LETTERA AL DIRETTORE | «Qualcuno salvi il Partito democratico con un atto di generosità»

Il messaggio di Silvia Marino: «La politica ha perso tante occasioni. Adesso è il tempo delle scelte coraggiose»

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15 agosto 2018
10:21

Riceviamo e pubblichiamo la lettera a firma di Silvia Marino. «Questo contributo vuole essere il tentativo, unito ai tanti altri che la stampa ospita quotidianamente, di chi non accetta di arrendersi dinanzi alla progressiva scomparsa di quel patrimonio di idee e di valori, che ha accompagnato l’impegno politico di tante persone e di intere generazioni di individui; che hanno creduto e continuano a credere che la politica debba essere lo strumento attraverso il quale si possono pensare condizioni di vita migliori per tutti e realizzare società più giuste. Non ci sarà alcuna reazione da parte di quel gruppo dirigente, già sconfitto dagli eventi, che a Roma come in Calabria, continuerà a rimanere in silenzio rispetto alle richieste di cambiamento provenienti dai territori e da quelle forze sociali che ancora cercano riferimenti e rappresentanza. Fintanto che, gli iscritti ad un partito o comunque gli appassionati di politica, saranno “costretti” a chiedere ospitalità alla stampa per rappresentare bisogni comuni ed esigenze di confronto, vorrà dire che gli strumenti di partecipazione democratica dei partiti politici sono resi inaccessibili ed il confronto interno impraticabile.

La politica in crisi


La politica italiana è attraversata da una profonda crisi, in parte riconducibile ai grandi mutamenti economico-sociali che hanno interessato la nostra società e tutte le società occidentali, ed in parte, dovuta all’inadeguatezza di una classe dirigente, che i partiti hanno imposto nei propri organismi direttivi e nelle istituzioni attraverso un sistema selettivo poco meritocratico.

Gli stessi partiti politici da luoghi di elaborazione di speranze collettive, si sono trasformati in comitati elettorali al servizio di interessi particolari e di leader fortemente personalizzati. La politica è diventata ostaggio  di individualità dirompenti che impediscono, di fatto, una gestione condivisa delle scelte e la formazione di un gruppo dirigente autonomo e autorevole. Quel “bene comune”, che dovrebbe, incessantemente, guidare l’azione di chi ha responsabilità politica, purtroppo, fatica ad entrare nel linguaggio della politica ed a diventare il fine ultimo di chi si avvicina attraverso i partiti politici alla gestione della cosa pubblica. Chi ha praticato il campo politico della Sinistra, osserva con una certa inquietudine, l’afasia politica del gruppo dirigente del Partito Democratico che, stretto in una morsa correntizia di idee opposte e contrastanti, non riesce ad avviare una riflessione vera sulle ragioni della sconfitta, sulle ragioni profonde che hanno  determinato, tanto nell’elaborazione politica quanto nell’ azione di governo, l’abbandono della tutela dei diritti del lavoro e dei diritti sociali.

I disastrosi risultati elettorali degli ultimi anni dimostrano che la Sinistra ha perso la capacità di parlare al suo popolo, evidenziando, tra l’altro, la carente proposta politica degli ultimi governi. Se i soggetti di riferimento delle politiche perseguite, sono stati per anni, la finanza, le banche, i grandi gruppi imprenditoriali ed i salotti editoriali, finisce che si perdono di vista i bisogni di tutti gli altri, di tutti coloro che, da quelle stesse politiche si sono visti precarizzare la vita e rubare il futuro. Una concezione etica della politica, imporrebbe, a coloro che ricoprono ruoli di responsabilità, la capacità di essere e sentirsi prossimi ai  problemi ed ai bisogni di coloro che si vogliono rappresentare. Ecco, la Sinistra osserva, ma non partecipa alle difficoltà dei più deboli e dei nuovi marginalizzati dalla crisi economica, ne ostenta la vicinanza per garantire un alibi alla propria esistenza, ma non avverte alcun sentimento di ribellione rispetto alle prepotenze ed alle ingiustizie. Osserva con distacco le disuguaglianze del nostro tempo, invece di  combatterle con azioni robuste.

 

Serve una classe dirigente rinnovata, che nelle istituzioni come nell’organizzazione del partito, sappia identificarsi anche con quei  pezzi di società sofferente ed impoverita, sappia agire per il bene comune e rifiutare una concezione del potere fine a se stesso.

Soltanto persone capaci di questo “sentire” potranno dare forza alla speranza in un futuro migliore.

Soltanto persone “credibili” potranno rappresentare i diritti ed i bisogni di tutti

Si descrive un sentimento diffuso quando si afferma che, in contrapposizione al silenzio assordante del gruppo dirigente che tiene in ostaggio il partito, sale dai territori, la consapevolezza di dover agire, di dover mettere in atto una strategia necessaria a salvare il Partito Democratico… da se stesso, dalle oligarchie che lo hanno depauperato di consenso e di valori, da una classe dirigente interessata a conquistare postazioni di potere per soddisfare ambizioni personali. Per restituirlo alla buona politica ed ai suoi iscritti. E’ un’assunzione di responsabilità sociale prima ancora che politica… dare rappresentanza ad una società più giusta e solidale. E’ un assunzione di responsabilità, in un periodo in cui prevale l’inimicizia sociale creata dalle disuguaglianze e dalle discriminazioni, riportare la discussione sui valori fondanti della sinistra. E’ un’assunzione di responsabilità  rifondare una presenza, un pensiero, uno spirito di comunità. Una identità.

Come fare?

Proviamo ad immaginare un percorso non istituzionalizzato e quindi autonomo da Roma. Partiamo dal dato certo che il “renzismo” come modello di governo, sistema di potere, organizzazione di partito è stato sconfitto. Da alcuni milioni di persone. Occorre occupare lo spazio politico rimasto vuoto - prima che una nuova devastante Leopolda imponga nuovi slogan - riaffermando i contenuti fondativi del Manifesto dei Valori, ripensando la vita associativa del partito e le forme di partecipazione alla stessa. Proviamo ad immaginare, un partito inclusivo e solidale. Proviamo ad immaginare l’azzeramento degli organismi di partito e quindi delle relative correnti e ripartiamo dai territori con un approccio virtuoso. Chiediamo a  personalità autorevoli, riconosciute come tali, di provare a rimettere insieme storie, persone e valori della sinistra ricostruendo quel legame sociale, che fa di una semplice somma di individui una società matura. Avviamo tavoli di lavoro fondativi, aperti ai contributi della società, delle associazioni, del mondo produttivo e sindacale. Un tavolo per riscrivere il futuro della nostra terra. Non si tratterebbe di ricoprire ruoli istituzionalizzati, ma di avvertire quell’obbligo morale che spinge a mettersi al servizio del partito, non per dominarlo ma per ri-costruirlo.

Per ricominciare serve un atto di generosità.

La Calabria, endemicamente incapace di autodeterminarsi a causa della conflittualità interna al gruppo dirigente, potrebbe essere il laboratorio di un nuovo inizio. Anche qui, come altrove, per tornare ad esistere, non sarà sufficiente eleggere il nuovo segretario regionale grazie ad un accordo tra correnti. Faccia un passo in avanti una personalità che possieda  autorevolezza umana e politica, che non abbia bisogno di consolidare logiche personali, ma voglia mettersi al servizio di una comunità politica tutta da ricostruire… attorno ai valori rifondati /ritrovati della Sinistra.

 

E non perché si avvicinano altre scadenze elettorali, ma perché è necessario dare identità ad un campo politico. Coinvolgere maggiormente chi già opera sul territorio, gli amministratori locali, le associazioni impegnate nel sociale, gli imprenditori illuminati; occorre creare una rete a difesa della valorizzazione dell’identità collettiva piuttosto che degli interessi di parte. Coinvolgere le tante persone di valore, che gli inospitali  canali di partecipazione partitica allontanano dall’impegno politico. Per coinvolgimento della società civile, non si intenda esclusivamente la creazione di liste civiche per fini elettorali, ma la ricerca di competenze, impulsi vitali, da cui attingere un contributo per riscrivere i valori fondanti di questa parte. Da qui bisogna ripartire, pur sapendo che sarà un lavoro lungo e difficile. Con la consapevolezza che in gioco non ci sono solo i destini personali di un ceto politico, ma i destini di intere generazioni di individui, marginalizzati da una politica autoreferenziale, mediocre e sorda ad  ogni  idea di umanità. La politica ha perso tante occasioni. Adesso è il tempo delle scelte coraggiose. Fatte con generosità. Per tornare ad essere punto di riferimento di una parte del mondo».

 

 

Silvia Marino

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