Oliverio vede giallo: Vade retro grillini. Falcomatà invece ci spera, ora intesa possibile

VIDEO | Il governatore cerca di minare un possibile accordo elettorale tra Pd e M5s in vista delle regionali gettando sul tavolo la grana del Decreto Calabria: «Sono disposti a cancellarlo?». Il sindaco di Reggio ha altre aspettative per le comunali e punta sulla Dieni: «Dopo il voto sulla piattaforma Rousseau possiamo parlare»

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di Enrico De Girolamo
4 settembre 2019
00:32

L’accordo tra Pd e Cinquestelle vissuto come una iattura o come un’opportunità. Due facce della stessa medaglia che ieri sera a Reggio hanno preso forma nei tratti somatici del presidente della Regione Mario Oliverio e del sindaco della città metropolitana, Giuseppe Falcomatà.
Intervenuti a un evento politico, governatore e primo cittadino sono stati intercettati dai giornalisti a margine dell’incontro, esprimendo sentimenti diametralmente opposti rispetto a quanto accaduto poche ore prima, quando i militanti grillini hanno messo il sigillo sull’intesa con i democrat, dando il via libera al Conte bis.

Il sindaco dello Stretto guarda le "stelle"

Nel rispondere alle domande della nostra Angela Panzera, il sindaco Falcomatà ha auspicato un accordo elettorale in vista delle imminenti elezioni comunali. Eppure, appena 48 ore prima, la parlamentare reggina dei Cinquestelle, Federica Dieni, aveva escluso qualsiasi tipo di interlocuzione in riva allo Stretto, negando contatti «finalizzati a un'intesa tra il Movimento e il Pd o tra il Movimento e il sindaco Falcomatà». Una precisazione che è apparsa come una smentita fin troppo categorica alle voci che, invece, parlano di un fitto dialogo intessuto da tempo con il primo cittadino di Reggio, proprio in vista delle comunali. Stasera, quando gli è stato chiesto se è possibile ipotizzare una corsa a due con i Cinquestelle, Falcomatà, nel rispondere, è partito proprio da quanto accaduto oggi a livello nazionale, con il voto sulla piattaforma Rousseau, «che – ha detto – rappresenta la cristallizzazione di un accordo politico, non di un contratto di governo, che punta a concludere la Legislatura». «Trattandosi di un accordo politico – ha continuato - è fisologioco e naturale che venga valutato anche a livello regionale e locale». Dunque, la chiusura della Dieni non sembra preoccupare il sindaco uscente: «Bisognava aspettare l’esito del voto sulla piattaforma Rousseau, ovvio che prima non ci fosse interlocuzione…». Come dire, ora le cose sono decisamente cambiate.


Oliverio troppo ingombrante

Lo sa bene anche Oliverio, per il quale l’accordo tra gli ex acerrimi nemici, quelli che fino a qualche giorno fa si definivano vicendevolmente pidioti e grullini, è un’ulteriore tegola che cade di taglio sulle sue ambizioni. La figura del governatore, infatti, è già ingombrante per il solo Pd, che da settimane cerca senza successo di farlo rinunciare alla candidatura. Figurarsi ora che le ipotesi di alleanza con i Cinquestelle anche a livello territoriale non sono più fantapolitica.

Prima Repubblica

Una possibilità che Oliverio cerca di allontanare. «Alle regionali con i Cinquestelle? Sarebbe come un tuffo nella Prima Repubblica - ha spiegato il governatore -, quando si adottava il metodo Forlani, che imponeva di catapultare a livello locale le stesse formule nazionali. Così non va bene. I territori devono avere libertà di esprimersi. Laddove ci sono convergenze si possono realizzare, ma se questa sintonia non è matura non vedo perché si debbano imporre».
Ma nella Prima Repubblica, paradossalmente, le convergenze potevano anche essere “parallele”, come quelle della famosa definizione che serviva a indicare intese considerate impensabili sino a poco tempo prima. Prospettiva che Oliverio non ci pensa proprio ad avallare, tanto da minare subito il tavolo, richiamando l’odiato Decreto Calabria sulla sanità: «I Cinquestelle sono d’accordo a revocarlo? Lo dicano…».

Non mollo

Insomma, il presidente uscente conferma di non voler mollare, anche ora che lo scenario nazionale è profondamente mutato.
«Sono in campo». E ci resto, anche a costo di correre da solo. Questo il senso della sua risposta quando ha rimarcato che non ha alcuna intenzione di fare passi indietro o di lato, nonostante il Pd sia pronto - come affermato dal commissario regionale Stefano Graziano - a ritagliargli comunque un ruolo da protagonista alle regionali. Che tradotto dal politichese significa garantirgli voce in capitolo sui nomi da candidare, a patto che si ritiri in buon ordine. Carota che, apparentemente, non ha ingolosito neanche un po’ il governatore.
Una scommessa azzardata la sua, perché nel caso in cui sia davvero disposto a candidarsi da solo, senza la copertura del suo partito, per entrare in Consiglio regionale dovrebbe arrivare almeno secondo. La legge elettorale regionale attualmente in vigore, infatti, gli assicurerebbe lo scranno a Palazzo Campanella soltanto se la lista o la coalizione con la quale si candida arriva seconda. Così, infatti, ha prescritto la Corte costituzionale con riferimento al caso Wanda Ferro, che – stabilirono i giudici della Consulta - era stata illegittimamente esclusa dall’assemblea regionale nonostante nel 2014 fosse arrivata seconda proprio dietro Oliverio.
Più probabile, dunque, che Oliverio stia alzando il prezzo della resa, consapevole che dopo il via libera al Conte bis da parte dei militanti grillini, la sua presenza è più imbarazzante che mai, perché con lui ancora in campo è davvero inimmaginabile replicare da queste parti ciò che a Roma è già realtà.


Enrico De Girolamo

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