’angolo. Come detto prima, l’Italia è uno dei principali partner commerciali degli Stati Uniti e una ripresa potrebbe aiutare anche noi. Dipenderà, come spesso accade, da chi vincerà capire che tipo di politiche aspettarci».

La sfida tra Harris e Trump si va  facendo caldissima. Sembrerebbe un testa a testa.
«Lo sarà. Non è possibile aspettarci una vittoria netta. Magari, a risultati definitivi, la mappa del collegio elettorale potrà anche sembrare tendenzialmente a favore di uno dei due ma i margini, soprattutto negli Stati chiave, saranno molto risicati».

Colpisce che nel dibattito elettorale emerga poco il drammatico tema dei mutamenti climatici. Che poi Trump non considera nemmeno.
«Harris è un'ardente sostenitrice della giustizia ambientale per affrontare l'impatto dei cambiamenti climatici sulle aree a basso reddito e sulle persone di colore. Sotto la presidenza di Biden, ha sostenuto la legislazione climatica di quest'ultimo. Harris ha contribuito all'approvazione dell'Inflation Reduction Act, il più grande investimento nella lotta contro i cambiamenti climatici e per l'energia green nella storia degli Stati Uniti, che mette il paese sulla strada per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni del 50-52% rispetto ai livelli del 2005, entro il 2030».

Di certo Trump non è un amante dell’ambiente e delle energie rinnovabili.
«Per aumentare l'indipendenza energetica del paese Trump ha proposto di aumentare le trivellazioni delle aziende petrolifere e di dare agevolazioni fiscali ai produttori di petrolio, gas e carbone (proposta racchiusa nello slogan "drill, baby, drill") e di deregolamentarle, inoltre ha promesso di ritirare l'adesione all' Accordo di Parigi sul clima come precedentemente fatto nella sua amministrazione. Si oppone alle energie rinnovabili come l'eolico e il solare, i veicoli elettrici e sostiene l'abolizione degli standard di efficienza energetica ma non si oppone all'energia nucleare».

Credi nel sogno americano? O è già finito? Cioè, gli Usa sono ancora un modello e quindi un sogno?
«Gli Stati Uniti non sono il più grande Paese del mondo. Non c’è assolutamente nessuna prova a sostegno dell’affermazione che gli Usa siano il più grande Paese al mondo. Sono settimi in alfabetizzazione. Ventisettesimi in matematica. Ventiduesimi in scienze. Quarantanovesimi nell’aspettativa di vita. E mi fermo qui».

Va bene, ma sono primi in ben altro.
«Sono al primo posto al mondo solo in tre categorie: numero di cittadini incarcerati pro capite, numero di adulti che credono che gli angeli siano reali e per la difesa, dove spendono di più dei più vicini ventisei Paesi combinati, venticinque dei quali sono alleati».

Allora diciamo che lo sono stati i più grandi. Perché hanno conquistato, ottenuto e realizzato cose come nessun altro al mondo.
«Lottavano per ciò che era giusto. Combattevano per ragioni morali. Passavano leggi, annullavano leggi, per ragioni morali. Dichiaravano guerra alla povertà, non ai poveri. Facevano sacrifici. Gli importava dei loro vicini. Sostenevano con il denaro quello in cui dicevano di credere. E non si battevano mai il petto.  Hanno costruito grandi cose, fatto avanzamenti tecnologici pazzeschi, esplorato l’universo, curato malattie, e hanno coltivato i più grandi artisti al mondo e l’economia più grande al mondo. Sono arrivati alle stelle, agendo come uomini. Aspiravano all’intelligenza. Non la sminuivano».

E quindi?
«Il primo passo nel risolvere ogni problema è riconoscere che ce n’è uno. L’America non è più il più grande Paese al mondo».

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