Campagna nazionale

“Volete voi abrogare l’Autonomia differenziata?”, la delibera simil-referendum del centrosinistra in Consiglio regionale

Pd, M5s e Lo Schiavo (Misto) chiedono che la proposta sia calendarizzata urgentemente in Prima Commissione Affari istituzionali    

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di Claudio Labate
5 luglio 2024
18:41

«Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”?»

Semplice, lineare ed essenziale. È questa la nuova frontiera sulla quale si sono schierate le opposizioni di centrosinistra in Calabria, contrarie alla Riforma Calderoli dell’autonomia differenziata, che questa mattina a Palazzo Campanella hanno presentato un proposta di delibera “calabrese” che reca le firme, oltre che dei capigruppo, anche di tutto il gruppo del Partito democratico, con Ernesto Alecci, Amalia Cecilia Bruni, Franco Iacucci, Raffaele Mammoliti e Giovanni Muraca.


D’altra parte il Pd ha scelto di percorrere una strada diversa da quella dell’annunciata mozione, alla quale ha preferito l’idea di una proposta di delibera consiliare incentrata sul referendum abrogativo su cui stanno lavorando già le cinque regioni a guida centrosinistra. In tal senso l’annuncio è arrivato già ieri attraverso una nota che mette insieme i capigruppo di minoranza, da Mimmo Bevacqua (Pd), a Davide Tavernise (M5s) passando da Antonio Lo Schiavo (Misto) che hanno sottoscritto la proposta, e chiederanno al presidente della I Commissione permanente “Affari istituzionali” Luciana De Francesco, di calendarizzare la discussione sul testo con la massima urgenza.

Intanto, i rappresentanti di 34 sigle fra partiti, sindacati e associazioni – fra queste ci sono Pd, M5s, Verdi, Sinistra italiana, Iv, +Europa, Partito della Rifondazione Comunista Cgil, Uil, Anpi, Arci e Wwf - si sono dati appuntamento oggi davanti alla Cassazione per presentare il referendum abrogativo che propone quella domanda semplice. Dunque per abrogare la riforma servirebbe rispondere "Sì".

Le materie

La norma che si vuole abrogare entrerà in vigore il prossimo 13 luglio, e prevede per gli enti territoriali la possibilità di ottenere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (il presidente del Veneto Zaia ha già mosso i primi passi) sulle seguenti materie: alcune delle materie di potestà legislativa esclusiva statale (art. 117, comma 2, della Costituzione): organizzazione della giustizia di pace; norme generali sull'istruzione; tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali; tutte le materie di potestà legislativa concorrente (art. 117, comma 3, della Costituzione), ossia: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio; casse rurali; aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

La delibera

«L’attuazione dell’autonomia differenziata comporterà un inevitabile impatto sulla distribuzione delle risorse nel Paese, considerato che il finanziamento delle funzioni attribuite alle Regioni avverrà attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale».

Così recita la delibera appena presentata a Palazzo Campanella, che pone l’accento sulla concreta applicazione della riforma che «desta legittime preoccupazioni da parte di cittadini, sindaci, nonché di sindacati e di diverse forze politiche, soprattutto appartenenti alle Regioni del Mezzogiorno, in considerazione che detta disciplina, se applicata senza l’imprescindibile visione d’insieme del Paese, potrebbe compromettere il patto di solidarietà e di unità nazionale a cui la nostra democrazia è ancorata».

Dopo aver ricordato le preoccupazioni dello Svimez, il documento cita anche le raccomandazioni all’Italia da parte della Commissione europea (nell’ambito del Pacchetto di primavera del semestre europeo pubblicato lo scorso 19 giugno), secondo cui “l’attribuzione di competenze aggiuntive alle regioni italiane comporta rischi per la coesione e per le finanze pubbliche”. «Il documento – si legge ancora in delibera - mette in luce, altresì, che il testo non fornisce alcun quadro comune di riferimento per valutare le richieste di competenze aggiuntive da parte delle regioni e che “poiché i LEP (Livelli essenziali di prestazioni) garantiscono solo livelli minimi di servizi e non riguardano tutti i settori, vi sono rischi di ulteriore aumento delle disuguaglianze regionali. L’attribuzione di poteri aggiuntivi alle regioni in modo differenziato aumenterebbe anche la complessità istituzionale, con il rischio di maggiori costi sia per le finanze pubbliche che per il settore privato».

Si evidenzia, poi, che sussiste il concreto rischio che a parità di carico fiscale (ad esempio l’aliquota Irpef per i residenti in Lombardia è la stessa dei residenti in Calabria) i cittadini si ritroveranno paradossalmente ad usufruire di servizi essenziali di qualità nettamente differente sulla base della regione in cui si risiede, più di quanto non accada già oggi.

Si fa quindi riferimento alla memoria della Banca d’Italia e al Report dell’Osservatorio GIMBE n. 2/2024 che rimarca che le imprevedibili conseguenze delle maggiori autonomie in sanità si inserirebbero in un contesto caratterizzato, oltre che dalla grave crisi di sostenibilità del SSN, da enormi diseguaglianze regionali in termini di adempimenti ai LEA, di aspettativa di vita alla nascita, di mobilità sanitaria, oltre che di attuazione della Missione Salute del PNRR.

I 34 sottoscrittori nazionali

  1. Landini Maurizio - CGIL
  2. Giove Luigi – coordinamento organizzativo
  3. Bassanini Franco
  4. Veronese Ivana - UIL
  5. Morniroli Andrea – Forum Diseguaglianze e Diversità
  6. Conte Giuseppe – Movimento 5 stelle
  7. Fratoianni Nicola – Sinistra Italiana
  8. Azzariti Gaetano
  9. Massa Walter - Arci
  10. Pozzi Caterina - Cnca
  11. De Marzo Giuseppe - Rete dei Numeri Pari
  12. Cioffredi Gianpiero - Libera
  13. D'archivio Arianna – Link/Uds
  14. Filippeschi Marco - Ali
  15. Boscaino Marina - Comitati No Ad
  16. Marcon Giulio - La Via Maestra
  17. Villone Massimo - Coordinamento per la Democrazia Costituzionale
  18. Bonelli Angelo - Verdi
  19. Russo Antonio - Acli
  20. Prampolini Alessandra - WWF
  21. Ciani Paolo - Demos
  22. Pagliarulo Gianfranco - Anpi
  23. Algostino Alessandra
  24. Druetti Francesca - Possibile
  25. Schlein Elena Ethel - PD
  26. Bindi Rosaria
  27. La Valle Raniero Luigi - Pace Terra Dignità
  28. Maraio Vincenzo - PSI
  29. Ciafani Stefano - Legambiente
  30. De Vincenti Claudio
  31. Pettinari Alice – Rete Studenti Medi/Udu
  32. Boschi Maria Elena - Italia Viva
  33. Magi Riccardo - +Europa
  34. Acerbo Maurizio – Partito della Rifondazione Comunista

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