Cinquecento firme contro il disagio abitativo a Reggio Calabria

VIDEO | L'Osservatorio cittadino attraverso una petizione ha chiesto al Comune di ripristinare il finanziamento di 11 milioni di euro che sarebbe stato stornato per favorire la realizzazione di altre opere

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di Redazione
23 febbraio 2019
22:36

Sono oltre 500 le firme raccolte con la petizione promossa dall’Osservatorio per il disagio abitativo di Reggio Calabria. Centinaia di sottoscrizioni per chiedere all’amministrazione comunale e al sindaco Giuseppe Falcomatà di ripristinare il finanziamento da 11 milioni di euro per il diritto alla casa che sarebbe stato stornato dalla giunta per l’avvio di altre opere pubbliche. Una scelta che, secondo le associazioni riunite nell’Osservatorio ha negato il diritto alla casa a molte famiglie a basso reddito.

Se il Comune scegliesse di ripristinare questo fondo per i promotori dell’iniziativa si potrebbe procedere all’acquisto o alla locazione di nuovi alloggi, una soluzione per alleviare il dramma di chi ha difficoltà ad avere, stabilmente, un tetto sotto il quale rifugiarsi.


La petizione dell'Osservatorio sul disagio abitativo

Le associazioni riunite nell'Osservatorio sul disagio abitativo, lo scorso 18 febbraio, hanno presentato al Comune di Reggio Calabria una petizione popolare ai sensi dell’articolo 17 comma 1 dello Statuto comunale e dell’articolo 19 comma 1 lettera b) del Regolamento comunale sugli istituti di partecipazione.

Nella città di Reggio Calabria, qualche centinaio di famiglie attende da anni l’assegnazione di un alloggio popolare: i vincitori del bando comunale del 2005 e le persone in emergenza abitativa.

Cosa non ha fatto il Comune

L’Amministrazione Falcomatà, negli ultimi 4 anni, avrebbe potuto reperire nuovi alloggi per circa 160 famiglie, utilizzando il finanziamento di 11,5 milioni di euro del “Decreto Reggio”, destinato per nuovi alloggi popolari. Ma la Giunta ed il Consiglio comunale (Delibera di Giunta numero 99 del 18 maggio 2016 e Delibera Consiglio Comunale numero 70 del 31 ottobre 2016) hanno deciso di stornare ben 11 milioni di questa somma per altre opere.

Questa scelta ha di fatto negato il diritto alla casa a decine di famiglie a basso reddito.

Oltre 500 le firme raccolte

Con l’obiettivo di ridiscutere questa decisione, 534 cittadini hanno firmato la petizione affinché il Consiglio comunale possa decidere di ripristinare il finanziamento per l’acquisto di nuovi alloggi popolari da assegnare alle famiglie vincitrici del bando 2005 e a quelle in emergenza abitativa.

La richiesta avanzata con la Petizione prevede l'acquisizione di nuovi alloggi attraverso l’acquisto e non con la costruzione. In città infatti ci sono migliaia di case private vuote, oltre 60mila (dato Istat), che potrebbero essere utilizzate, evitando il consumo di altro suolo, la realizzazione di altri ghetti e ottenendo più velocemente gli alloggi da assegnare.

Primo obiettivo è l'acquisto di nuovi alloggi

Inoltre, attraverso l’acquisto di nuovi alloggi, si bilancerebbe l’azione di dismissione dell’intero patrimonio Erp nel territorio comunale, in atto da anni con costanti operazioni di vendita degli alloggi popolari. Questo patrimonio costituisce il welfare strutturale, a garanzia del diritto alla casa per le famiglie a basso reddito; la sua dismissione è quindi un'ulteriore ferita inferta alle fasce più deboli della popolazione.

L’azione richiesta, oltre ad offrire concretamente la possibilità di assegnazione di un alloggio a 160 famiglie, costituisce un’azione di rilancio della politica della casa, negli ultimi anni volutamente svuotata anche con la dismissione del patrimonio degli alloggi popolari.

Lo storno del finanziamento degli 11 milioni di euro ne è la prova tangibile.

Il Consiglio comunale, accogliendo la proposta esposta nella Petizione, ha la possibilità di riattivare un settore paralizzato.

Si attende quindi che il Comune attivi le procedure (ammissibilità, pubblicazione e valutazione) previste per le Petizioni popolari con l’accoglimento della richiesta ed esprima una sua motivata decisione nel termine di 90 giorni. 

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