Direzione Pd, calabresi nel panico. Pochissime certezze. Minniti di nuovo in ballo per il collegio di Reggio

Delegazione calabrese presente in blocco a Roma per la direzione nazionale del partito. Renzi ha gelato tutti: «Meno spazi rispetto all'ultima volta». E sui territori comincia a crescere il malumore
di Riccardo Tripepi
17 gennaio 2018
22:51

La direzione nazionale del Pd non ha dato nessuna certezza alla dirigenza Pd calabrese che pure si è presentata compatta (nessun assente!) a Roma.

O meglio. Matteo Renzi ha dato la netta sensazione di volersi tenere le mani libere sulle candidature e, dunque, le sorprese potrebbero essere diverse. E a tutte le latitudini. Anche sul ministro dell’Interno Marco Minniti prosegue l’incertezza. Se non pare in discussione il paracadute proporzionale in una Regione diversa della Calabria, si torna a vociferare di una sua possibile candidatura al collegio di Reggio.


Le parole di Renzi

Alcune dichiarazioni del segretario non si possono comunque interpretare che in modo oggettivo. Il segretario dei democrat ha lamentato «troppa attenzione ai destini dei singoli» e provato a mettere le cose in chiaro: «La convinzione che ci siano posti sicuri è superata. Tutto è molto contendibile. Il posto sicuro in questo caso ce l’ha chi sul collegio i voti li trova, dice. La verità, ammette, è che non tutti rientreranno in Parlamento». In primo luogo perché non c'è più il premio di maggioranza del Porcellum, ma anche perché «non si possono ricandidare solo uscenti».

E le minoranze sono avvisate «Le garanzie diminuiscono per tutti. Penso debba esserci quindi serietà da parte del gruppo dirigente, riconoscendo tutte le sensibilità del partito, sottolinea, non mancando di ricordare di non aver ricevuto lo stesso trattamento quando fu lui ad essere sconfitto nelle primarie 2012 con Bersani. La volta scorsa ho ricevuto offerte meno vantaggiose di quelle che faccio io - precisa - ma dobbiamo mantenere il principio democratico, dare un riconoscimento alle altre aree non solo simbolico ma anche numerico, anche se, dobbiamo dirlo, gli spazi si riducono».

Un brivido lungo la schiena degli uscenti calabresi che hanno sentito certificare che non saranno ricandidati. Un doppio brivido sugli uscenti dell’ex aera bersaniana (gli oliveriani) che hanno sentito certificare che le condizioni per le minoranze non saranno certo favorevoli.

Nè Oliverio nè Magorno sono stati consultati

A ciò si aggiunga che né il governatore Mario Oliverio, né Ernesto Magorno sono stati al momento consultati. Seppure il segretario regionale del partito ha commentato così la direzione su twitter: «Ottimi candidati e un grande lavoro che ha rimesso in moto l'Italia dopo anni durissimi. Iniziamo, con i democratici calabresi, a lavorare in vista delle #politiche2018 per andare avanti».

Assai pensieroso Oliverio al termine dell’incontro. Dopo la sconfitta rimediata sulla gestione della sanità, adesso percepisce la possibilità di poter essere penalizzato al tavolo delle trattative per le candidature. La sua unica carta da giocare è quella relativa al rimpasto di giunta che strategicamente dovrebbe avvenire dopo la presentazione delle liste. Comunque poca cosa da opporre alle intenzione di un Renzi che ha già dimostrato più volte di non voler fare prigionieri, specie davanti ad un’elezione che si presenta assai complicata per il Pd.

La posizione di Falcomatà

Più cauta la posizione dell’unico sindaco di capoluogo di provincia rimasto al Pd calabrese e cioè il sindaco Giuseppe Falcomatà. Il reggino è rimasto in posizione di attesa, ma non pare disponibile a regalare i propri voti a nessuno dopo il raffreddamento dei rapporti con l’ex presidente del Consiglio.

E’ chiaro comunque che il decisionismo di Renzi e la volontà di premiare la propria corrente potrebbe portare all’esasperarsi di rotture sui territorio. E la Calabria, dove il gruppo di Oliverio da tempo morde il freno, certamente non farebbe eccezione.

 

Riccardo Tripepi

Giornalista
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