La riflessione

Catanzaro e le tante verità di una crisi politica che non ha nulla di eroico e che lancia un Sos per tutti i partiti

Donato avrebbe scelto la strada della coerenza e dell'esclusivo bene della Città. Un centrodestra poco coeso, ma anche il centrosinistra, chiamati a impedire il possibile trionfo del gattopardismo e dell'opportunismo

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di Massimo Tigani Sava
15 settembre 2024
17:30

Come tentare di leggere la realtà politica di Catanzaro senza incorrere in errori di valutazione o peggio in atteggiamenti palesemente strumentali e di parte? Proviamo a guardare ai fatti. Il sindaco Nicola Fiorita vinse al ballottaggio nel giugno 2022, sostenuto sin dal primo turno da Pd, 5Stelle e prevalenti aggregazioni civiche. In seconda battuta si schierò a suo favore Antonello Talerico, candidato sindaco anch’egli, e oggi consigliere regionale di Forza Italia che ha deciso di aprire una nuova fase.

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Una vittoria, quella del centrosinistra, “mutilata” perché condizionata fortemente dalla cosiddetta “anatra zoppa”: la maggioranza dei consiglieri comunali fu espressione, infatti, della coalizione targata Valerio Donato il quale, però, non prevalse al ballottaggio.


I primi due anni di governo della Giunta guidata da Fiorita non sono stati per nulla semplici e sono stati spesso costellati da problemi laceranti: i suoi sostenitori parlano in maniera ripetitiva di “svolta” rispetto al passato; i suoi avversari, al contrario, contestano un palese fallimento, una penosa delusione, un indigeribile attaccamento alla pura gestione del potere. Tra i più convinti artefici di un’opposizione dura proprio Valerio Donato e i consiglieri comunali a lui più vicini (sui social circolano video di interviste ufficiali e stralci di dichiarazioni che non lasciano adito a dubbi rispetto a valutazioni e giudizi cesellati con toni molto aspri, pesanti, documentati, motivati, definitivi).

Chi conosce la Città e la vive sa bene che molti dei propositi di “cambiamento” declamati da Fiorita nel corso della campagna elettorale sono rimasti nella sfera dei sogni e che la gran parte della cittadinanza, soprattutto nei più popolosi quartieri periferici, dimostra continui sentimenti di insoddisfazione. Se non fosse così, del resto, sarebbe sufficiente appellarsi alla cosiddetta “prova del nove”: andare rapidamente al voto e misurare la volontà degli elettori.

Se Fiorita e il suo gruppo fossero convinti di aver fatto bene, di essere stati coraggiosi “rivoluzionari” nei due anni di consiliatura già superati, di aver dato prova di amministrazione eccelsa, perché temere un ricorso trionfale alle urne? Evidentemente la loro condizione attuale parla piuttosto il linguaggio della sopravvivenza politica, che non quello volto a raccogliere il risultato generoso di una lunga semina, tanto abbondante da risolvere in via definitiva l’emergenza dell’anatra zoppa.

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Nicola Fiorita, se fosse davvero convinto di ciò che afferma sul piano politico, potrebbe appellarsi al popolo catanzarese e proporre, in modo tanto semplice quanto chiaro e diretto: mi avete conosciuto in questi due anni, sono stato bravissimo e fedele al mandato ricevuto, datemi maggiore forza e indipendenza in modo da cambiare in via definitiva le sorti del capoluogo. Perché non lo fa? Quasi sicuramente perché sa che il centrodestra a Catanzaro è largamente maggioritario, ancora di più che nel 2022: lo era, lo è e lo sarà chissà per quanto tempo ancora! I problemi del centrodestra possono nascere solo da errori, liti o fratture interne (le divisioni lo hanno già fatto perdere più di una volta), dall’immaturità o dall’egoismo dei propri leader incapaci di fare sintesi, da mancanza di visione.

Prima verità, quindi: Fiorita allo stato non sembra avere nessuna intenzione di dimettersi e tenta di ergersi a costruttore di un campo largo che, invece, avrebbe necessità prima di tutto di sgombrare il campo dai rovinosi toni demagogici e di costruire basi solide sul piano politico-programmatico.

Seconda verità: Valerio Donato ha buoni motivi per urlare ai suoi concittadini che aveva ragione lui e che hanno sbagliato a non dargli fiducia al ballottaggio. Sic stantibus rebus, e quindi a meno di impreviste evoluzioni dell’ultima ora, Azione non farà parte della nuova maggioranza auspicata da Fiorita e dimostrerà una spendibilissima coerenza politica.

Perché Donato avrebbe dovuto svendere un patrimonio politico di credibilità che potrà giocare con vantaggiosa serenità nei prossimi mesi? Come avrebbe potuto reggere a fronte di un martellamento dialettico, da parte dell’opposizione e di quanti lo avevano votato con convinzione, corredato di continui riferimenti ai suoi netti giudizi di fallimento e di disastro dell’esperienza Fiorita? Soluzione più nobile e corretta è quella, che pare essere stata decisa in via definitiva, di non gestire potere ma di offrirsi come consiglieri comunali responsabili e al servizio della Città, considerato peraltro che la volontà di dimettersi coralmente non sembra realistica.

Nei prossimi mesi Donato potrà dichiarare a testa alta: “Avevo visto giusto io, ma comunque dimostro che voglio bene alla mia Città”, e nel frattempo guardare con maggiore attenzione all’evoluzione generale del quadro politico, nazionale e regionale. Terza verità: quasi tutti gli osservatori hanno detto o scritto che non c’è grande voglia da parte dell’attuale Consiglio comunale (32 consiglieri in totale più il sindaco), di ritornare alle urne dimettendosi, con il rischio di non essere rieletti. I più prosaici accennano al peso considerevole che nelle valutazioni politiche avrebbero anche le indennità previste dalla legge (tra consiglieri, assessori, vicesindaco e sindaco). Altri annotano che il centrosinistra, per quanto allargabile, verrebbe sicuramente sconfitto e che il centrodestra dilagherebbe, per cui non ci sarebbe altra strada che andare avanti, resistere e posizionarsi nel migliore dei modi (una “resistenza”, sia chiaro, che non ha nulla di eroico o di epico!). Qualcun altro sostiene che neanche il centrodestra sarebbe pronto ad affrontare, nell’immediato, la sfida di Palazzo De Nobili.

Questa terza verità è propedeutica rispetto alla quarta: il centrodestra catanzarese non sta dimostrando grande compattezza e non sta facendo valere appieno la propria superiorità numerica e di consensi. C’è chi ha chiesto che il centrodestra, presenti i responsabili di partito e i vari leader, assuma il solenne e pubblico impegno di non candidare chiunque dovesse ascoltare, direttamente o indirettamente, le sirene di Fiorita, al fine di non consentire il trionfo del gattopardismo e dell’opportunismo. Come non associarsi a questo appello che restituirebbe credibilità alla politica tutta, ridando anche pieno ruolo alla democrazia dei partiti? Del resto, diciamolo senza infingimenti: molto probabilmente, allo stato, i partiti della coalizione che governa alla Regione e a Roma non riuscirebbero a raccogliere tutte le 17 firme necessarie per giungere allo scioglimento anticipato della consiliatura, per cui si preferirebbe glissare, non affondare troppo i colpi, e non affrontare la questione crisi con la dovuta determinazione e spinta.

Si tenga infine in conto che le sfilacciature e la mancanza di rigore metodologico delle diverse forze politiche lasciano spazio, non solo in Calabria, a possibili “inciuci” di “dipietriana” memoria. Gli “inciuci” fanno parte di quel profondo e deprimente malessere che ormai connota tante realtà locali del Paese. Ma ogni eventuale tassello anomalo apparentemente non comprensibile, disponendo delle giuste informazioni diventa sempre ben spiegabile e riconducibile a verità certificate e tracciate (nomine, consulenze, incarichi, spartizioni di brandelli di potere, promesse, ecc. ecc., diretti o indiretti). Uno scenario simile potrebbe riguardare anche Catanzaro? Speriamo proprio di no! In Italia se ne ascoltano di mille colori ed è auspicabile che la Città dei Tre Colli resti immune da tentazioni inaccettabili e nauseabonde! A maggior ragione, quindi, in situazioni politiche traballanti come quella di Catanzaro, nelle quali di “Che Guevara” in azione onestamente non se ne vedono, i partiti sarebbero chiamati a ridarsi quel ruolo fondamentale che le degenerazioni del sistema democratico, a partire dalla fine della Prima Repubblica ad oggi, hanno levato loro. Resto convinto che i voti dell’opinione pubblica, magari silenziosa ma sempre attentissima, siano sempre più numerosi di quelli dei cosiddetti “portatori di voti”!

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